Rna: macromolecola che potrebbe cambiare le cure tumorali

Usata nei vaccini Covid, l’Rna potrebbe rivoluzionare il mondo della medicina

L’Rna, macromolecola studiata da decenni, è stata decisiva per fronteggiare la pandemia. Infatti, i vaccini contro il Covid sono stati i primi farmaci approvati basati sull’acido ribonucleico (Rna). In un momento così critico è stata portata alla luce una scoperta su cui la scienza puntava da tempo. Ed ora questa potrebbe cambiare le terapie oncologiche e curare le malattie rare.

Cos’è l’Rna

L’Rna o acido ribonucleico è una macromolecola che si trova nel nucleo delle cellule. Gli esperti pensano che possa contenere l’informazione genetica. Nell’organismo il suo compito è quello di copiare le informazioni contenute nei geni e portare ai meccanismi cellulari lo schema per poter produrre una proteina specifica.
Alcuni scienziati ritengono che sia la prima molecola di vita, addirittura precedente al DNA.

Perché è così importante l’Rna?

Il DNA del genoma (insieme del patrimonio genetico di ogni organismo vivente) viene tradotto nell’Rna messaggero che consente la traduzione dell’informazione genetica in proteine.  Quindi, una sequenza sintetica di Rna con lo schema giusto può essere trasformata in un farmaco inducendo, così, l’organismo a produrre la proteina che si desidera.  In sostanza può agire nelle cellule come un vaccino se porta nell’organismo l’informazione per produrre proteine di un germe contro cui si vuole una risposta immunitaria.

I ricercatori hanno scoperto che la macromolecola è in grado di trasmettere alle cellule malate le istruzioni per difendersi da virus e batteri. È necessario conoscere la sequenza del gene che porta una proteina indesiderata ad essere la responsabile della malattia e mutarla in una proteina che manca o che il sistema immunitario deve riconoscere.  Tramite un processo di sintesi biochimica si potrà creare in provetta un mRna adatto a seconda delle circostanze.

Lo studio italiano per l’immunoterapia

Le molecole di Rna non codificanti sono nuovi ‘interruttori’ per risvegliare le sentinelle del sistema immunitario contro i tumori.

La scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per l’immunoterapia. Pubblicata su Nature Genetics dal gruppo di ricerca coordinato da Beatrice Bodega e Sergio Abrignani, entrambi dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare ‘Romeo ed Enrica Invernizzi’.

Lo studio realizzato in collaborazione con l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas e l’Humanitas University di Milano, il CheckmAb spin-off della Statale di Milano, il Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, il Policlinico e l’ospedale San Giuseppe MultiMedica IRCCS di Milano. Grazie ai finanziamenti di Fondazione Regionale per la Ricerca Biomedica (FRRB), Fondazione Cariplo e Airc (Associazione Italiana per la Ricerca sul cancro).

La ricerca è stata effettuata sulle cellule di alcuni donatori sani e sui tessuti tumorali isolati da pazienti. Dimostra che le molecole di Rna non codificanti sono necessarie per attivare la funzionalità delle cellule immunitarie, in particolare dei linfociti T CD4+.

In particolare, lo studio evidenzia che gli Rna di Line1 si accumulano nei linfociti T CD4+ immaturi, mentre diminuiscono drasticamente quando queste cellule si attivano.

A sorpresa, i linfociti CD4+ che infiltrano i tumori riaccumulano gli Rna di Line1: silenziando questi Rna in laboratorio, i ricercatori hanno scoperto che i linfociti T riacquisiscono la capacità di eliminare le cellule malate. “Riteniamo di aver identificato un potenziale nuovo bersaglio terapeutico da combinare alle immunoterapie odierne”, spiegano Bodega e Abrignani.

L’obiettivo futuro è la creazione di una startup che possa sviluppare nuove terapie per risvegliare il sistema immunitario silente nel microambiente intratumorale. In questo modo i linfociti T possono nuovamente riconoscere e distruggere le cellule neoplastiche”.

Fonti: ANSA, Nature

Ilaria Cicconi
          

Autore: Ilaria Cicconi