La causa di servizio qualifica le lesioni, le infermità e il danno biologico per le malattie professionali nel pubblico impiego non privatizzato. Mentre i dipendenti privati e alcuni dipendenti del settore pubblico sono assicurati con l’INAIL (Istituto Nazionale Assicuratore Infortuni sul Lavoro), la stessa cosa non vale per tutti i dipendenti del settore pubblico.
In questa guida scopriamo cos’è la causa di servizio, quali sono i requisiti per il riconoscimento e le indennità previste e quali sono i lavoratori non assicurati INAIL. Scopriamo anche qual è l’iter amministrativo per ottenere la causa servizio e come ricevere l’assistenza legale gratuita per ottenerla.
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Cos’è la causa di servizio?
Con la riforma della L. 214/2011, salvo alcune eccezioni, é stata introdotta la tutela INAIL per tutti i lavoratori, compresi quelli del pubblico impiego. Ciò non vale per il “personale appartenente al comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico”, per i quali è stato mantenuto il precedente regime, invece dell’assicurazione INAIL.
I dipendenti del settore pubblico che non sono assicurati INAIL e che, al posto della malattia professionale o infortunio sul lavoro, possono richiedere la causa di servizio sono:
- gli appartenenti alle Forze Armate e ai corpi ad ordinamento militare;
- i lavoratori della Polizia, anche penitenziaria
- i Vigili del Fuoco.
Per ottenere il riconoscimento di causa di servizio militare, si deve dimostrare che il danno biologico, oppure la morte abbia un nesso con le attività di servizio. Una volta ottenuto il riconoscimento, la vittima (o in caso di morte i suoi familiari) possono chiedere ed ottenere la pensione privilegiata, l’equo indennizzo e il risarcimento del danno.
Causa di servizio per esposizione ad amianto
Nel caso di malattia lavorativa causata dall’esposizione a sostanze cancerogene, come l’amianto o l’uranio impoverito, i dipendenti del pubblico impiego che sono privi della tutela INAIL, devono attivare la richiesta al fondo assicurativo. Mentre per i dipendenti privati nel caso di malattia inserita nella lista I dell’INAIL l’onere della prova è a carico dell’amministrazione, la stessa cosa non vale per la causa di servizio (qui trovate la relazione finale della Commissione d’inchiesta su uranio impoverito, amianto e altri rischi).
I dipendenti del settore pubblico non privatizzato non usufruiscono inoltre del criterio di presunzione legale di origine. Nelle malattie inserite nella Lista I dell’INAIL ai dipendenti privati o del pubblico privatizzato basta infatti dimostrare la presenza dell’agente cancerogeno sul posto di lavoro per dimostrare il nesso causale.
L’Ona – Osservatorio Nazionale Amianto e il suo Presidente Avv. Ezio Bonanni si battono per l’abolizione di questa discriminazione dei dipendenti pubblici non privatizzati e per poter applicare anche alla causa di servizio le presunzioni delle tabelle INAIL. In questo modo si renderebbe più agile il riconoscimento dei diritti delle vittime (qui trovate i risultati della commissione d’inchiesta sui rischi di amianto e altri cancerogeni e il VI Rapporto Renam sui mesoteliomi).
Per approfondimenti>> Libro bianco delle morti di amianto in Italia
Il riconoscimento di causa di servizio
Secondo l’attuale procedura, come dicevamo più su, presentata la domanda di riconoscimento di causa di servizio, l’onere della prova del nesso causale è a carico del dipendente pubblico, senza alcuna presunzione di origine.
Affinché sia riconosciuta la dipendenza da causa di servizio, è necessario che l’infermità o le lesioni derivino da fatti accaduti in servizio o per cause inerenti al servizio (ambiente, condizioni di lavoro, esposizione a cancerogeni, etc…).
Le cause di servizio militari riconosciute sono anche concausali, ovvero anche se il servizio abbia concorso insieme ad altri fattori e/o circostanze all’insorgere delle infermità o lesioni.
Procedura amministrativa per la richiesta
In caso la Pubblica amministrazione non proceda d’ufficio per l’accertamento di dipendenza da causa di servizio, la vittima può farne richiesta autonomamente. Una volta accertato il collegamento tra la malattia e il luogo di lavoro, è possibile presentare la domanda amministrativa per ottenere l’invalidità di servizio e l’equo indennizzo o la pensione anticipata per causa di servizio, a seconda della figura professionale che ne fa richiesta.
La vittima può presentare la domanda amministrativa presso l’ufficio o il comando presso il quale lavora o presta servizio. La richiesta va presentata entro 6 mesi dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso o da quando ha preso consapevolezza di essere malato delle patologie riconosciute per causa di servizio. In caso di cessato rapporto di lavoro, il termine è di 5 anni dopo la cessazione e 10 anni se la vittima è affetta da morbo di Parkinson.
Nella domanda di causa di servizio, vanno allegati tutti i documenti medici rilevanti, per dimostrare il nesso causale tra il servizio svolto e la lesione subita. Quindi, va indicato:
- il tipo di infermità o lesione subita;
- i fatti che l’hanno determinata durante lo svolgimento del servizio;
- le conseguenze sull’integrità psicofisica e sull’idoneità al servizio.
Inammissibilità della richiesta di causa di servizio
La domanda sottoposta all’amministrazione di appartenenza sarà esaminata poi dal comitato di verifica per le cause di servizio (noto anche come Commissione Medica Ospedaliera – CMO), come da D.P.R. 461/01. Non tutte le domande, infatti, hanno esito positivo, poiché è necessario che determinati parametri siano soddisfatti nella loro interezza.
L’operato dell’avvocato Ezio Bonanni, tuttavia, mira a scardinare questo meccanismo: se la Pubblica Amministrazione o il Ministero della Difesa dichiarano l’inammissibilità di una domanda, stanno in realtà violando il principio di legalità e ledendo, così, anche i diritti delle vittime (e dei familiari delle vittime, in caso di decesso).
Tabelle di causa di servizio
Esistono due tabelle che definiscono la percentuale invalidante di infermità. Il danno biologico, ovvero la lesione all’integrità psicofisica, viene definita in caso di invalidità dal 100% al 20% sulla base di gruppi di percentuali. Sotto il 20% di invalidità alla vittima spetta invece un una tantum.
Il livello di invalidità è determinato da una commissione medica, che sottoporrà il referto al Comitato tecnico di verifica sulle cause di servizio. In caso di conferma, il risultato va ratificato con un decreto dell’Amministrazione pubblica a cui appartiene il dipendente che ne ha fatto richiesta.
Se il parere è negativo, la persona interessata può impugnare nuovamente il decreto in sede giurisdizionale. La giurisdizione è del TAR con riferimento all’equo indennizzo, della Corte dei Conti per la previdenza, del Giudice del Lavoro per il risarcimento del danno biologico.
In caso di concausa, è sufficiente che nel dipendente sia evidente una predisposizione alla patologia che si è venuta a formare a seguito del lavoro svolto.
Tabella A
La tabella di tipo A si riferisce a un livello di invalidità per servizio che va dal 100% al 20% e si suddivide in 8 categorie:
1° categoria (100-80%);
2° categoria (80-75%);
3° categoria (75-70%);
4° categoria (70-60%);
5° categoria (60-50%);
6° categoria (50-40%);
7° categoria (40-30%);
8° categoria (30-20%).
Tabella B
La tabella di tipo B si riferisce a tutte le invalidità più lievi, che si aggirano tra il 20 e il 10%. In questo caso la prestazione previdenziale si esaurisce nel versamento unico di una somma di denaro. Le prestazioni per causa di servizio che non superano il 20% non sono cumulabili ai fini del riconoscimento delle maggiori prestazioni oltre l’una tantum. Inoltre, nel caso in cui le menomazioni colpiscano lo stesso organo o funzione, la valutazione complessiva deve essere ascritta all’8° categoria della tabella A.
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Pensione di invalidità per causa di servizio
La vittima di causa di servizio ha diritto all’invalidità, con l’incremento dello stipendio pari al 2,5%. Se l’invalidità rientra invece, nelle prime sei o ultime due categorie, stabilite dalla legge, ha diritto all’incremento dell’1,25%.
Gli invalidi per servizio, che rientrano nelle prime quattro categorie, possono presentare domanda per ottenere due mesi di contribuzione figurativa per ogni anno di servizio svolto. Questo è possibile fino al limite massimo di 5 anni.
Causa di servizio ed equo indennizzo
Il dipendente che ha ottenuto il riconoscimento della causa di servizio ha diritto anche all’equo indennizzo e ad altri benefici. L’equo indennizzo per causa di servizio, è una prestazione una tantum di entità variabile, corrisposta dal datore di lavoro a seconda della gravità delle patologie riconosciute come causa di servizio.
L’importo dell’equo indennuzzo è quantificato in base: alla malattia per causa di servizio dipendenti pubblici, alle funzioni, al livello retributivo del richiedente, al momento della presentazione della domanda.
Per ottenere la liquidazione dell’equo indennizzo è necessario presentare una domanda alla stessa amministrazione nel termine di sei mesi dalla notifica del riconoscimento della causa di servizio, o dalla data in cui si è verificato l’evento dannoso. Quindi è preferibile presentare contestualmente sia la domanda causa di servizio che quella di equo indennizzo con un unico atto.
Infatti in caso di domanda “non tempestiva”, si estingue il diritto all’ equo indennizzo, anche se è riconosciuta la causa di servizio.
Per ottenere la liquidazione dell’equo indennizzo e altri benefici causa di servizio, è necessario mostrare:
- il nesso con-casuale tra infermità e fatti di servizio;
- l’invalidità permanente;
- una menomazione che rientri in una delle categorie delle tabelle causa di servizio di legge.
Se viene riconosciuta la pensione per causa di servizio privilegiata, l’equo indennizzo viene erogato in forma ridotta. Invece l’equo indennizzo é corrisposto per intero, in caso di riconoscimento del solo diritto all’indennità una tantum.
Domanda di aggravamento della causa di servizio
In caso di aggravamento della lesione è possibile presentare la domanda aggravamento causa di servizio entro 5 anni dalla concessione dell’equo indennizzo (art. 14, comma 4, dpr 461).
Pensione privilegiata per causa di servizio
Il dipendente pubblico che, a causa di lesioni o malattie riconosciute per causa di servizio, ha subito un danno biologico con inabilità assoluta e permanente ha diritto alla pensione privilegiata (l’inabilità deve essere dunque causata o concausata dal servizio prestato, al contrario della pensione di invalidità che ne è slegata). La pensione privilegiata causa di servizio, in caso di decesso è corrisposta ai superstiti.
La domanda amministrativa deve essere presentata entro 5 anni dalla data di cessazione del servizio, o entro 10 anni in caso di morbo di Parkinson. Se si è già ottenuto il riconoscimento della causa di servizio non sono invece previsti limiti di tempo.
L’erogazione della pensione privilegiata spetta all’INPS (che ora fa anche le voci dell’INPDAP, originariamente a capo dell’erogazione e gestione di questo tipo di prestazioni pensionistiche).
Causa di servizio militari e pensione privilegiata
Se a richiedere la pensione privilegiata è un militare, dovrà affidarsi alle disposizioni del suo organo di appartenenza, come previsto dall’art. 67 del Decreto del Presidente della Repubblica 1092/1973. In caso di esito positivo, il militare che ha fatto richiesta di indennità ha diritto a una pensione causa di servizio, se le lesioni sono permanenti e non prevedono miglioramenti (ai sensi dell’art. 67, d.p.r. 1092/1973); in caso contrario, però, può richiedere un assegno rinnovabile (ai sensi dell’art. 68, d.p.r. 1092/1973).
Risarcimento dei danni per causa di servizio
In caso di riconoscimento di causa di servizio si può chiedere il risarcimento di tutti i danni. Le prestazioni previdenziali che abbiamo elencato più su, infatti, sono solo degli indennizzi che non risarciscono per intero il danno non patrimoniale , ovvero anche quelli morali ed esistenziali.
La vittima del dovere, quindi, ha il diritto a ottenere un risarcimento integrale di tutti i danni subiti, inclusi quelli sofferti iure proprio dai familiari.
Causa di servizio in caso di decesso
In caso di decesso della vittima, i superstiti possono chiedere il riconoscimento della causa di servizio, ed eventualmente lo status di Vittima del dovere e possono ottnere la liquidazione in loro favore di quanto già maturato dal defunto in vita.
I superstiti (il coniuge e i figli, e via via i parenti più stretti) hanno quindi diritto alla pensione privilegiata di reversibilità, all’equo indennizzo e al risarcimento di tutti i danni. Sia quelli iure hereditario, cioè quelli subiti dal defunto, sia quelli iure proprio, cioè quelli diretti, la malattia e la morte del loro congiunto.
Le vittime del dovere: chi sono e quali sono i loro diritti
Per Vittime del Dovere (art. 1, co. 563, L. 266/2005) si intendono tutti coloro che hanno subito lesioni, anche mortali, per causa di servizio – e quindi sul posto di lavoro e in orario lavorativo. Le lesioni subite devono essere avvenute:
- nel contrastare ogni tipo di criminalità;
- mentre si svolgeva un servizio di ordine pubblico;
- durante la vigilanza a infrastrutture civili e militari;
- nelle operazioni di soccorso;
- durante l’attività di tutela della pubblica incolumità;
- a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale (contesti non necessariamente ostili).
In caso di decesso della vittima i superstiti possono ottenere lo status di Vittima del dovere. Le vittime del dovere hanno diritto alla liquidazione di una serie di prestazioni che si aggiungono a quelle di causa di servizio. Tra queste una speciale elargizione, un assegno vitalizio e uno speciale assegno vitalizio e ad altri riconoscimenti.
Equiparazione a vittime del dovere
Ci sono tutta una serie di altre fattispecie per le quali sussiste il diritto al riconoscimento dello status di equiparato a Vittima del dovere. In particolare quelli relativi alla tutela delle vittime che hanno svolto servizio in condizioni ambientali ed operative eccedenti l’ordinarietà.
Per soggetti equiparati alle vittime del dovere si intendono infatti coloro che abbiano perso l’integrità fisica in condizioni particolari, come ad esempio le missioni di guerra o in caso di condizioni ambientali particolari, che si siano rivelate più pericolose del previsto, perché il rischio si è rivelato persistente. Tale categoria è stata inserita grazie al comma 564, dell’art. 1, L. 266/2005. Essi hanno gli stessi diritti delle vittime del dovere.
Vittime del dovere con patologie asbesto correlate
Sono equiparati alle vittime del dovere anche le vittime di patologie asbesto correlate dei settori pubblici. Oltre a riconoscere la causa di servizio, nel caso di persone esposte ad amianto, è possibile infatti vedersi riconosciuto anche lo status di vittima del dovere.
La Corte di Cassazione, Sez. Lav., con sent. n. 4238/2019, ha stabilito che se è possibile dimostrare l’esposizione ad amianto durante l’orario di lavoro, nel caso in cui si siano sviluppate patologie asbesto correlate, allora è possibile parlare di vittime del dovere e, quindi, la qualità di vittima del dovere è in questi casi pienamente riconosciuta. Lo status di equiparato a vittime del dovere è riconosciuto anche alle vittime di esposizione a nanoparticelle e radiazioni dovute ai proiettili uranio impoverito.
Nella tutela delle vittime del dovere l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), grazie anche all’operato del suo Presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, è riuscito ad ottenere negli anni grandissimi risultati. Grazie all’assistenza legale dell’ONA anche i figli non a carico al momento della morte hanno ottenuto il riconoscimento delle prestazioni di vittime del dovere. La Corte d’Appello di Genova, Sezione Lavoro, Sentenza n. 575/2019, ha accolto le richieste di un’orfana vittima del dovere.
In giurisprudenza: Cassazione, sezione lavoro, n. 4238/2019; Cassazione, sezione lavoro, 20446/2019; Cassazione, sezione lavoro, 14018/2020.
Per ulteriori approfondimenti si possono consultare le monografie dello IARC ed ai Quaderni del Ministero della Salute “Stato dell’arte e prospettive in materiali di contrasto alle patologie asbesto-correlate”, n. 15, maggio-giugno 2012.
Assistenza legale gratuita per causa di servizio
L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto si occupa di tutela degli esposti ad amianto e ad altre sostanze cancerogene. Li assiste nel riconoscimento di malattia professionale o di causa di servizio e dove possibile per il riconoscimento di vittime del dovere.
L’assistenza legale è gratuita e permette di districarsi al meglio tra gli iter amministrativi per il riconoscimento di causa di servizio e per la richiesta di tutte le prestazioni. L’ONA ha raggiunto importanti traguardi nella tutela delle vittime del dovere e nel riconoscimento di causa di servizio, grazie alla lunga esperienza nella tutela di tutti i lavoratori esposti che hanno sviluppato malattia causa di servizio.
L’applicazione per segnalare l’amianto
La app amianto è un’applicazione gratuita creata da ONA – Osservatorio Nazionale Amianto nell’ambito della lotta al rischio amianto in Italia. Scaricabile qui, permette di segnalare la presenza di amianto nei luoghi di lavoro e di vita. In questo modo è possibile migliorare l’efficacia della prevenzione primaria conoscendo l’esatta ubicazione dei luoghi ancora contaminati. Permette inoltre di raggiungere la prova di esposizione delle vittime, ai fini della loro tutela legale e in questo contesto è un valido strumento per la prevenzione terziaria.