Reiki e il benessere psicofisico: funziona?

Negli ultimi anni si è fatto strada, quale tecnica per migliorare la salute fisica e mentale, il Reiki. Si tratta di una disciplina di “(auto)guarigione” alternativa che consiste, secondo chi la pratica, nella canalizzazione dell’energia universale nel corpo del ricevente, che la assorbe dalle mani di un praticante esperto.

Chi si avvicina a questa tecnica punta in genere a “purificare” il proprio corpo dalle tossine della quotidianità, per guadagnarci in benessere psicofisico. Si tratta di una disciplina olistica, che guarda cioè la persona nel suo complesso, e che è annoverata tra le pratiche di medicina alternativa. Oggi esistono numerosi corsi Reiki, che permettono di imparare la tecnica dai “master” (maestri) e successivamente di autogestirla, evolvendosi in autonomia.

Tuttavia la scienza ufficiale pone non pochi dubbi sull’efficacia di questa tecnica, soprattutto per il fatto che i suoi benefici sono scarsamente dimostrati e dimostrabili.

Cos’è il Reiki e gli obiettivi che si pone

Il Reiki è una disciplina originaria del Giappone. Si basa sulla teoria che l’energia fluisca nel nostro corpo e che un blocco energetico sia tra le cause di malattie e squilibri.

Nel corso di una sessione di Reiki, il praticante esperto usa le mani per canalizzare l’energia universale, permettendo in questo modo al ricevente di assorbirla. Il massaggio Reiki ha in pratica l’obiettivo di trattare disturbi e malattie con il riequilibrio dell’energia vitale. Si basa sull’idea che l’energia universale possa favorire la guarigione dell’individuo.

Da chi riceve un massaggio Reiki, le sessioni sono spesso descritte come calmanti e rilassanti. Chi pratica il Reiki sostiene che tale tecnica possa portare numerosi benefici per la salute, sia fisica che mentale. Ridurrebbe stress e ansia grazie all’esperienza di rilassamento profondo che genera. Il Reiki porterebbe anche al miglioramento della qualità del sonno, rendendolo più riposante; ed aiutarebbe a migliorare la concentrazione, nonché ad ottenere una maggiore chiarezza mentale. Inoltre migliorerebbe l’umore, restituendo positività ai riceventi. I benefici attribuiti al Reiki dal punto di vista fisico, sono invece la riduzione del dolore e delle infiammazioni; benefici alla circolazione, con riduzione della pressione sanguigna e una migliore salute cardiovascolare.

Prevenzione: non sostituire la medicina tradizionale

Ma è vero ciò che si dice del Reiki? Di fatto gli stessi maestri e sostenitori dicono che, trattandosi di una tecnica che canalizza energia universale, non è misurabile. E che, essendo per di più “intelligente”, curerebbe prima ciò che più pericoloso o grave; e non sempre quindi partirebbe dal motivo per il quale c’è stata l’attivazione. Infine, può essere usata per qualsiasi disturbo. Non è possibile dunque, in alcun modo, dimostrarne l’efficacia qualsiasi sia il motivo per il quale si attiva la tecnica.

Sebbene quindi il Reiki possa dare effettivamente aiuto alle persone nel rilassamento, facendo provare loro un senso di benessere generale dopo le sessioni, questa disciplina non deve portare mai ad abbandonare la medicina tradizionale o sostituire la scienza medica. Proprio come accade per altre discipline olistiche, il Reiki non è stato verificato da un punto di vista scientifico. Anzi.

I dubbi della scienza sulla disciplina

A sottolineare i dubbi della scienza sulla tecnica del Reiki è il Cicap, il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, che sul suo sito ha dedicato vari articoli alla questione.

In particolare, in un articolo, il Cicap ha sottolineato che “una revisione sistematica di 205 studi potenzialmente rilevanti pubblicata nel 2007 non ha trovato alcun effetto della terapia Reiki né sul recupero funzionale dopo patologie debilitanti né per la riduzione di dolore, ansia e depressione nei pazienti. Analoghe conclusioni sono venute da un’altra ricerca pubblicata per The Cochrane Collaboration da Janine Joyce e Peter Herbison del dipartimento di medicina sociale e preventiva dell’Università di Otago, Nuova Zelanda. Un lavoro focalizzato proprio a determinare gli effetti del Reiki nella riduzione dei sintomi di ansia e depressione in pazienti tra i 16 e i 55 anni. Le conclusioni sono riassunte in una riga: «Non c’è nessuna evidenza che il Reiki abbia qualche efficacia per i pazienti»”.

Approccio sanitario al Reiki in Italia e nel mondo

La linea di fondo, spiega il Centro nazionale per la salute complementare e integrativa (NCCIH – National Center for Complementary and Integrative Health) degli USA, è che il “Reiki non ha dimostrato chiaramente di essere efficace per qualsiasi scopo relativo alla salute. È stato studiato per una varietà di condizioni, tra cui dolore, ansia e depressione, ma la maggior parte della ricerca non è stata di alta qualità e i risultati sono stati incoerenti. Non ci sono prove scientifiche a sostegno dell’esistenza del campo energetico che si pensa svolga un ruolo nel Reiki”. Relativamente alla sicurezza, tuttavia, il “Reiki non ha dimostrato di avere effetti dannosi“.

In Italia in passato sono stati anche erogati corsi con crediti Ecm, poi stoppati nel 2017 in seguito ad una più stringente selezione di discipline. Ne ha spiegato le motivazioni l’Agenas in un comunicato: “Gli eventi formativi che riguardano pratiche e medicine non convenzionali, di cui alla vigente normativa, possono essere accreditati solo se prevedono nel programma contenuti tecnico-scientifici basati su prove di efficacia e medicine basate su evidenze scientifiche“.

Insomma, secondo la scienza ufficiale il Reiki, in sostanza, non fa né male né bene, anche se può dare dei benefici in termini di rilassamento. Su PubMed è possibile leggere i risultati di alcuni studi in merito, in particolare sul personale sanitario a contatto con persone malate di cancro; anche se si tratta – va detto – di studi su piccoli campioni.

I progetti italiani con il Reiki nel Ssn

Il fatto che il Reiki non sia comunque dannoso, ha permesso ad alcune strutture sanitarie italiane di avviare particolari progetti per il suo utilizzo in ospedali e in hospice (case di cura che ospitano pazienti terminali, accompagnandoli al fine vita attraverso cure palliative).

E’ il caso, per esempio, dell’Azienda pubblica di servizi alla persona “Carlo Sartori” di San Polo d’Enza in provincia di Reggio Emilia, che tra i progetti di formazione interna rivolti al personale sanitario ha proposto nel piano 2020-2022 il Reiki quale “tecnica energetica finalizzata a ridurre lo stato di ansia e stress nell’ospite ed a prevenire il burn out degli operatori”, motivando questa scelta dicendo che “il Reiki agendo attraverso la vicinanza empatica e amorevole, favorisce l’ascolto e la comunicazione, migliorando l’ambiente relazionale“. Oppure il progetto “Reiki in Ospedale” dell’Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, presentato con un video.

Così come è il caso dell’Ospedale “Carlo Poma” di Mantova che usa il Reiki nei reparti di oncologia e cure palliative. Il progetto è della onlus “Istituto Oncologico Mantovano”, ed ha lo scopo di “valorizzare il tempo dei malati in hospice offrendo loro delle sedute della tecnica Reiki ai fini di ottenere un beneficio in termini di rilassatezza e benessere generale“.

Autore: Stefania Belmonte