Cosa sono le infezioni correlate all’assistenza e perché avvengono sempre più di frequente? In questa guida facciamo il punto sulle infezioni contratte nelle strutture sanitaria, un tema sempre più attuale e in particolare su come ottenere il risarcimento dei danni.
In caso di infezione contratta in un ospedale o RSA è possibile richiedere e ottenere il risarcimento del danno da infezione alla struttura. In questa guida vediamo come e come si è evoluta la giurisprudenza negli ultimi anni.
Recentemente una sentenza della Cassazione ha infatti delineato le linee generali circa il risarcimento del danno da infezione chiarando come funzionano l’onere della prova, che tipo di responsabilità viene violata e quali sono i punti fondamentali che una struttura sanitaria deve dimostrare per provare di avere messo in atto tutte le strategie di prevenzione per evitare il danno.
Il Dipartimento Responsabilità Medica, collegato all’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto si occupa di diritto alla salute e risarcimento dei danni derivanti da responsabilità medica.
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Le vittime hanno infatti diritto al risarcimento integrale dei danni subiti. In caso di malaugurato decesso della vittima sono gli eredi legittimi ad avere diritto al risarcimento, non solo per i danni subiti iure proprio, ma anche per quelli subiti dalla vittima.
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Cosa sono le infezioni nosocomiali? Una definizione
Iniziamo con il definire le infezioni nosocomiali, meglio conosciute come infezioni correlate all’assistenza (ICA). Le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) si definiscono come infezioni dovute a batteri, funghi, virus o altri agenti patogeni meno comuni, contratte durante l’assistenza sanitaria, che possono verificarsi in qualsiasi contesto assistenziale (ospedali, ambulatori di chirurgia, centri di dialisi, lungodegenze, assistenza domiciliare, strutture residenziali territoriali) e che al momento dell’ingresso nella struttura o prima dell’erogazione dell’assistenza non erano manifeste clinicamente, né erano in incubazione.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha evidenziato le principali caratteristiche delle infezioni nosocomiali:
- possono verificarsi anche in contesti non ospedalieri, come residenze sanitarie assistite (RSA), ambulatori specialistici, studi medici privati, studi dentistici, comunità terapeutiche psichiatriche, purché legati all’ambito dell’assistenza sanitaria.
- L’infezione nosocomiale è trasmessa comunemente attraverso il contatto tra la “fonte-veicolo-ospite”. Per esempio: le mani degli operatori sanitari. Altre modalità di contagio riguardano l’ambiente, ovvero la presenza di agenti patogeni nell’aria e sulle superfici.
Aumento di infezioni nosocomiali: le cause
Le infezioni ospedaliere di solito derivano da microrganismi opportunistici presenti nell’ambiente. Questi microrganismi, che normalmente non causano infezioni, possono invece provocarle in pazienti immunodepressi, sia durante il ricovero che dopo la dimissione.
Altre cause possono essere agenti patogeni che, in ambienti con un uso frequente di vari tipi di antibiotici, sviluppano maggiore virulenza e resistenza ai trattamenti terapeutici.
L’aumento delle ICA è influenzato da diversi fattori, tra cui ad esempio la diffusione di microrganismi resistenti agli antibiotici e la progressiva introduzione di nuove tecnologie sanitarie, che se da una parte garantiscono la sopravvivenza a pazienti in gravi condizioni, dall’altra consentono l’ingresso dei microrganismi anche in sedi corporee normalmente sterili.
Le infezioni ospedaliere costituiscono una delle più comuni complicanze delle prestazioni sanitarie. La letteratura scientifica ha evidenziato che circa il 60% dei casi potrebbe essere evitato con una stretta adesione alle indicazioni delle linee guida di prevenzione.
La trasmissione delle infezioni: come avviene?
La diffusione di infezioni nell’ambito dell’assistenza sanitaria coinvolge tre elementi chiave: una fonte di microrganismi infettanti, un ospite suscettibile e un mezzo di trasmissione dal microrganismo all’ospite.
Le infezioni possono essere endogene, quando i patogeni provengono dall’interno del corpo, ma più comunemente sono esogene. In quest’ultimo caso, l’infezione viene trasmessa dall’esterno attraverso: apparecchiature o dispositivi medici, l’ambiente, il personale sanitario e farmaci contaminati.
Questa trasmissione può avvenire in vari modi:
- Contatto diretto tra una persona sana e una infetta, specialmente tramite le mani degli operatori.
- Via droplet, con il contagio attraverso le goccioline emesse da una persona infetta durante tosse e starnuti.
- Via aerea, mediante microrganismi di dimensioni ridotte che rimangono sospesi nell’aria per lunghi periodi.
- Contatto indiretto tramite un veicolo contaminato, come endoscopi o strumenti chirurgici.
- Trasmissione dell’infezione a più persone attraverso un veicolo comune contaminato, come cibo o liquidi di infusione.
Fattori di rischio per le Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA)
Fattori di rischio estrinseci:
- Durata della degenza (considerando che l’incidenza reale delle ICA potrebbe essere sottovalutata, poiché i sintomi possono manifestarsi anche giorni dopo la dimissione).
- Utilizzo di dispositivi invasivi (come CVP, CVC, catetere vescicale, intubazione).
- Ricovero in terapia intensiva.
- Interventi chirurgici.
Fattori di rischio intrinseci:
- Età (neonati, anziani).
- Genere.
- Altre infezioni o gravi patologie concomitanti (tumori, immunodeficienza, diabete, disabilità, obesità, problemi respiratori o gastrici, temperatura superiore a 38°C al ricovero).
- Traumi, ustioni, piaghe da decupito.
- Alterazioni dello stato di coscienza.
Fattori di rischio correlati a pratiche/ambiti assistenziali o microrganismi:
- Infezioni del sito chirurgico (ISC).
- Polmonite correlata alla ventilazione meccanica (VAP) e polmonite nosocomiale (HAP).
- Infezioni delle vie urinarie correlate a catetere vescicale (CAUTI).
- Infezioni correlate a procedure endoscopiche (in particolare endoscopia gastrica).
- Infezioni correlate all’inserimento e al mantenimento di catetere vascolare periferico o centrale.
- Infezioni correlate al ricovero in terapia intensiva.
- Infezione correlata all’uso di antibiotici.
- Infezione da MRSA (Staphylococcus aureus meticillino-resistente).
Approfondisci su “Risk factors for health care–associated infections: From better knowledge to better prevention”, pubblicato su American Journal of Infection Control, Volume 45, Issue 10, 2017, Pages e103-e107
Malattie più comuni causate da infezione nosocomiale
Qui di seguito elenchiamo alcune tipiche malattie da contagio ospedaliero.
- Infezioni urinarie: batterio tipico acquisito in ospedale Klebsiella multi resistente;
- Infezioni del sito chirurgico: l’infezione è solitamente acquisita durante l’intervento stesso;
- Polmonite nosocomiale;
- Batteriemia nosocomiale; grado di mortalità elevato (più del 50% per alcuni microrganismi) causate comunemente da Staphylococcus coagulasi negativi multiresistenti e Candida spp.
- Cute e tessuti molli: discontinuità dolorose (ulcere, ustioni e piaghe da decubito) favoriscono la colonizzazione batterica e possono essere il punto di formazione di infezioni sistemiche;
- La gastroenterite è la più frequente causa di infezione nosocomiale nei bambini con il rotavirus come patogeno principale e il Clostridium negli adulti nei paesi industrializzati;
- Sinusiti ed altre infezioni enteriche, infezioni dell’occhio e della congiuntiva;
- Endometriti ed altre infezioni degli organi riproduttivi successive al parto;
- Virus dell’epatite B e C (attraverso trasfusione, dialisi, iniezione, endoscopia), virus respiratorio sinciziale (RSV), enterovirus (trasmessi per contatto mano bocca e per via oro-fecale); citomegalovirus, HIV, Ebola, virus influenzali e herpes simplex virus e varicellazoster.
Prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza
Più della metà delle ICA sono prevenibili, soprattutto quelle associate a determinati comportamenti, attraverso la pianificazione di programmi di prevenzione e controllo della trasmissione di infezioni.
Occorre però pianificare e attuare programmi di controllo a diversi livelli (nazionale, regionale, locale), per garantire la messa in opera di quelle misure che si sono dimostrate efficaci nel ridurre al minimo il rischio di complicanze infettive.
Sebbene le ICA siano comunemente attribuibili alle variabili del paziente e alla qualità di assistenza fornita, è stato dimostrato che un assetto organizzativo dedicato contribuisce a prevenirle. A tal fine è stato istituito il Comitato per il contrasto delle infezioni ospedaliere (CIO).
Buone pratiche per diminuire il rischio
La prima cosa da fare è lavarsi accuratamente le mani con acqua calda e sapone o disinfettante per le mani prima di toccare il paziente o qualsiasi strumento medico. Si consiglia inoltre di indossare guanti monouso se si prevede di entrare in contatto con l’ambiente clinico del paziente.
Inoltre, assicurarsi che tutte le attrezzature siano pulite e disinfettate in modo adeguato prima e dopo l’uso è un’altra buona pratica da seguire.
Una strategia per combattere le infezioni ospedaliere è ridurre o eliminare i microorganismi sulle superfici di oggetti frequentemente toccati, come maniglie, rubinetti e ringhiere. Queste superfici possono ospitare batteri patogeni che possono poi trasmettersi ai pazienti attraverso il contatto con gli oggetti contaminati. Si stima che l’80% delle infezioni ospedaliere si trasmetta in questo modo.
Ricerca e innovazione nella prevenzione delle infezioni
Per affrontare la crescente incidenza delle infezioni ospedaliere e la resistenza sempre maggiore degli antibiotici contro microrganismi multiresistenti, in Svezia è stato ideato un nuovo sistema di flusso laminare mobile da impiegare nelle sale operatorie.
Questo sistema assicura una ventilazione ultrapulita che investe il sito chirurgico e il tavolo operatorio, riducendo la presenza batterica fino al 95% mediante l’uso di filtri Hepa. Questa tecnologia innovativa agisce in sinergia con il sistema di ventilazione preesistente. Un esempio concreto di successo si è registrato in una clinica universitaria di Uppsala, dove il tasso di infezione post-operatoria è sceso drasticamente da 5,5% a meno dello 0,5%.
Attualmente, si stanno effettuando sperimentazioni presso gli ospedali per valutare l’efficacia del rame e delle sue leghe, che presentano un’intrinseca attività antibatterica. I risultati preliminari indicano una significativa riduzione della presenza batterica su oggetti in rame in diverse strutture ospedaliere nel mondo.
Approfondisci su: “The preventable proportion of healthcare-associated infections 2005-2016: Systematic review and meta-analysis”, pubblicato su Infect Control Hosp Epidemiol. 2018 Nov;39(11):1277-1295
Risarcimento dei danni da infezione nosocomiale
Se l’infezione ospedaliera è derivata da imperizia della struttura ospedaliera o dei medici il paziente ha diritto al risarcimento dei danni subiti.
Nel tempo la giurisprudenza ha ritenuto che se il paziente dimostra il sopraggiungere dei sintomi da infezione batterica e il danno, è la struttura ospedaliera a dover dimostrare di aver adottato tutte le dovute precauzioni per evitare l’evento dannoso.
In particolare, la sentenza della Corte Suprema n.6386 del 2023 è stato un vero spartiacque in merito alla materia risarcitoria, specialmente per le infezioni ospedaliere.
Ha chiarito infatti ed elencato per la prima volta le attività di prevenzione del rischio infettivo. Le strutture dovranno dar prova di averle attuate, sulla base della “specificità dell’infezione” per la quale sarà promossa l’azione giudiziaria.
Sentenza della Corte Suprema n.6386 del 2023: responsabilità extracontrattuale
Nella sua decisione, nella suddetta sentenza, la Corte Suprema ribadisce inizialmente i principi relativi al risarcimento del danno da parte dei parenti, affermando che l’azione per ottenere il risarcimento dei danni per la perdita del rapporto con il congiunto nei confronti della struttura ospedaliera deve essere considerata come un’azione extracontrattuale che può essere presentata direttamente dai parenti stessi.
La Corte sostiene infatti che il rapporto contrattuale tra paziente e struttura sanitaria, di norma, non estende i suoi effetti protettivi ai terzi, ad eccezione delle prestazioni sanitarie legate alla procreazione. Di conseguenza, la richiesta autonoma di risarcimento avanzata dai parenti per i danni derivati dall’inadempimento dell’obbligazione sanitaria rientra nell’ambito della responsabilità extracontrattuale.
Sentenza n.6386 e nesso causale in caso di infezioni nosocomiali
La Corte Suprema ha ritenuto che i parenti della vittima abbiano correttamente dimostrato il fatto dannoso e il nesso di causalità. La paziente aveva una storia sanitaria complessa ma senza condizioni fisiche alterate. La caduta banale da una sedia all’interno dell’ospedale, sottovalutata nelle sue conseguenze, ha portato a un’ampia infiammazione non immediatamente trattata. Nonostante i successivi sforzi di cura, la paziente ha contratto un’infezione nosocomiale da stafilococco aureo, e la terapia antibiotica somministrata non ha evitato la sua morte.
La Corte Suprema critica la conclusione dei giudici territoriali che hanno escluso la prova del nesso causale, sottolineando che è stato utilizzato un criterio di giudizio errato basato sulla certezza del rapporto causa-effetto, anziché il modello di ricostruzione del nesso causale basato sul giudizio di probabilità logica. Secondo la Corte i giudici avrebbero inoltre commesso un errore di diritto nel limitare il giudizio controfattuale solo al comportamento dei sanitari, senza considerare il dato oggettivo della contrazione dell’infezione in ambito nosocomiale.
La responsabilità infatti può derivare dalle azioni dei sanitari all’interno della struttura o da carenze autonome della struttura stessa, indipendenti dall’operato dei sanitari.
In questo senso la decisione della Corte di Cassazione si allinea all’evoluzione del processo iniziato nel 2001 con il decreto legislativo 231/2001. Esso ha introdotto la responsabilità amministrativa degli enti, promuovendo una sorta di colpa nell’organizzazione e la predisposizione di adeguate misure preventive per evitare rischi.
Le misure preventive tramite una check list
Per quanto riguarda il nesso di causalità, la Corte ha introdotto una inversione dell’onere probatorio, richiedendo alla struttura di dimostrare l’adozione di misure preventive tramite una check list.
Questa check list dovrebbe includere protocolli relativi a disinfezione, raccolta della biancheria, smaltimento dei rifiuti e altre misure atte ad evitare la contrazione dell’infezione.
Onere della prova in caso di infezioni nosocomiali
Spetterà quindi alla struttura provare:
1) di aver adottato tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, al fine di prevenire l’insorgenza di patologie infettive;
2) di dimostrare di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni nel caso specifico.”. Il criterio è prima di tutto temporale (“il numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall’ospedale”); e poi quello topografico (“insorgenza dell’infezione nel sito chirurgico interessato dall’intervento in assenza di patologie preesistenti e di cause sopravvenute eziologicamente rilevanti, da valutarsi secondo il criterio della cd. “probabilità prevalente”);
3) il criterio clinico ovvero quali tra le necessarie misure di prevenzione era necessario adottare.
Checklist di ciò che spetta alla struttura dimostrare in caso di infezioni nosocomiali
L’onere della prova riguarda:
- L’indicazione dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali;
- L’indicazione delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria;
- L’indicazione delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami;
- Le caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande;
- Le modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti;
- La qualità dell’aria e degli impianti di condizionamento;
- L’attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica;
- L’indicazione dei criteri di controllo e di limitazione dell’accesso ai visitatori;
- Le procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e le profilassi vaccinali;
- L’indicazione del rapporto numerico tra personale e degenti;
- La sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio;
- La redazione di un report da parte delle direzioni dei reparti a comunicare alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella;
- L’indicazione dell’orario dell’effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.
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