Intervista all’avvocato Bonanni: “sono più di 2000 i morti tra personale civile e militare nella Marina a causa dell’amianto “
Una vera strage, quella riguardante i morti a causa dell’amianto nella Marina Militare e il processo, iniziato ormai da anni, vede sul banco degli imputati gli ex ammiragli: Guido Venturoni, Agostino Di Donna, Angelo Mariani, Sergio Natalicchio, Mario Di Martino e Umberto Guarnieri. Sono accusati di omicidio colposo di undici militari della Marina deceduti a causa dell’esposizione alle fibre di amianto nelle imbarcazioni. E questo è un numero insignificante se guardiamo a tutti i morti per amianto solo in Marina. I familiari sono assistiti dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, e, nei prossimi giorni ci sarà la lettura della sentenza.
Morti a causa dell’amianto nella Marina Militare
Sono più di 2000 i morti a causa dell’amianto nella Marina Militare. I casi di mesotelioma, tumore legato solo all’esposizione ad amianto, in Marina erano 570 solo nel 2015. Oggi, il VII Rapporto Mesoteliomi non riporta il numero esatto di morti per mesotelioma in Marina, però quello di tutte le forze armate (sono 982 i casi totali di morti per mesotelioma). Di questi, calcolando la stima del 2015, circa i 2/3 sono quelli nella Marina Militare.
Amianto nelle navi della Marina Militare
I minerali di amianto hanno avuto un largo impiego nelle unità navali della Marina Militare italiana e anche nelle basi a terra. L’ampio utilizzo è dovuto al fatto che questi minerali hanno magnifiche capacità fonoassorbenti isolanti e ignifughe. Inoltre, limitato peso, resistenza e un costo accessibile.
Tuttavia, l’altra faccia della medaglia è la loro capacità di provocare infiammazione, cancro e, di conseguenza, morte. Come peraltro risaputo fin dall’inizio del secolo scorso. Tanto è vero che le attività di estrazione e la lavorazione di questi minerali furono interdette alle donne e ai fanciulli.
“Con la legge 455 del 1943 fu tabellata l’asbestosi – ci spiega l’avvocato Ezio Bonanni– come malattia professionale e quindi indennizzata per quegli operai che ne fossero stati attinti per effetto dell’attività di lavoro, per di più in molti casi senza protezione.
Questa normativa, con riferimento al preambolo, fa specifico rapporto al rischio morbigeno e al fatto che dovevano essere adottate tutte le misure di sicurezza tra quelle sancite dall’articolo 2087 del Codice civile e prima ancora dal Reggio decreto 530 del 1927 articolo 17.
In verità grazie all’impegno dei medici del lavoro ed in particolare del professor Enrico Vigliani e dell’anatomopatologo professor Mottura, i rischi e quindi i danni alla salute provocati dalle fibre di amianto erano emersi già prima del secondo conflitto mondiale. E, successivamente, nonostante la consapevolezza di questo rischio, il consumo dell’amianto si è moltiplicato a maggior ragione a partire dagli anni ’50 ancora di più negli anni ’60 e negli anni ’70.
La questione è tanto più emblematica per il fatto che nel 1955 Richard Doll dimostrò con unanime consenso e scientifico che l’amianto fosse con certezza cancerogeno per il polmone e che ci fosse un sinergismo e potenziamento con il fumo di sigaretta. Quindi, con la co-esposizione ai vari cancerogeni. E già tra la fine degli anni ’50 inizio degli anni ’60 questo rischio è emerso anche per quanto riguarda il mesotelioma della pleura.
Nonostante ci fossero questi chiari elementi scientifici accompagnati da una normativa specifica ed in particolare dall’articolo 4-19-20 e 21 del DPR 303 del 1956 in maniera di igiene sul lavoro e gli articoli 377 e 387 del DPR 547 del 55 in maniera di tutela degli infortuni per malattie professionali o meglio dagli infortuni,l amianto trova sempre un suo massiccio impiego qui in Italia ed in particolare nelle unità navali della nostra militare Marina Militare.
Con riferimento ai morti di amianto in Marina Militare occorre osservare che sono stati attivati diversi procedimenti penali e tutt’ora è in corso il procedimento Marina bis pendente innanzi la Corte di Appello di Venezia fissato per la discussione finale e lettura del dispositivo”.
Il ritardo nelle bonifiche nonostante l’entrata in vigore della legge del 1992
La questione dell’amianto nella Marina Militare è emblematica e significativa ed anzi è una metafora del rischio amianto. Sono almeno 570 i casi di mesotelioma fino al 2015 e come sappiamo questo tipo di neoplasia è quasi sempre mortale lo è almeno per il 93% nei 5 anni.
Si accompagna almeno il doppio di malattie dei cancri del polmone che hanno un’incidenza di mortalità del 88%. A cui si sommano tutti gli altri tumori e anche l’asbestosi.Si può dire dunque che la vicenda dell’amianto rappresenta la più grande sconfitta della nostra Militare Italiana e allo stesso tempo una storia emblematica di una tragedia di lutti e di malattie che ha sconvolto intere famiglie.
Quello che è più grave è il fatto che c’è un ritardo nelle bonificheTanto è vero che ancora nel 2012 il numero delle navi bonificate era ancora molto limitato.
Tutt’oggi le navi di vecchia generazione, quelle che sono state varate prima dell’entrata in vigore della legge 257 del 1992, hanno materiali in amianto e contenenti amianto.
Così almeno fino al 2012 solo circa il 20% delle nostre unità navali erano state completamente bonificate e ancora tutt’oggi, quindi, questo minerale è presente sia nelle unità navali che a terra.
I diritti per le vittime da amianto
“Il dato più sconfortante- continua Bonanni- è costituito dal fatto che con l’entrata in vigore dell’articolo 20 della legge 183 del 2010 sussistono specifici diritti per le vittime e per i superstiti.
Innanzitutto, il riconoscimento dello status di Vittima del dovere e poi in secondo luogo quello del risarcimento del danno.
Tuttavia, questi diritti spesso rimangono solo sulla carta poiché le vittime sono costrette a lunghe azioni giudiziarie per far valere quanto a loro spettante. Prima di tutto il riconoscimento di vittima e poi l’erogazione delle prestazioni previdenziali e poi ancora il risarcimento del danno.
Ci sono state e ci sono sentenze emblematiche sia di riconoscimento dello status di Vittima del dovere. Il caso Pinnisi Corte di Appello di Torino sezione del Lavoro sentenza 739 del 2019 e anche di condanna del tribunale civile di Roma risarcimento del danno.
E tuttavia siamo nella condizione paradossale che queste vittime debbono agire giudiziariamente per avere la tutela dei loro diritti”.
La legge deve tutelare i lavoratori
Attendiamo l’esito della sentenza e ci auguriamo che sia fatta giustizia perché la legge dovrebbe tutelare i lavoratori e purtroppo, l’amianto ha provocato una vera e propria strage.
Queste persone non torneranno in vita ma bisogna aprire gli occhi e denunciare. Avere la forza di combattere perché non ci siamo altre vittime e perché il lavoro sia veramente ciò che unisce, crea e fortifica uno Stato. Non ciò che uccide.