Un disturbo che può diventare invalidante per l’errata percezione di sé
Il disturbo da dismorfismo corporeo (DDC) è caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione per alcuni difetti fisici (del viso e/ o del corpo) che spesso sono quasi impercettibili agli altri o addirittura inesistenti. Una patologia non facilmente identificabile perché si può passare dall’ossessione per un difetto fisico fino al raggiungimento di una realtà parallela creata da un’errata percezione di sé in cui il soggetto è “terrorizzato” dal suo aspetto, è sempre in ansia e attua comportamenti compulsivi protettivi. Questo rende la sua vita invalidante e restrittiva. Perfezionismo, isolamento, vergogna, evitamento o eccessivo uso degli specchi: questi sono alcuni dei comportamenti di chi soffre di DDC. Ma anche il nascondersi con indumenti larghi, occhiali, capelli fino all’evitamento sociale nei casi più gravi.
Un labirinto in cui sembra non esserci una vita d’uscita per il soggetto che sfugge gli sguardi o si guarda negli occhi dell’altro per cercare quella pace che non trova. Un “altro” che distrugge e distorce la realtà.
Mi è capitato di conoscere una ragazza e anche un ragazzo affetti da questo terribile disturbo. Esteticamente belli ma insicuri. Uno di loro ha avuto bisogno di tanta rassicurazione anche solo per togliere gli occhiali da sole. Parlarne con le persone giuste, con uno specialista, aiuta, inizialmente, a superare la vergona di mostrarsi agli altri. L’accettazione e la compassione verso sé stessi sono raggiungibili ma con molta forza e determinazione.
Patologie associate al dismorfismo corporeo
Il dismorfismo corporeo è spesso associato ad altre patologie come la depressione, il disturbo ossessivo compulsivo e, nei casi più gravi, a psicosi. Secondo alcune ricerche nel 55-83% degli individui che soffrono di dismorfismo è presente la depressione e circa un quarto di questi ha tentato il suicidio.
Morire piuttosto che confrontarsi con sé stessi?
Questo purtroppo non è un reale confronto perché ciò che vede il soggetto affetto da dismorfismo corporeo non è quasi mai reale. Per questo è difficile riuscire a ritrovare sé stessi e non vedere più la propria immagine alterata. Sono tante e diverse le “ossessioni”: giovani che si sentino vecchi, viso, naso occhi diversi, difetti fisici, ma soprattutto volto diverso. A volte si confonde questo disturbo quello del comportamento alimentare per le “ossessioni “e la distorsione con cui si vede il proprio corpo.
Sintomi secondo il DSM V
Secondo il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5), il soggetto deve presentare i seguenti sintomi per diagnosticare questa patologia:
1)Preoccupazione per uno o più difetti percepiti o imperfezioni nel proprio aspetto fisico che non sono osservabili o appaiono lievi agli altri.
2)Compiere comportamenti ripetitivi (come controllarsi ossessivamente allo specchio, un’eccessiva pulizia o ricerca di rassicurazione) o atti mentali (come confrontare il proprio aspetto con quello degli altri) in risposta alle preoccupazioni sul proprio aspetto estetico.
3)Sperimentare disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento sociale, lavorativo o di altro tipo a causa di questa preoccupazione.
4)Le preoccupazioni sull’aspetto non sono meglio spiegate da un altro disturbo mentale, come un disturbo alimentare. (Ad esempio, qualcuno con un disturbo alimentare potrebbe avere sintomi di disturbo di dismorfismo corporeo come la preoccupazione ossessiva per il peso, il grasso corporeo o le dimensioni del corpo).
Altri sintomi
Oltre all’ansia, la depressione e la vergogna in questi individui si riscontra una ricerca della perfezione tramite visite dermatologiche, interventi di chirurgia plastica o estetica ma questo non migliora la patologia perché una volta operato il difetto il soggetto ne trova subito un altro o rimane insoddisfatto.
Queste preoccupazioni possono diventare deliranti, cioè, resistenti ad ogni tipo di convinzione e difficile da contrastare.
Quali sono i possibili fattori scatenanti?
Ancora non sono ben chiare le cause di questo disturbo ma secondo gli esperti ci sono una serie di fattori biologici, psicologici e sociali alla base di tutto. Potrebbe esserci una componente genetica (un parente che soffre di disturbo ossessivo compulsivo o di dismorfismo corporeo), una psicologica come un genitore che sottolineava i difetti o maltrattava il bambino dicendogli che era brutto o non abbastanza bello, il bullismo a scuola, l’uso eccessivo dei social media e di conseguenza la ricorsa agli stereotipi. Ma, essendo un disturbo psichiatrico, è importante capire di cosa altro soffre il paziente: se è anche depresso, borderline ecc.… e cercare di valutare insieme allo specialista una cura farmacologica e una psicoterapia mirata.
Storia del disturbo da dismorfismo corporeo
Il DDC è stato descritto per la prima volta da Morselli (1) nel 1891 che ha coniato il termine dismorfofobia per indicare una “sensazione soggettiva di deformità o di difetto fisico” che il paziente sostiene di avere ma la sua visione non rispecchia la realtà. Successivamente altri specialisti si sono occupati di questo disturbo e lo hanno classificato appartenente alla nevrosi ossessiva. Solo nel 1980 il DDC è stato inserito nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali e riconosciuto come una categoria distinta.
I due aspetti
Sono due gli aspetti psicopatogeni di questa patologia evidenziati dagli studiosi: uno percettivo e uno comportamentale.
Quello percettivo riguarda le attenzioni eccessive che il paziente ha per la cura e il giudizio del suo aspetto fisico, quello comportamentale riguarda i comportamenti che ha verso il proprio corpo che possono assumere caratteristiche ossessivo compulsive. I pensieri e i “comportamenti” stremano il stremano il soggetto per un dispendio di energie, tempo tolto alla vita sociale, al lavoro e alle relazioni. Se non si cura tempestivamente l’individuo distrugge la propria esistenza non avendo più le energie per lavorare studiare e, quindi vivere normalmente. Questo è stato confermato da uno studio di Phillips (3) ha dimostrato una riduzione dello stato di salute mentale e della qualità della vita di questi pazienti. Inoltre, il 30% di questi ha tentato il suicidio.
Le cause genetiche e quelle “infantili”
Oltre alla componente genetica il soggetto può aver subito esperienze negative infantili che hanno portato nell’individuo la sensazione di rifiuto e di non essere amato e, di conseguenza, insicurezza. Ladee (2) ha supposto che figure genitoriali troppo esigenti o dipendenti spesso da una madre che considerava la bellezza importante per valutare suo figlio, possono provocare questo disturbo. Può capitare che il bambino si confronti con il fratello o la sorella nel modo in cui lo facevano i genitori e questo provoca una forte invidia.
Come si cura il disturbo?
Per trattare il dismorfismo, come il DOC, è indicata la terapia cognitivo comportamentale che in genere include la prevenzione dell’esposizione e della risposta. In pratica bisogna di imparare a sfidare i pensieri negativi e/o distorti sul proprio corpo quando si manifestano. Per questo è essenziale sviluppare una capacità di regolazione emotiva in modo che queste percezioni distorte non influenzino il rapporto con gli altri come spesso succede.
Un altro tipo di approccio è la terapia dell’accettazione e dell’impegno che si basa sulla costruzione di capacità di consapevolezza cercando di indirizzare il paziente ad un pensiero che si concentri sui valori non riguardanti l’aspetto fisico. Di conseguenza diminuiranno l’ansia, le preoccupazioni e con costanza le ossessioni.
La cura dell’anima
Purtroppo, a causa di una società in cui la bellezza ha un peso rilevante e i ragazzi seguono determinati stereotipi è ancora più difficile diagnosticare questo disturbo e capire quando si è di fronte ad una patologia psichiatrica come questa.
Ma se il bambino viene amato accettato e non pressato con ideali di bellezza né confrontato con altri, sicuramente guarderà il mondo con occhi diversi. Non bisogna desiderare che i figli siano “perfetti” fisicamente o a livello culturale. Mettersi a confronto con loro e sminuirli.
Questo non significa dare amore ma è una costante competizione con i figli per un’insoddisfazione estetica o culturale di una madre che non è riuscita del tutto a raggiungere i proprio obiettivi o si sente frustrata. Sono esseri umani che vengono al mondo con una propria identità quello che deve fare un genitore è solo seguirli, educarli ed amarli con i propri pregi e difetti senza trasferire su di loro i propri vissuti.
Ma anche dove c’è stata una famiglia che ha improntato insicurezza e ansia nel bambino c’è sempre un modo per uscirne. Non bisogna lasciarsi condizionare dal passato ma vivere nel presente e amarsi. Amare sé stessi è l’unico modo per migliorarsi ed essere felici soli o con gli altri.
“È facile amare qualcun altro, ma amare ciò che sei, quella cosa che coincide con te, è esattamente come stringere a sé un ferro incandescente: ti brucia dentro, ed è un vero supplizio.
Perciò amare in primo luogo qualcun altro è immancabilmente una fuga da tutti noi sperata e goduta, quando ne siamo capaci. Ma alla fine i nodi verranno al pettine: non puoi fuggire da te stesso per sempre, devi fare intorno, ripresentarti per quell’esperimento, sapere se sei realmente in grado di amare. È questa la domanda – sei capace di amare te stesso? – e sarà questa la prova”.
Carl G. Jung
Bibliografia
1)Morselli E. Sulla dismorfofobia e sulla taleofobia. Bollettino dell’Accademia di Genova 1891;6:110-9.
2) Ladee GA. Hypocondriacal syndromes. Amsterdam: Elsevier 1966.
3) Phillips KA. Quality of life for patients with body dysmorphic disorder. J Nerv Ment Dis 2000;188:170. Phillips KA, McElroy SL, Keck PE, Hudson JI, Pope HG. A comparison of delusional and nondelusional body dysmorphic disorder in 100 cases. Psychopharmacol Bull 1994;30:179-86.