Maltrattamento infantile: un segno che può divenire indelebile

Quali sono i maltrattamenti fisici e psicologici sui bambini, come comportarsi e riconoscere gli abusi. Ne parleremo con la dottoressa Angela Menditto psicologa

Il bambino è un essere umano che va capito, amato, educato con amore e anche con regole. Picchiare un bambino non è un modo per educarlo. Questo è espressamente dichiarato proprio dagli esperti, psicologi e pedagogisti. Infatti, il valore educativo del dolore è nullo perché i bambini hanno bisogno del tempo e della pazienza per l’apprendimento. È necessario che le cose vengano dette con calma e spiegate. La violenza non solo lo renderebbe più fragile ma anche insicuro, spaventato e incapace di essere se stesso, proprio perché non si sentirebbe amato e non si creerebbe, così, una solida strutturazione dell’io.

Se non può mostrarsi neanche ai genitori, coloro che lo hanno messo al mondo, crescerà nella frustrazione e diventerà un adulto ferito.

L’importanza dell’ambiente in cui vive

Il piccolo acquisisce progressivamente una serie di competenze psicomotorie emozionali e cognitive che sono alla base dello sviluppo. Tuttavia, sono fortemente influenzate dall’ambiente in cui il bambino vive, dalla relazione con i genitori e dal modo in cui questi contribuiscono a far sì che il suo percorso sia sano.
Purtroppo, sempre più frequentemente, i bambini vengono picchiati dai genitori, spesso con lo scopo di “educarli”. Altre volte subiscono dei veri e propri abusi o all’interno o all’esterno del nucleo familiare.

I diritti dei minori

I minori sono tutelati dalla legge e ci sono vari articoli nel Codice penale e nella Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: tutela il bambino contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale.

Dispositivo dell’art. 572 Codice penale

“Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni”.

“La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità come definita ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero se il fatto è commesso con armi”.

[La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di minore degli anni quattordici.]

“Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.

“Il minore di anni diciotto che assiste ai maltrattamenti di cui al presente articolo si considera persona offesa dal reato”.

Come comportarsi con il bambino

Un dialogo sano tra genitori e figli è la cosa più importante per affacciarsi al mondo. Infatti, anche anche la Montessori sottolineava la necessità di dare un nome alle emozioni dei bambini sia positive sia negative e trovare il modo di trasformare quelle negative in maniera efficace.

Questo non attraverso la violenza perché in questo modo invece di imparare si frena l’apprendimento. Purtroppo, sono errori che possono commettere i genitori e per questo è importante sapere che i capricci di un bambino sono un mezzo di espressione: vuole dirci qualcosa.

E vanno interpretati così come cerchiamo conforto e sostegno noi adulti nel momento del bisogno. Vogliamo essere capiti. Ancor di più un bambino ha la necessità di sentirsi capito e appoggiato dalle figure di riferimento. Ci affezioniamo a questo tipo di persone perché si impegnano a guardarci con occhi diversi. E noi dovremmo fare la stessa cosa: capire che un figlio non è di nostra proprietà, ma è un essere umano a sé stante. Non dobbiamo pretendere che il bambino sia come o migliore di noi.

Vanno evitate anche frasi come “non vali niente, sei stupido, sei brutto, quel bambino è più bello e più bravo di te, devi essere come quel bambino devi essere così, devi fare questo”.
Il senso del dovere può essere interpretato in un altro modo stimolando così Il bambino alla crescita e a un cambiamento sano.

Se viene picchiato e umiliato non solo diventerà pauroso, ma anche pieno di sensi di colpa e vendicativo proprio verso la figura che, invece, dovrebbe proteggerlo, aiutarlo ad affacciarsi alla vita e alle nuove esperienze. È orribile che sia proprio quella persona a mostrargli la cosa più brutta della vita: la violenza.

Le vittime di maltrattamento hanno maggiori possibilità di sviluppare una psicosi o una dissociazione e possono presentare sintomi come deliri, allucinazioni, disturbi del pensiero e dell’attaccamento.

Le vittime di abuso sono bambini che hanno una scarsa fiducia in sé stessi non riescono a dialogare con gli altri, a esternare le proprie emozioni e tengono dentro questo dolore.

Addirittura, possono presentare dei problemi di deformazione dei sentimenti di fiducia in sé stessi e negli altri.

Che cos’è la deformazione dei sentimenti? Vedono le cose in maniera diversa, ovvero non riescono a vedere i sentimenti per quello che sono realmente ma li deformano.
L’esperienza di maltrattamento può produrre sindromi dissociative quando l’abuso è stato consumato durante l’infanzia (Putnan 2001). Le conseguenze possono coinvolgere varie aree psicologiche, tra cui il pensiero, le interazioni personali, le emozioni e la tolleranza.

Ne parleremo con la dottoressa Angela Menditto, psicologa specializzata in Intervento Psicologico nello Sviluppo e nelle Istituzioni Socio- educative

Dottoressa cosa si intende per maltrattamento infantile?

“È un comportamento inadeguato di cattiva cura fisica e affettiva, di abusi sessuali, abusi fisici, abuso emotivo, trascuratezza, che implicano un rischio sostanziale di causare un danno fisico e/o emotivo al bambino.

Spesso queste diverse forme coesistono e si verifica una sovrapposizione di più livelli.

La più diffusa forma di maltrattamento infantile è la cosiddetta patologia delle cure che i testi scientifici suddividono in tre ambiti: incuria, discuria e ipercura e che riguarda oltre il 40% dei bambini e delle bambine maltrattate.

Incuria è un atteggiamento trascurante da parte di un genitore nei confronti dello sviluppo complessivo di un bambino che include diversi aspetti cruciali come la salute, l’educazione, lo sviluppo emotivo, la corretta alimentazione, la protezione e la creazione di un ambiente domestico sicuro.

Discuria è la presenza di aspettative superiori alle reali capacità dei figli, così come l’imposizione di acquisizione precoce di una certa autonomia nei ritmi alimentari ed altre richieste che non rispettano le tempistiche e i bisogni del bambino.

Ipercura si manifesta quando le cure sono eccessive, quando, cioè, vi è una persistente medicalizzazione”. 

Quali sono i segnali per capire se un bambino è maltrattato fisicamente e/o emotivamente?

“Un bambino maltrattato può sentirsi colpevole, confuso o provare vergogna. Inoltre, può avere paura di parlarne, soprattutto se il responsabile del maltrattamento è un genitore, un parente o un amico di famiglia. Infatti, il bambino può avere timore dei genitori e di coloro che si prendono cura di lui.

I sintomi più comuni sono:

  • Mancanza d’interesse per gli amici o le attività quotidiane.
  • Cambiamenti nel comportamento, che lo fanno sembrare aggressivo, ostile, propenso agli attacchi di rabbia o iperattivo.
  • Cambiamenti nel rendimento scolastico.
  • Sintomi di depressione, ansia o paure insolite.
  • Perdita improvvisa di fiducia in se stesso.
  • Frequenti assenze a scuola.
  • Tentativi di fuga.
  • Comportamenti ribelli o di sfida.
  • Tentativi di suicidio”.

Quali sono le conseguenze psicologiche?

“Le conseguenze del maltrattamento variano in relazione all’età del bambino, alla tipologia, alla durata, alla gravità degli episodi di abuso, al grado di familiarità tra la vittima e l’abusante e al tipo di supporto che riceve dalle figure di riferimento.

Questi bambini presentano una condizione psicologica estremamente complessa e disturbata. Essi prendono coscienza della loro condizione ma non hanno gli strumenti cognitivi, né le risorse psicologiche per attribuire un significato alla realtà, in quanto presentano un’immagine povera della realtà.

In essi si evidenzia una persistenza di sensazioni di tristezza e apatia, dovuta nella maggior parte dei casi dall’incapacità o impossibilità a vivere, simbolizzare e verbalizzare le proprie emozioni.

Le conseguenze possono essere negative a breve e/o a lungo termine. I bambini possono avere bassa stima di sé, difficoltà di apprendimento, abbandono scolastico

Le vittime di violenza, nei casi più gravi, possono avere a lungo termine disturbi psichiatrici  importanti  come  depressione, disturbi d’ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post traumatici e abuso di sostanze stupefacenti. allucinazioni sensoriali, deliri e disturbi del pensiero”.

Come aiutare un bambino che ha subito maltrattamento infantile?

“Proteggere i bambini dalla violenza, dagli abusi e dal maltrattamento è responsabilità di tutti, insegnanti, educatori, pediatri, sono osservatori privilegiati del loro quotidiano percorso evolutivo.

Questi soggetti possono riconoscere precocemente situazioni di vulnerabilità, disagio o pregiudizio e fungere da figure protettive, attivando tempestivi interventi di sostegno e protezione del minore attraverso l’invio ad altre agenzie o, quando necessario, attraverso la segnalazione del sospetto pregiudizio all’Autorità Giudiziaria. 

Dalle diverse ricerche è emerso come la terapia cognitivo-comportamentale  sembri essere la terapia più efficace, in seguito ad esperienze di abuso, nel trattamento dell’ansia e della depressione infantile e nel supporto alla genitorialità, in caso di problemi di aggressività, tramite l’utilizzo del problem solving. 

Molte ricerche empiriche riportano che nel lavoro con i minori vittime di abuso, oltre al trattamento di tipo cognitivo-comportamentale, vi sono altri approcci che risultano efficaci, tra cui l’EMDR.
  
La terapia EMDR segue un protocollo di otto fasi   Le prime due consistono nel raccogliere la storia del paziente e porre le basi per il trattamento, cercando di creare una buona relazione e definendo gli obiettivi.

La terza fase si concentra sui ricordi legati al trauma che rappresentano l’esperienza più disturbante. Con la quarta fase di elaborazione attiva del trauma viene condotta con una serie di movimenti oculari rapidi bilaterali su un punto target su un computer. La quinta fase consiste nell’associare l’immagine del ricordo traumatico, le emozioni e le sensazioni fisiche con lo stato cognitivo positivo desiderato. Segue la fase di consapevolezza delle sensazioni corporee. Nella settima fase si cerca di eliminare eventuali sofferenze residue, e non appena esse non vengono più segnalate, si conclude il protocollo, stabilizzando il paziente. Al termine, si ripropone una valutazione di follow-up volta ad indagare l’effettivo risultato terapeutico”.

Cos’è la regressione adattiva?

“La regressione adattiva: richiesta d’aiuto che stanno rivolgendo ai genitori e adulti. Si manifesta quando un bambino di 2, 3, 4 o più anni torna indietro ad una fase in cui la dipendenza dai genitori era maggiore e maggiori erano anche le attenzioni e le cure che stava ricevendo.
Questo comportamento non è insolito, discretamente frequente, perché è uno dei tanti meccanismi di difesa che i bimbi piccoli conoscono e si servono per proteggersi da qualcosa che avvertono come particolarmente sofferente.

Le cause possono essere diverse e di varia natura:

  • un cambiamento importante in famiglia come la nascita di un fratellino
  • la personale difficoltà ad affrontare il distacco dalla mamma per la sua ripresa del lavoro o l’inserimento in asilo
  • la separazione dei genitori
  • un’esperienza traumatica vissuta in prima persona come il maltrattamento infantile
  • la perdita, il lutto di una persona a loro molto vicina”.

“Quando mi avvicino a un bambino, nascono in me due sentimenti: tenerezza per ciò che è e rispetto per ciò che può diventare”. Louis Pasteur













Autore: Ilaria Cicconi