Edward Munch: il doppio volto dei suoi dipinti

L’amore, il dolore e l’arte come liberazione

“In generale l’arte nasce dal desiderio dell’individuo di rivelarsi all’altro. Io non credo in un’arte che non nasce da una forza, spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore. Ogni forma d’arte, di letteratura, di musica deve nascere nel sangue del nostro cuore. L’arte è il sangue del nostro cuore”
Edvard Munch, MM N 29

Un’infanzia segnata dal dolore, un’inspiegabile agonia che Edward porta dentro fin da bambino. Vissuto in una famiglia segnata dalla malattia e dalla paura di ereditare un disturbo mentale.

Edvard Munch

La perdita di una delle figure più importanti della sua vita, una donna, la madre, gravemente malata di tubercolosi quando Munch aveva solo cinque anni. Assistette a quella morte. Un lutto che si porterà dentro per tutta la vita e che condizionerà non solo il rapporto con le donne ma anche con l’arte. Anche sua sorella morì nove anni dopo di tubercolosi. L’altra invece, soffriva di gravi disturbi psichiatrici e passò parte della sua vita in ospedale mentre il padre era malato di depressione.
Un’infanzia segnata, come i suoi dipinti, dalla paura, dalla tristezza e dal vuoto.

L’arte come espressione dell’anima

Le immagini dei suoi quadri sembrano evocare un tormento interiore che non ha altro modo di esprimersi se non attraverso l’arte. Una cura, uno sfogo, un urlo. Munch è un uomo spaventato dalle donne e nello stesso tempo desideroso di avere un rapporto con loro. La fama non portò all’autore serenità ma fragilità. Nel 1908 ebbe un esaurimento nervoso. Iniziò a fare uso di alcolici. Ebbe successo nel suo Paese ma le sue opere furono bandite in Germania dai nazisti perché considerate “arte degenerativa”. Tuttavia, la maggior parte dei dipinti è sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale.
I suoi quadri trasmettono ciò che vede, che sente e che vuole ricordare. Sono lo specchio della sua anima tormentata. Sono il sangue e l’amore che gridano. È un insieme di emozioni che sublima attraverso l’arte. Liberarsi dai suoi “demoni” che lo accompagneranno per tutta la vita con volti diversi ma sempre con un velo di morte. È stato difficile, per un artista che evoca tutto il suo dolore, la morte e il tormento essere apprezzato. All’inizio non fu facile per Munch ma, poi, i suoi quadri vennero capiti ma anche criticati. Il pittore è tra i primi esponenti del simbolismo e dell’espressionismo artistico del primo Novecento.

L’Urlo

“Camminavo lungo la strada con due amici – era il tramonto -, sentii come un soffio di malinconia. Tutto d’un tratto il cielo si trasformò in rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai alla staccionata stanco morto – vidi le nuvole fiammanti come sangue e simili a sciabole sopra il fiordo e la città nero pesto. I miei amici continuarono – io stavo lì, tremante di angoscia – e sentii come un grido forte, infinito che attraversava la natura”. Nizza, 22 gennaio 1892: luogo e data sono impressi sul taccuino di Edvard Munch (Løten, 1863 – Oslo, 1944) Il quadro più famoso del pittore è l’Urlo. Come racconta lo stesso Munch mentre passeggiava al tramonto sentì l’infinto enorme grido della natura.
L’urlo, realizzato in due versioni tra il 1893 e il 1910 rappresenta l’angoscia esistenziale dell’uomo.  È evidente la disperazione (forse precedente anche perché era stato ricoverato in un ospedale psichiatrico) la deformità del soggetto, i colori e le figure che si scorgono sul ponte che esprimono la solitudine dell’artista in questo mondo in cui non si sente compreso. Trova sollievo solo nell’arte. Ma la sua arte è una croce e delizia per le rievocazioni e le immagini, come anche i colori, quasi ossessive che si ritrovano. Così come le tematiche. Il quadro è stato esposto per la prima volta nel XIX secolo a Berlino e denunciato dal regime nazista quando salì al potere. Le sue opere erano considerate dai nazisti “degenerate”.

Un quadro rubato due volte

Il più famoso dei suo quadri, l’Urlo, venne rubato due volte. La prima nel 1994 e poi ritrovata dopo tre mesi. La seconda nel 2004 insieme ad un altro celebre quadro sempre del pittore “Madonna”. Nel 2006 la polizia norvegese riuscì a trovare i dipinti che tornarono in esposizione nella Galleria di Oslo. L’Opera a pastello fu venduta per 2120 milioni di dollari da Sotheby’s nel 2016 a New York.

La figura della donna

Emblematica, cupa, sensuale e mortale. È questa l’immagine che, spesso, riflette la figura femminile nei quadri di Edvard Munch. Diversi dipinti e figure dal doppio volto, quello che è, infondo, l’amore per il pittore. La morte e la vita. Salvezza e dannazione. Piacere e dolore. Paura e frustrazione. I poli opposti sono evidenti in molte opere e non c’è da stupirsi data l’infanzia travagliata.
La donna ci mette al mondo quindi fonte di vita ma anche di un dolore mortale se i sentimenti non vengono ricambiati.

L’amore per Edvard Munch

"La danza della vita" In quest’opera è evidente la gelosia e la delusione del pittore norvegese nei confronti di Milly.
“La danza della vita” In quest’opera è evidente la gelosia e la delusione del pittore norvegese nei confronti di Milly.

L’artista aveva un rapporto contrastante e complesso con le donne, soffriva di angoscia. Nel 1908 si ricoverò, a causa delle allucinazioni e l’abuso di alcol per otto mesi nella clinica del Dott Daniel Jacobson.
Capiamo da questo che aveva raggiunto l’apice del dolore e, come annotava scrupolosamente nei suoi scritti, aveva compreso che da solo non ne sarebbe uscito. Non riuscì mai a legarsi a una donna in maniera stabile, a sposarsi, ma ci furono alcune donne nella sua vita che lasciarono un segno indelebile. Non solo nel cuore ma anche nei suoi quadri.  

Ebbe una relazione con Milly Thaulow nel 1885, il suo primo amore, ma la donna sposò un altro perché non ricambiava i suoi sentimenti. Successivamente un’altra delusione si abbatté su di lui: lei divorziò ma non mostrò alcun interesse per Edvard.

E poi arriva la donna Vampiro “Amore e dolore”

Nel 1898 iniziò una relazione con Mathilde Larsen chiamata affettuosamente dagli amici Tulla. Purtroppo, il rapporto si era subito rivelato problematico e i due non raggiunsero mai un equilibrio.
Tulla è la protagonista del quadro “Vampiro”.
Nel quadro c’è una donna dai capelli rosso sangue che avvolgono l’uomo e nello stesso tempo si attorcigliano a lui (sempre simbolo di vita e morte) da un lato sembra consolarlo tra le sue braccia, dall’altro lo uccide privandolo delle sue energie (lei le succhia la linfa vitale). Sfondo nero in contrasto con i capelli della donna, un abbraccio demoniaco in cui l’uomo si lascia andare in balia della passione ad una trappola mortale.
L’amore diviene, quindi, un “desiderio” di autodistruzione proprio per il duplice significato che l’artista dà ai suoi dipinti. Per lui la donna resta un mistero da comprendere. Una donna che Munch considerava pericolosa ma che incarnava tutto ciò che, inconsciamente, voleva. Il peccato e la purezza.

Madonna

Una delle opere più famose e più discusse di Munch è Madonna. Nelle cinque versioni di Madonna (delle quali tre a olio e due litografie), realizzate nel periodo 1895-96, il simulacro muliebre è ulteriormente connotato: essa è “simultaneamente santa, puttana e servizievole creatura dedita, nell’infelicità, all’uomo.» (Edvard Munch Frammenti sull’arte, a cura di M. Alessandrini.)

Nella litografia sempre dell’artista in cui sono racchiusi particolari importanti che il dipinto non contiene perché sarebbero stati censurati.
Una madonna bellissima dai lunghi capelli neri, nuda, un femminile non legato agli stereotipi. Spirituale carnale ed erotica. Nella litografia sono presenti degli spermatozoi che corrono lungo la cornice e a sinistra, in basso, un embrione. Una donna associata alla religione e al sesso sarebbe stata sicuramente censurata a quei tempi. Secondo i critici l’artista voleva rappresentare una donna incinta, pura nella sua sensualità e sessualità.

Il bacio

Un bacio in cui il volto degli amanti è nascosto. Cambiano i colori ma non le pennellate. Le due figure abbracciate rappresentano la perdita dell’identità. L’uno si fonde con l’altro. Sembra che l’abbraccio e il bacio in cui i volti si confondono rappresenti il tentativo di annullarsi o alienarsi da sé stessi. Un’identificazione che fa pensare al profondo e incolmabile senso di solitudine dell’artista che sa perfettamente che sarà sempre, per scelta, paura o follia, un uomo libero. Solo nella solitudine della sua arte.


Autore: Ilaria Cicconi