Celiachia: una patologia autoimmune più diffusa di quanto si pensi

La celiachia è una malattia autoimmune che colpisce l’intestino tenue, causando una reazione infiammatoria ogni volta che viene ingerito il glutine, una proteina presente in cereali come il frumento, l’orzo e la segale. Nonostante si parli spesso di questa condizione, molte persone non ne conoscono le reali implicazioni e la vasta gamma di sintomi associati

Celiachia e dintorni

Nonostante si parli spesso della celiachia, molte persone non ne conoscono le reali implicazioni e la vasta gamma di sintomi associati

La celiachia non è una semplice intolleranza alimentare: colpisce circa l’1% della popolazione mondiale, con una larga parte di pazienti che non riceve una diagnosi tempestiva a causa della varietà e della sfumatura dei sintomi.

Secondo le stime del Ministero della Salute, in Italia ne soffrono circa 600mila persone, di cui il 60% non ha ancora ricevuto una diagnosi ufficiale. Questo dato dimostra come questa condizione sia spesso mal interpretata o non diagnosticata correttamente. Ma cosa scatena realmente questa patologia? Perché alcune persone la sviluppano, mentre altre no? E soprattutto, quali altre malattie sono correlate ad essa?

Innanzitutto, occorre sottolineare chela celichia è una malattia caratterizzata dalla presenza di particolari geni, come HLA-DQ2 e HLA-DQ8, che predispongono il sistema immunitario a reagire in modo anomalo alla presenza del glutine. Questa risposta autoimmune provoca un’infiammazione cronica che danneggia la mucosa intestinale, compromettendo la capacità del corpo di assorbire correttamente i nutrienti essenziali. Nel tempo, il malassorbimento può portare a gravi carenze nutrizionali, come anemia, osteoporosi e problemi di crescita nei bambini.

Tuttavia, la predisposizione genetica non è l’unico fattore in gioco. Vari elementi ambientali, come infezioni intestinali o situazioni di forte stress, possono contribuire a far emergere la malattia. In altre parole, avere i geni della celiachia non significa necessariamente che la malattia si manifesterà, ma aumenta il rischio.

Sintomi difficili da diagnosticare

Uno dei principali ostacoli alla diagnosi è la varietà dei sintomi. Nei casi classici, i pazienti presentano diarrea cronica, dolori addominali, perdita di peso e affaticamento. Tuttavia, alcune persone presentano manifestazioni meno evidenti, come dolori articolari, anemia, problemi della pelle o persino infertilità. In alcuni casi, può essere del tutto asintomatica.

La diagnosi inizia solitamente con un semplice esame del sangue per rilevare la presenza di anticorpi specifici, come quelli anti-transglutaminasi (tTG) o anti-endomisio (EMA). Se questi sono presenti, si procede con una biopsia intestinale per confermare la presenza di danni ai villi, le strutture responsabili dell’assorbimento dei nutrienti. Utile precisare che durante questo processo, il paziente dovrà continuare a consumare glutine, altrimenti i risultati dei test potrebbero risultare falsamente negativi.

La scoperta del meccanismo scatenante

Recenti ricerche hanno fatto chiarezza su ciò che innesca la reazione autoimmune nella celiachia. Gli studi si sono concentrati su un peptide del glutine chiamato “gliadina”, che sembra avere un ruolo rilevante nell’attivazione della malattia. Quando la gliadina entra in contatto con la parete intestinale delle persone geneticamente predisposte, scatena una risposta infiammatoria sproporzionata che danneggia gravemente la mucosa intestinale.

Questa scoperta è stata resa possibile grazie all’uso di modelli biologici avanzati, chiamati organoidi, creati utilizzando cellule prelevate da pazienti celiaci e da topi geneticamente modificati. Questi, hanno permesso ai ricercatori di osservare in dettaglio il comportamento dell’epitelio intestinale in un ambiente di laboratorio, consentendo di capire meglio come si sviluppi l’infiammazione e quali siano i meccanismi cellulari coinvolti. Ma c’è di più.

Malattie associate alla celiachia

Un altro aspetto spesso trascurato riguarda le numerose malattie associate alla celiachia. Trattandosi di una patologia autoimmune, è frequente che si presenti in concomitanza con altre condizioni autoimmuni. Tra queste, la tiroidite autoimmune, o di “Hashimoto”, occupa un posto significativo. Le risposte immunitarie aberranti che caratterizzano questa malattia possono aggravare i sintomi gastrointestinali e sistemici già presenti nei soggetti affetti da celiachia, rendendo la gestione clinica di entrambe le condizioni particolarmente complessa.

Un’altra connessione rilevante si trova con il diabete di tipo 1, che colpisce prevalentemente i giovani. Questa condizione è caratterizzata da una disfunzione del sistema immunitario che attacca le cellule produttrici di insulina nel pancreas. È interessante notare che molti pazienti affetti da questa forma di diabete vengono sottoposti a screening per la celiachia, poiché i meccanismi immunologici in gioco possono interagire e influenzare il decorso di entrambe le malattie.

Altre manifestazioni che possono emergere in associazione sono la dermatite erpetiforme e la sindrome di Sjögren. Quest’ultima colpisce le ghiandole salivari e lacrimali, portando a sintomi di secchezza, come xerostomia (secchezza delle fauci) e xeroftalmia (secchezza degli occhi). 

Come non bastasse, la celiachia è stata correlata a problemi di fertilità, in particolare nelle donne e può altresì interferire con la gravidanza e lo sviluppo fetale.

Cosa fare per aggirare l’ostacolo?

Il trattamento: una dieta senza glutine a vita

Attualmente, siamo ancora lontani dal comprendere appieno tutte le sfaccettature della celiachia: quella che conosciamo è solo la “punta dell’iceberg”. Di conseguenza, l’unico trattamento efficace è l’adozione di una dieta rigorosamente priva di glutine a vita. Non esistono infatti farmaci o cure che possano “guarire” la malattia. Inoltre è importante effettuare screening, soprattutto se si sospetta di essere celiaci, e monitorare attentamente il suo decorso per evitare complicazioni a lungo termine.

Autore: Simona Mazza Certelli