Jung e Sabina: un transfert erotico sfociato in una passione carnale? Intervista al dottor Fabrizio Alfani psicoterapeuta e membro ordinario con funzione didattica dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica (AIPA)
La storia del famoso psicoanalista Carl Jung, allievo di Freud, e di Sabina Spielrein, la paziente su cui sperimentò il metodo psicoanalitico è nota a tutti. Sono stati scritti diversi libri riguardanti questo caso e per ricostruire la storia. Dal saggio del prof Aldo Carotenuto “Diario di una segreta simmetria” che contiene anche il diario di Sabina Spielrein è stato tratto il film “Prendimi l’anima” che racconta la storia della giovane donna appartenente ad una nobile famiglia russa di origini ebree che, a causa di forti crisi depressive emerse dopo la morte della sorella, venne obbligata ad internarsi nel famoso ospedale psichiatrico di Zurigo e presa in cura dal giovane dottor Jung. Nel 2011, il regista David Cronenberg, riprende nuovamente la storia tra Jung e Sabina nel film “A Dangerous Method”.
La Spielrein era affetta, secondo l’allievo di Freud, da isteria. Presentava vari sintomi: allucinazioni, sbalzi di umore, eccessi di urla e pianto e problemi comportamentali.
Jung decise di curare Sabina con il “metodo della parola” ideato da Freud cioè la psicoanalisi.
Purtroppo, a quei tempi i pazienti erano ricoverati e non esistevano forme di terapia efficaci. Si cercava di tenerli occupati facendogli svolgere lavori semplici, ove possibile. Erano considerati un peso per la famiglia e la società. Un male da estirpare.
Infatti, come riporta il diario della Spielrein: «Mi chiamavo Sabina Spielrein, quando morirò voglio che il dottor Jung abbia la mia testa, solo lui potrà aprirla e sezionarla. Voglio che il mio corpo sia cremato e che le ceneri siano sparse sotto una quercia, su cui sia scritto:
“Anch’io sono stata un essere umano”».
Il nuovo metodo “la psicoanalisi”
Jung riuscì a tranquillizzare Sabina utilizzando il nuovo metodo basato sulla parola e ottenne, così, la sua fiducia. Con il tempo si istaurò tra i due un’alleanza terapeutica che portò la donna ad aprirsi con il dottore e a raccontargli i suoi ricordi e le paure inespresse. Così, riuscì a capire che Sabina era affetta da isteria. Le raccontò di alcune fissazioni come quella di trattenere le feci, la masturbazione compulsiva e il risveglio notturno in preda a forte agitazione (pavor nocturnus). Inoltre, ricordò alcuni episodi infantili che aveva vissuto come traumi. Da lì, attraverso la scoperta dell’inconscio, la comprensione e l’accettazione, Sabina si riprese. Ma la cosa che sconvolse sia Jung in qualità di psicoanalista sia quelli che lo vennero poi a sapere, fu il rapporto che si creò tra Jung e la donna definito oggi “transfert erotico”
Secondo alcuni, i due ebbero una relazione, cosa che non è “permessa” tra paziente e psicoanalista. Tra l’altro, Carl Jung era sposato. Ma le voci sono ambivalenti. Non sappiamo con certezza se il rapporto tra i due si concretizzò a livello carnale.
La corrispondenza epistolare
Il giovane pupillo di Freud, durante la cura della Spierlein, scrisse spesso a Freud. Questo sia perché stava utilizzando la psicoanalisi da lui appresa sia perché voleva la sua opinione su questo caso particolare. Ci fu una corrispondenza anche tra Sabina e Freud: «il Dr. Jung quattro anni e mezzo fa era il mio medico, poi divenne un amico e in seguito “poeta”, cioè amante. Alla fine, conquistò e tutto andò come di solito accade nella “poesia”. Egli predicava la poligamia, sua moglie sarebbe stata d’accordo etc. etc., ma mia madre ricevette una lettera anonima, scritta in ottimo tedesco, nella quale si diceva di salvare sua figlia che avrebbe potuto essere rovinata dal Dr Jung» (Lettere a Freud, in A. Carotenuto, cit, p. 233).
Sabina guarì, si iscrisse all’università e si laureò in medicina specializzandosi poi, in psicoanalisi e pedagogia presso la facoltà di Medicina di Zurigo.
Gli scritti della Spierlein riprendono la paura della “disgregazione del paziente”, quella di perdere sé stessi e di dissolversi in un’altra persona, quella amata. Secondo la donna gli schizofrenici sostituiscono la realtà con le loro fantasie.
Sabina nonostante tutto era ancora innamorata di Jung, tanto da chiedergli un figlio. Ma questo non avvenne perché lo psicoanalista era sposato e temeva uno scandalo. Il tutto venne scoperto. Sabina sposò un medico con cui ebbe una figlia. Nel 1923 tornò in Russia e fondò, a Mosca, un asilo infantile. L’asilo bianco, un luogo di assoluta libertà per i bambini che meritavano di crescere nella spensieratezza. Solo così, secondo la psicoanalista, sarebbero divenuti un giorno, uomini liberi. Purtroppo, però, durante gli anni della dittatura staliniana, il regime bandì la psicoanalisi e fece chiudere l’asilo. Morirono sia il marito sia il fratello della Spierlain. Tre anni dopo la loro morte nel 1941 Roston sul Don fu occupata dai tedeschi e Sabina, le sue due figlie e molti altri ebrei, furono portati in una sinagoga e uccisi dai nazisti nel 1942.
Gli studi scientifici
Aldo Carotenuto, psicoanalista e docente dell’Università di Roma, durante le sue ricerche trovò interessante la corrispondenza epistolare tra Freud e Jung nelle quali l’allievo menzionò anche il caso di Sabina.
Successivamente, dopo la pubblicazione del saggio “Senso e contenuto della psicologia analitica”, furono trovate delle lettere che permisero a Carotenuto di ricostruire la storia tra Jung e Sabina. Il saggio “Diario di una segreta simmetria” venne pubblicato nel 1980 e ampliato dal professore nel 1999. Proprio grazie all’epistolario Carotenuto non solo ricostruì la storia ma trovò interessante il distacco che ci fu tra Freud e Carl Jung in seguito al caso della Spielein. Infatti, secondo il docente, Sabina aveva fortemente condizionato il pensiero junghiano portandolo a riconsiderare la teoria sull’inconscio che aveva il potere di determinare il destino di una persona.
Anche Sabina riteneva fondamentale l’analisi dei desideri rimossi che a volte riemergono nei sogni: «soltanto grazie ai simboli del sogno ho concesso il diritto di esistenza a delle esigenze del mio essere a lungo represse». E scopre anche che: «dall’altro lato, se analizziamo nella direzione opposta, troviamo nel conscio secondario (subconscio) tutti i problemi profondamente etici, i problemi di orientamento e tutta la saggezza atavica, della quale non ci rendiamo conto perché il nostro conscio è solo una particella piccolissima di questo enorme sistema coordinato, la particella che ci è necessaria in ogni momento per adattarci al presente. E cos’è il presente?» (Lettere a Jung, in A. Carotenuto, cit, p. 202).
Sia Freud sia Jung attribuivano una grande importanza all’inconscio ma le due teorie divergono a livello eziologico e dei suoi meccanismi.
La teoria dell’inconscio
Secondo Carotenuto, l’incontro con Sabina condizionò fortemente la teoria dell’inconscio junghiana che si distingue da quella freudiana perché Jung vede l’inconscio come qualcosa di spirituale. Anche lui, come Freud, ne sottolinea l’importanza ma ritiene che si componga in due strati: inconscio personale e inconscio collettivo. Il pensiero di Jung si allontanò da quello di Freud perché riteneva che la libido non fosse solo energia sessuale ma, energia psichica generalizzata. Aveva una visione più mistica, filosofica e spirituale dell’anima, cosa che, secondo Carotenuto, provò durante l’esperienza transferale e co-trasferale nei riguardi di Sabina.
Sabina e Jung le ultime lettere ritrovate svelano una nuova visione
Nel testo pubblicato da Zvi Lothane, psichiatra e psicoanalista statunitense, sulla rivista Studi Junghiani dal titolo Tenero amore e transfert: “Lettere inedite tra C. G. Jung e Sabina Spielrein” emerge una nuova luce sul rapporto tra i due.
L’autore dissente dall’opinione che tra Jung e la Spierlein ci fossero stati rapporti sessuali. Le nuove carte ritrovate nell’archivio Claparède a Ginevra, secondo l’autore, mettono in evidenza un amore non erotico. Secondo lo psichiatra pare che lo scandalo sessuale fosse stato un fraintendimento da parte di Jung. I pettegolezzi riguardavano un’altra donna.
Di seguito l’articolo: https://www.francoangeli.it/riviste/Scheda_rivista.aspx?IDArticolo=15304
Parleremo di questo con il dottor Fabrizio Alfani Psichiatra, psicoterapeuta e membro ordinario con funzione didattica dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica (AIPA). Autore di diversi articoli pubblicati sulla rivista Studi Junghiani
1)Dottor cosa pensa di questo ritrovamento e della visione della storia data dal dottor Zvi Lothane?
«La storia del rapporto tra Jung e la Spielrein riguarda un aspetto molto delicato della relazione analitica.
Qualcuno ha detto che il livello di intimità psicologica e di condivisione degli aspetti più intimi della propria personalità che si raggiunge in una esperienza analitica sono molto profondi. Qualora si verificassero al di fuori della stanza d’analisi, implicherebbero in molti casi anche un’intimità fisica.
Naturalmente questo non deve avvenire e le intense emozioni che si attivano, di natura sia positiva che negativa, hanno bisogno di essere elaborate all’interno della relazione terapeutica, senza infrangere tali limiti. Noi possiamo dire questo oggi, dopo più di cento anni di psicoanalisi, potendo fare tesoro di una nutrita serie di infrazioni ai limiti della relazione terapeutica, che hanno provocato molto dolore ma che non hanno comportato esclusivamente disastri esistenziali in coloro che vi sono incappati.
L’importanza della formazione
La formazione degli analisti presta grande attenzione a questo aspetto, con il fine di evitare non solo una relazione sessuale agita tra analista e paziente, ma anche con l’intento di sviluppare una approfondita attenzione a tutti i fenomeni seduttivi che possono essere più o meno inconsapevolmente agiti da parte degli analisti. Insomma, si possono infrangere i confini di una relazione terapeutica anche senza finire a letto!
Tra Jung e Spielrein quei confini sono stati infranti, come afferma anche Lothane: c’è stato sicuramente un intenso coinvolgimento affettivo, e l’attrazione erotica reciproca si è sicuramente espressa anche attraverso contatti fisici di vario genere. Ci sono stati anche rapporti sessuali completi? Difficile dirlo con certezza, Lothane lo esclude, altri tendono a confermarlo. Questo però mi sembra un aspetto che a distanza di un secolo ha un carattere quasi da pettegolezzo, e non cambia molto i termini psicologici della faccenda.
Non dimentichiamo che attraverso il rapporto con Jung Sabina Spielrein, giunta all’ospedale psichiatrico di Zurigo come una giovane affetta da una grave forma di isteria, ha avuto modo un po’ alla volta di trovare la propria strada come medico e analista di grande valore. Questo è stato possibile anche attraverso una tormentata storia d’amore, che è comunque un’altra cosa rispetto ad una relazione terapeutica. Le lettere che Jung e Sabina si scambiarono (e di cui vi è testimonianza anche nel lavoro di Lothane) testimoniano senza alcun dubbio del profondo coinvolgimento affettivo che li legava».
2)È vero che Sabina Spierlein, con i suoi scritti dopo il percorso di studi, fece luce su alcuni aspetti fondamentali della psicoanalisi junghiana?
«Ciò che Sabina Spielrein mise in luce nei suoi lavori successivi alla separazione da Jung riguarda alcuni aspetti della vita psichica che riguardano il ruolo svolto dalla distruttività nel favorire la trasformazione. Sicuramente la Spielrein parlava anche di sé stessa, poiché di sicuro aveva fatto esperienza di tali componenti emotive nella relazione con Jung. Dopo la separazione da Jung si recò a Vienna, dove entrò a far parte del gruppo di seguaci di Freud (a quel tempo unica donna insieme a Lou Andreas Salomè) e restò sempre molto legata alla Società psicoanalitica freudiana. Freud stesso riconobbe che il suo pensiero sulla pulsione di morte, di cui parlò diffusamente in Al di là del principio di piacere del 1920, aveva un debito con il lavoro della Spielrein, intitolato La distruzione come causa del divenire, che era stato pubblicato nel 1912».
3) Qual è il vero motivo per cui Freud e Jung si distaccarono? Quali sono le differenze tra psicoanalisi freudiana e junghiana?
«Jung riconosceva il valore delle scoperte di Freud sull’inconscio, ma non ha mai condiviso l’idea che la pulsione sessuale fosse il motore principale della vita psichica. Per Jung il fondamento della personalità è l’affettività, intesa in senso generale. Non riferita esclusivamente a un aspetto particolare della vita umana quale è il sesso. Inoltre, Jung non tollerava l’atteggiamento di Freud di porsi come un maestro che aveva scoperto una verità da trasmettere ai propri discepoli.
Per Jung le caratteristiche soggettive di ciascuno di noi ci condizionano nel modo in cui ci rappresentiamo la realtà, sia quella esterna che quella interna. Pertanto, la teoria freudiana sull’inconscio era la teoria che meglio corrispondeva alla personalità di Sigmund Freud, ma non esauriva le possibili visioni differenti della vita psichica. Infine, Jung riconobbe il ruolo che ha nella vita di ciascuno di noi la cosiddetta psiche oggettiva, o inconscio collettivo
La psiche di ogni essere umano, al momento della nascita, non è una tabula rasa, ma in essa vi è la predisposizione a organizzare la rappresentazione della realtà secondo alcuni modelli generali, collettivi, che hanno a che fare con i nodi essenziali della vita di ogni essere umano: la nascita, la morte, le figure genitoriali, il rapporto con l’altro, i lati oscuri e rifiutati della nostra personalità, l’infanzia, la vecchiaia, ecc. A questi nuclei di significato, comuni alla vita di ciascuno di noi, dette il nome di archetipi, che sono elementi psichici collettivi, anche se poi ognuno li sperimenta secondo la propria storia e la propria soggettività».
Grazie dottore.
Quello che insegna la vicenda tra Jung e Sabina
Credo che questa storia vada osservata con occhi diversi. Molti si sono fermati allo scandalo e a capire se ci furono rapporti sessuali tra Jung e Sabina. Io credo che sia importante sottolineare il fatto che Sabina era una giovane donna che soffriva di un gravissimo disturbo tutt’ora difficile da curare. Eppure, è riuscita, grazie alla cura e alla sua forza di volontà, non solo a guarire ma a laurearsi e realizzare i suoi sogni. Una storia dal tragico finale ma che ci insegna molto. Come sosteneva Jung: “Anche una vita felice non può essere esente da momenti bui, e la parola felicità perderebbe il suo significato se non fosse bilanciata dalla tristezza. È molto meglio prendere le cose come vengono con pazienza ed equanimità”.