Depressione: la glicina potrebbe combattere il male oscuro

In grave aumento il numero delle persone affette da depressione. Come affrontare “il male di vivere”

La glicina, un comune aminoacido, potrebbe contribuire alla cura della depressione. Era già noto che fosse presente nel cervello ma gli esperti hanno individuato i recettori che le permettono di agire all’interno dei neuroni. Infatti, la glicina blocca nel cervello un recettore responsabile di un segnale di “rallentamento” contribuendo, probabilmente, anche all’ansia e ad altri disturbi dell’umore.
La scoperta del Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation & Technology, pubblicata sulla nota rivista Scienze, potrebbe essere un passo avanti per comprendere le cause biologiche della depressione maggiore e  trovare nuove cure.
Come sostiene il neuroscienziato Kirill Martemyanov, che ha condotto la ricerca: «è presto per parlare di nuove terapie perché la sperimentazione è stata fatta solo sui topi e ci vorrà tempo prima dei test sull’uomo . I farmaci per la cura della depressione agiscono dopo settimane e, purtroppo, alcuni soggetti non rispondono alla cura. Per questo, sostiene, è necessario aprire la strada a nuove terapie».

Nei lavori precedenti gli esperti avevano isolato un interruttore molecolare, il recettore GPR158, che induce sintomi depressivi in condizioni di stress prolungato. Adesso hanno scoperto che la glicina è una ”chiave” di questo recettore. Questa, è già in vendita come integratore alimentare per migliorare l’umore. È un elemento di base delle proteine, presente in cibi proteici come carne e legumi.

Depressione in aumento

In seguito all’emergenza Covid è aumentato notevolmente il numero di persone affette da depressione maggiore. In Italia sono tre milioni e mezzo le persone colpite da questa patologia e fra questi un milione soffre di grave depressione maggiore.

La depressione e le altre patologie psichiatriche sottovalutate

Le malattie psichiatriche vengono, spesso, sottovalutate dalla società rispetto a quelle fisiche. Patologie come la depressione maggiore, il disturbo bipolare, borderline e molti altri possono diventare invalidanti se non curate adeguatamente e portare all’isolamento, a problemi relazionali e lavorativi. Si finisce per non riuscire più a condurre una vita normale ma una “vita nella morte”. Anche se non si tratta di morte fisica ma mentale, un “morire dentro” perché chi è affetto da grave depressione si sente sempre stanco, soffre di insonnia e può arrivare al punto di non avere interessi e interazioni, si chiude nel suo mondo e nel buio dell’anima. Ci sono degli impulsi di morte e di vita in ognuno di noi, come diceva Freud, e credo che sottovalutare il dolore emotivo sia un grosso errore.

Succede spesso che un soggetto affetto da patologie psichiatriche si rechi al pronto soccorso e venga “imbottito” di psicofarmaci. Queste malattie devono essere curate con i farmaci ma non basta. Ci vuole un sostegno psicologico e una spinta alla vita. La depressione grave non si cura facilmente. La forza di volontà viene a mancare.

Quando si iniziano a vedere i primi sintomi bisogna fare di tutto per affrontarli senza sottovalutare la malattia prima che questa conduca all’annientamento. Lo sport, il lavoro, il contatto con la natura, l’esposizione alla luce solare (come sostenevano anche i greci) sono piccole cose che aiutano. Per poter vedere il mondo con occhi diversi, anche con l’aiuto degli esperti e delle persone care.

Ricordo un uomo, brillante professore di lettere, che venne colpito da un tumore al cervello. Dopo essere stato operato riprese le sue normali attività e conobbe una donna con cui decise di rifarsi una nuova vita. Purtroppo, la relazione finì e l’uomo che già soffriva di leggera depressione e ansia, peggiorò a tal punto da allettarsi rifiutando le cure. Non usciva, non aveva più interessi. Ricordo le parole del figlio: «Mio padre ha sconfitto il tumore ma non la depressione. Lo ha ucciso. Non era più lui. È terribile vedere un uomo brillante come lui, con due lauree, ridursi ad uno stato “vegetale”».

Il trauma dell’esistenza e il male di vivere “Spesso il male di vivere ho incontrato”

Così scriveva il grande poeta Eugenio Montale nel suo libro Ossi di Seppia

Spesso il male di vivere ho incontrato

Spesso il male di vivere ho incontrato
era il rivo strozzato che gorgoglia
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

                                                                       Eugenio Montale

Nel famoso componimento il poeta descrive l’incontro con “il male di vivere”, una sorta di angoscia esistenziale della vita che vede come sofferenza.  Descrive il male il attraverso tre metafore. Nelle prima, il ruscello che gorgoglia, l’acqua fluisce faticosamente quasi richiamando un grido di dolore, la seconda la foglia che si accartoccia e si brucia al sole, una sofferenza arsa e silenziosa, che si consuma lentamente. Infine, il cavallo, animale noto per le sue corse, “stramazzato” che si abbatte al suolo con violenza. E proprio attraverso queste metafore naturali l’autore, a mio parere, si sofferma su come il male possa esprimersi e distruggere in maniera diversa, provocando urla, o bruciando lentamente, o, ancora, d’impatto.

In seguito, il poeta parla del prodigio del bene, proprio perché vedendo la vita come sofferenza, in contrapposizione all’estremo dolore, i momenti di felicità sono un “prodigio”. La divina Indifferenza, secondo il poeta, è l’unico modo per “sopravvivere al male” alleggerendolo attraverso il distacco che viene rappresentato dalla fredda statua (insensibile al dolore) nella sonnolenza del meriggio (come se dormisse durante il meriggio), la nuvola (immagine lontana che va via con il vento) e, infine, il falco che si allontana e vola via.

Il male di vivere

Attraverso queste bellissima poesia possiamo capire come la sensibilità sia, per l’uomo, un’arma a doppio taglio. Infatti, l’arte è un rifugio nel quale il poeta può esprimere sé stesso e ritrovarsi, per non cadere completamente nella depressione. Il male di vivere esistenziale non è che la sensibilità che spesso viene vista come una sorta di stato depressivo mentre non è altro che una profonda sensibilità a ciò che vediamo intorno a noi.

La vita: un bene prezioso

Ogni giorno ci si sofferma sui piccoli problemi quotidiani, a volte su cose superficiali e si dimentica l’importanza della vita. La depressione se non curata porta l’individuo a perdere anni della sua vita, preziosi momenti che potrebbe assaporare coltivando amicizie, passioni o anche la solitudine. A volte ci accorgiamo di aver perso tempo in cose futili e dimentichiamo che la vita è un bene prezioso. Il tempo scorre e non si torna indietro.

“Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte delle persone esiste, questo è tutto”.  Oscar Wilde

Autore: Ilaria Cicconi