Vaccinazione obbligatoria e tutela in caso di effetti avversi

Vaccinazione obbligatoria e tutela legale

La vaccinazione obbligatoria di massa rappresenta uno strumento importantissimo per la tutela del supremo diritto alla salute. Difatti, stando al dettame dell’art. 32 Cost, tale diritto risulta essere tanto individuale, quanto collettivo.  Dovere dello Stato-Entità Pubblica è attuare una simile tutela, nel pieno rispetto dei limiti rinvenibili nel comma secondo del medesimo articolo costituzionale.

La somministrazione, adeguatamente controllata a livello medico-sanitario, consiste in un ‘agglomerato’ di batteri e virus depotenziati, in grado di sollecitare l’autonoma produzione dei necessari anticorpi. Tuttavia, qualsiasi trattamento medico è caratterizzato da pro e contro. Entità, transitorietà, gravità e permanenza: sono questi i criteri che fissano il discrimine per la risarcibilità e indennizzabilità dei danni subiti.

L’associazione ONA, attraverso l’impegno e l’esperienza dell’Avv. Ezio Bonanni, assicura il più completo servizio di assistenza a tutti i cittadini rimasti danneggiati da somministrazione di vaccino obbligatorio. Le infermità psico-fisiche derivanti da vaccinazione obbligatoria, danno diritto ai cittadini danneggiati sia all’indennizzo che al risarcimento dei danni.

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Vaccinazione obbligatoria: tra normativa e giurisprudenza

In prospettiva di riconoscimento e ottenimento dell’indennizzo ex L. 210/1992, imprescindibile risulta la sussistenza del nesso causale. In sostanza, si richiede la riconducibilità del verificarsi del danno alla somministrazione del vaccino, imposto obbligatoriamente da una disposizione di legge. Il parametro civilistico del “più probabile che non” ispira il criterio della ragionevole probabilità scientifica.

la L. n. 210/1992 pone le proprie basi sulla scia della pronuncia della Corte costituzionale, la sentenza n. 307 del 1990. L’importanza di tale pronuncia la si rinviene nella dichiarazione di illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 3 della L. n. 51/1966. Ciò che la Consulta decise di contestare riguardava, in particolare, la non previsione di un sistema di indennizzo e/o di provvidenze precauzionali e/o assistenziali per i danni all’integrità fisica, postumi alla vaccinazione.

L’art. 32 della nostra Carta costituzionale tutela il supremo diritto alla salute. Tale diritto risulta essere non solo interesse della collettività, bensì, diritto primario ed assoluto del singolo (Corte cost. n. 88/1979). Una simile tutela può essere attuata a pieno titolo grazie sia alle misure di prevenzione, volte ad assicurare cure gratuite agli indigenti, sia mediante intervento solidaristico ex art. 2 Cost (Corte cost. n. 202/1981).

Nel caso in cui dovessero mancare tali provvidenze e garanzie, né sia possibile ricorrere a forme risarcitorie alternative, la tutela stessa all’integrità fisica della persona risulta vanificata (Sent. Corte cost. n. 307/1990). Nel caso di specie, il supremo diritto alla salute della persona può essere sacrificato, dallo Stato, nell’esercizio di un’attività legittima a favore della collettività.

Art. 32 Cost e bilanciamento valoriale

La legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con il precetto costituzionale ex art. 32, sempre se questo risulti diretto non solo a migliorare o preservare lo stato di salute di chi voi è assoggettato, ma anche di tutti gli altri consociati. È proprio un simile scopo a giustificare la compressione dell’autodeterminazione dell’uomo, relativamente al diritto inalienabile e fondamentale alla salute riconosciutogli.

Nell’ipotesi in cui dovesse presentarsi un danno aggiuntivo ed ulteriore, a discapito dell’individuo assoggettato al trattamento obbligatorio, il rilievo costituzionale della tutela della salute come interesse della collettività, diviene insufficiente.

La corte analizza come, per giustificare la misura sanitaria obbligatoria, debba avvenire un equo bilanciamento valoriale. Vale a dire, necessità di ulteriore protezione a favore del soggetto passivo. Il rischio, in caso di mancato bilanciamento, sarebbe quello di rendere sacrificabile anche il contenuto minimale proprio del diritto alla salute.

L’intera collettività, così come lo Stato che dispone il trattamento obbligatorio, hanno l’onere di assicurare il rimedio di un equo ristoro del danno patito. Ogni menomazione della salute, definita espressamente come diritto fondamentale dell’uomo, implica la tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. (Sent. Corte cost. n. 307/1990).

Tale tutela prescinde dalla ricorrenza di un danno patrimoniale quando, come nel caso, la lesione incide sul contenuto di un diritto fondamentale (sentt. nn. 88 del 1979 e 184 del 1986).

Indennizzo danni da vaccinazione obbligatoria

Come precedentemente affermato, la L. 210/1992 riconosce a qualsiasi individuo danneggiato da vaccinazione la corresponsione di un indennizzo per danno permanente. Tale legge, garantisce un indennizzo qualificabile come assegno reversibile per quindici anni, cumulativo con ogni emolumento a qualsiasi titolo percepito e soggetto a rivalutazione annuale.

Ebbene, se dalla somministrazione della vaccinazione, dovesse derivarne la morte del danneggiato, l’avente diritto può optare per l’assegno reversibile di una somma di denaro una tantum.

In aggiunta alla predetta legge, si evidenzia, per merito della successiva novella n. 299 del 2005, un ulteriore indennizzo indirizzato a tutti coloro che hanno subito complicanze irreversibili in seguito a vaccinazione obbligatoria. Tale indennizzo verrà corrisposto per la metà al soggetto danneggiato e per altra metà ai congiunti che si siano occupati di lui in maniera preminente e continuativa.

Per poter accedere all’indennizzo ex L. 299/2005, i soggetti beneficiari dovranno, formalmente, rinunciare alla prosecuzione del medesimo istituto garantito dalla L. 210/1992.

Ulteriore indennizzo, è riconosciuto dalla L. 238/1997, rivolta a tutti quegli individui che abbiano riportato danni, sia fisici che psichici, a seguito di vaccinazione obbligatoria. Danni, questi, che devono necessariamente discendere da un quadro clinico patologico che interessi più distretti anatomo-funzionali.

Il diritto all’indennizzo è soggetto ad un termine prescrizionale di tre anni e deve essere richiesto alla ASL di appartenenza. Quest’ultima, avrà l’onere di inviare la relativa istanza alla Commissione Medica Ospedaliera (CMO). Successivamente, il soggetto danneggiato dovrà presentarsi per una visita, ove verranno esaminate sia l’intera documentazione medica, che il nesso di causalità.

Risarcimento danni vaccinazioni obbligatorie

Il diritto alla corresponsione dell’indennizzo ex L. 210/1992, non esclude in alcun modo il riconoscimento di un equipollente diritto al risarcimento del danno da vaccinazione obbligatoria ex art. 2043 c.c..

Stando al dettame dell’articolo civilistico, il risarcimento dei danni presuppone sempre l’accertamento della responsabilità a titolo colposo o doloso. Accertamento, questo, che si basa sulla dimostrazione di aver subito un danno irreversibile.

Indennizzo e risarcimento, cumulabili tra loro ma che, in ogni caso, non possono determinare un eccessivo ed ingiusto arricchimento patrimoniale del soggetto danneggiato. Alla base della procedura di erogazione della somma, a titolo di indennizzo o risarcimento, vi è il principio della compensatio lucri cum damno.

Simile espressione, designa una regola non sancita a livello legislativo, bensì giurisprudenziale. Il suo fondamento lo si rinviene nella regola secondo la quale, nella liquidazione del risarcimento del danno, si deve tener conto delle conseguenze vantaggiose per il danneggiato causate in via diretta dal fatto lesivo.

Specificatamente, il risarcimento danni da vaccinazione obbligatoria deve reintegrare il patrimonio del danneggiato stando allo stato del danno emergente e lucro cessante, ex art. 1223 c.c., evitando che questi divenga più ricco, così come più povero, rispetto all’evento lesivo-illecito.

Stando, invece, al principio di causalità giuridica, si impone di tenere in considerazione tutte le conseguenze immediate e dirette dell’evento dannoso. Conseguenze, queste, che possono essere tanto svantaggiose, quanto vantaggiose.

Vaccinazione e tutela delle condizioni di lavoro

Secondo quanto recita l’art. 2087 c.c., il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le misure più idonee a prevenire i rischi che, come ben sappiamo, sono parte integrante della professione. TRali rischi, possono derivare sia da fattori esterni, che inerenti all’ambiente lavorativo.

La sicurezza del lavoratore è un bene di interesse e valore costituzionale, ex artt. 37 e 41 Cost, che impone al datore di mettere sempre al primo posto, ancor prima del proprio profitto, l’incolumità di colui che esegue la prestazione.

Il datore di lavoro, nel rispetto dell’onere che gli compete, potrà adottare diverse misure. Queste, potranno essere sia quelle tassativamente imposte dalla legge, che quelle generiche e dettate dalla comune prudenza, così come quelle ulteriori che si rendono necessarie nel caso concreto e di specie.

La norma in esame è strettamente connessa sia alla difesa del diritto alla salute, ex art. 32 Cost, che al rispetto del principio di iniziativa economica, ex art. 41 Cost.

In aggiunta, è doveroso considerare anche l‘art. 279 del D. Lgs. n. 81/2008 (T.U. sulla Sicurezza del Lavoro), il quale pone a capo del datore di lavoro l’ulteriore onere di mettere a disposizione vaccini efficaci per tutti quei dipendenti-lavoratori che non risultino immuni ad uno specifico agente biologico. Sarà compito di un professionista medico procedere con la somministrazione della vaccinazione.

Vaccinazione per infezione SARS-CoV2

Tra i numerosissimi problemi che l’infezione da Coronavirus ha comportato, sicuramente rientra anche la questione delle condizioni di tutela del lavoro. Ai sensi dell’art. 29-bis della L. n. 40/2020, il datore di lavoro ha l’obbligo di rispettare i relativi protocolli contro il contagio da Covid-19, adempiendo così alle prescrizioni ex art. 2087 c.c..

Se l’infezione dovesse avvenire durante una prestazione lavorativa, questa costituirà infortunio sul lavoro tutelato dall’ Inail, ex art. 42 c. 2 D.L. 18/2020.

Compito del datore di lavoro, secondo quanto stabilito dall’ art. 42 del D. Lgs 81/2008, sarà quello di individuare una mansione alternativa che non esponga il lavoratore a rischio contagio.

Tra le misure adottabili, rientrano senz’altro sia l’allontanamento del lavoratore dal luogo di lavoro, che, in caso di impossibilità ad adibire il lavoratore ad altre mansioni, il licenziamento per giusta causa. Quest’ultima misura, la si giustifica per il venir meno del presupposto per la prosecuzione del rapporto di lavoro.

Il possibile rifiuto alla vaccinazione Covid-19

Attualmente, la legge non impone alcun obbligo vaccinale per l’infezione da Coronavirus. Eppure, stando sempre alle disposizioni di legge, agli obblighi del datore di lavoro fanno sempre seguito obblighi in capo al lavoratore.

Difatti, quest’ultimo ha sia l’onere di partecipare e collaborare con il proprio datore per il rispetto delle misure di sicurezza (ex D. Lgs. 81/2008), che quello di coadiuvare lo stesso nel rispetto della tutela alla salute di tutti i dipendenti, osservando le disposizioni datogli dal datore stesso.

Orbene, la L. 210/1992 prevede il diritto all’indennizzo a favore di tutti coloro che hanno riportato danni a causa di vaccinazione obbligatoria. Ciò nonostante, molte sono le decisioni della Corte costituzionale che hanno esteso l’indennizzo anche a tutti quei casi in cui le vaccinazioni non erano imposte obbligatoriamente per legge, bensì, fortemente consigliate dallo Stato e delle autorità sanitarie.

La sent. Corte cost. n. 268/2017 ha esteso l’indennizzo ai vaccini antinfluenzali. La più recente, n. 118/2020, ha previsto l’indennizzabilità anche per le vaccinazioni contro il virus dell’epatite A. La ratio di tali decisioni, la si rinviene nel fatto che, in caso di danni da vaccinazione facoltativa ma necessaria per la tutela della collettività, lo Stato debba comunque tenere in considerazione la scelta individuale di aderire alla sua raccomandazione.

Il rifiuto del lavoratore: indennizzo e risarcimento

Nel caso in cui il lavoratore dovesse astenersi dalla vaccinazione, il medico competente dovrà emettere giudizio di inidoneità temporanea o permanente alla mansione correlata alla situazione epidemiologica.

Stando alla nota operativa dell’ Inail, datata al 1° marzo 2021, la tutela infortunistica è assicurata in caso di contagio sul luogo di lavoro. La finalità è quella di proteggere il lavoratore, indipendentemente da una sua condotta eventualmente colposa.

Il rifiuto del lavoratore, di natura irrilevante ai fini dell’indennizzabilità, potrebbe comportare la limitazione o esclusione della responsabilità del datore di lavoro ai fini del risarcimento danni.

La copertura Inail, autonoma rispetto ai comportamenti dei lavoratori, fa sì che, l’assistenza assicurativa, risulti slegata sia dalla disponibilità delle parti, che dall’istituto erogatore stesso.

Tuttavia, l’atto volontario deve essere arbitrario, quindi estraneo alle finalità produttive, teso al soddisfacimento di esigenze meramente personali, e infine, deve esporre il lavoratore ad un rischio diverso da quello insito nelle mansioni lavorative tipiche.

Così facendo, la copertura assicurativa Inail risulterà operante in tutti i casi di infezione da Coronavirus contratta in occasione di lavoro. Di conseguenza, il lavoratore avrà diritto alle erogazioni per il danno alla salute. Anche la famiglia, qualora subentri il decesso del lavoratore contagiato, sarà titolare dei medesimi diritti per la perdita del reddito.

Infine, se il contagio dovesse venire riconosciuto come infortunio sul lavoro, le erogazioni Inail varranno anche per il periodo di quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria.

Vaccinazione obbligatoria: effetti avversi e tutela legale

L’ONA è ben consapevole che il vaccino svolge un ruolo importante nella tutela della salute. Tuttavia lo stesso Legislatore, con la L. 210/1992, ha codificato il principio della tutela del paziente in caso di effetti avversi. Per questi motivi, fermo il richiamo alla scienza e quindi alle prescrizioni degli Enti regolatori, non di meno è comunque necessaria la tutela in caso di effetto avverso. Prima di tutto quella in chiave preventiva: verificare possibili rischi di effetti collaterali.

Si afferma il principio che occorre tener conto delle condizioni del singolo paziente, e verificare la possibilità di rischi di effetti avversi. Nel caso in cui si manifestino tali effetti, è evidente che l’Associazione tutelerà i diritti nel rispetto della legge. È previsto quindi il risarcimento per vaccinazioni con effetti indesiderati. Per tali motivi, è stato istituito il servizio di assistenza medica e legale, con il quale supportare il paziente in caso di danno biologico.

Per questi motivi è stato costituito un pool di legali, che si avvale anche della medicina legale. Lo sportello on-line ONA di assistenza medica e legale supporta il paziente dando informazioni, per iscritto o per telefono. Per questi motivi è attivo il numero verde 800 034 294, e lo strumento di assistenza legale.

Vaccinazione obbligatoria: danni e indennizzi

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    Autore: Arabella Baioni