Nuove speranze per la cura del tumore al colon retto arrivano dai farmaci mirati ai sistemi di risposta al danno del DNA. I ricercatori dell’IRCSS di Candiolo e del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, infatti, hanno scoperto che bloccare la riparazione DNA può uccidere le cellule tumorali. Ciò avverrebbe in un caso su tre, “anche nei tumori del colon retto più aggressivi e che non rispondono alle terapie a bersaglio molecolare note“.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Clinical Cancer Research dell’American Academy of Cancer Research. Lo studio ha visto il contributo della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro (FPRC) e dell’Associazione Italiana per Ricerca e la cura del cancro (AIRC).
Oggetto di studio, 112 linee cellulari e organoidi di tumori del colon retto diversi nel profilo genomico; i suoi risultati restituiscono una speranza a quei pazienti che oggi non hanno opportunità terapeutiche.
Un nuovo approccio contro il cancro del colon retto
A spiegare il meccanismo sul quale si basa questo nuovo approccio alla cura del tumore del colon retto, è la Sabrina Arena; dottoressa e ricercatrice dell’IRCCS Candiolo e del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, è l’autrice e l’ideatrice dello studio. “Nei tumori – spiega – alcuni sistemi di riparazione del DNA sono difettosi. Perciò è indispensabile che quelli ancora funzionanti possano portare avanti la loro attività per permettere al tumore di ‘sopravvivere’. Tali sistemi conferiscono ai tumori una maggiore aggressività ma si possono rivelare un ‘tallone d’Achille’ e un ottimo bersaglio molecolare; perché se ‘zittiti’ le cellule tumorali soccombono ai danni al DNA“.
“I dati mostrano che circa il 30% dei casi, inclusi quelli refrattari alle attuali terapie, potrebbe rispondere ad almeno uno dei farmaci di nuova generazione” – aggiunge Alberto Bardelli, coautore dello studio.”È importante sviluppare nuove metodologie diagnostiche che consentano di identificare chi potrebbe beneficiare di questo tipo di terapie“. “Un biomarcatore che valuti i diversi bersagli possibili – conclude – potrebbe aiutare a stratificare il rischio e individuare i candidati che potrebbero rispondere meglio al trattamento. La strada è ancora lunga, ma questi risultati pongono le basi scientifiche e sperimentali per nuove e più efficaci terapie da applicare in futuro anche ad altri tipi di tumore“.