ADHD: Origini della patologia e possibile nuovo farmaco

ADHD: nuove ipotesi sulle origini e dettagli del nuovo farmaco

Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività è un disturbo di origine neurobiologica, si manifesta prima dei sette anni di età e può perdurare fino all’età adulta. L’acronimo ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) indica la cosiddetta sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Le varianti ADD, invece, designano il tipo inattentivo della stessa patologia.

È sempre difficile diagnosticare i bambini affetti da questa sindrome perché i sintomi sono svariati. Possono essere più o meno marcati a seconda della gravità del soggetto. Inoltre, spesso, la comorbilità tra questa e altre patologie psichiatriche richiede un’attenta diagnosi, da parte di specialisti, che si protrae per un determinato periodo di tempo. I bambini affetti da questa patologia presentano difficoltà di attenzione, di controllo dell’impulsività, del livello di attività e, spesso, problemi del sonno.

Ma non sempre è facile distinguere un bambino vivace da un bambino affetto da questo disturbo. Purtroppo, diventa invalidante sia per i piccoli, che non riescono ad interagire con gli altri bambini e hanno gravi difficoltà di concentrazione, sia per i genitori, che si affidano a specialisti per poter trovare il modo migliore per gestirne i comportamenti.

Come approcciare con un bambino affetto da ADHD?

È necessario che il bambino sia seguito non solo da psicoterapeuti, ma anche all’interno dell’ambiente scolastico e familiare. Questo è determinante per far sì che non si senta incompreso. Possa, così, anche con difficoltà, imparare a controllare gli impulsi di aggressività e introiettare dentro di sé l’affetto da parte dei familiari e del terapeuta in modo da potersi affidare, imparare a gestire comportamenti aggressivi e rinforzare quelli accettabili.

L’ADHD è una patologia diffusa in tutto il mondo. Secondo la maggior parte degli studi, l’origine è genetica. Una ricerca effettuata su un vasto numero di pazienti affetti da malattia ADHD lo dimostra. Secondo l’analisi effettuata da oltre ottanta scienziati e con la collaborazione di tre grandi consorzi internazionali (Psychiatric Genomics Consortium; Early Genetics and Lifecourse Epidemiology (EAGLE) e Roadmap Epigenomics Mapping Consortium) pubblicata su “Nature Genetics”:dodici sequenze di DNA, buona parte delle quali corrispondenti a specifici geni, sono fortemente correlate al rischio di sviluppare il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD)“.

Qual è il rapporto tra questi geni e l’ADHD?

Grazie all’analisi condotta sull’intero genoma di oltre 25mila pazienti di varie parti del mondo, i ricercatori sono riusciti a isolare dodici frammenti di DNA le cui varianti genetiche comuni rappresentano ben il 21 percento del rischio di ADHD malattia. Alcuni di questi frammenti coincidono con specifici geni, fra cui i geni FOXP2, DUSP6 e SEMA6D.

FOXP2 è uno dei geni più studiati a causa del suo coinvolgimento nello sviluppo del linguaggio e già sospettato di contribuire alla patologia ADHD. DUSP6 serve per il controllo della comunicazione fra i neuroni dopaminergici, ossia che usano come principale messaggero la dopamina. Il sistema dopaminergico è proprio il bersaglio delle più comuni terapie farmacologiche dell’ADHD.

Infine, il gene SEMA6D, espresso nel cervello nel corso dello sviluppo embrionale, potrebbe avere un ruolo di primo piano nella creazione delle connessioni neurali. “Questo studio – ha osservato Bru Cormand, coautore della ricerca – conferma, l’idea che l’ADHD sia un disturbo con una solida base biologica, in cui la genetica ha un’ampia parte.”

Pareri discordanti sull’origine genetica della malattia

Tuttavia, si trovano anche pareri contrastanti. Infatti, secondo la Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF), non ci sono parametri biologici che confermano l’origine del disturbo.

L’ADHD viene spesso presentata come un disturbo del neurosviluppo con basi genetiche ma, in realtà, non ci sono evidenze di alterazioni organiche del sistema nervoso e tantomeno sono stati isolati geni responsabili del disturbo”- è quanto si dichiara durante il Congresso nazionale della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia (SINPF) sul tema delle diagnosi e del trattamento dell’ADHD (Sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività), dell’Asperger e altre patologie che riguardano la sfera neuro-evolutiva.

Le diagnosi vengono effettuate esclusivamente attraverso la somministrazione di test alla famiglia, alla scuola. Si valutano i sintomi attraverso scale comportamentali, in accordo con l’Istituto Superiore di Sanità. E, per questo motivo, gli esperti sottolineano la completa mancanza di parametri biologici. Non esistono test clinici o di laboratorio che possano confermare la diagnosi di ADHD, come avviene invece per le malattie o patologie organiche.

Nuove rivelazioni sull’origine genetiva dell’ADHD

Secondo gli esperti di neuropsichiatria infantile, l’ADHD sarebbe causata da uno squilibrio chimico nel cervello del bambino e la scarsa concentrazione di dopamina nello spazio sinaptico.
Ma, non ci sono tuttora dimostrazioni di questo squilibrio chimico.

Per questo motivo sono somministrati ai bambini affetti da questa sindrome ADHD farmaci stimolanti come il metil-fenidato (Ritalin). Ma, questo farmaco per ADHD, come altri stimolanti, appartiene alla classe delle amfetamine. Ha lo stesso meccanismo d’azione della cocaina. Addirittura, come affermato da Nora Volkow, potrebbe anche essere considerato più potente della stessa.

Dal momento che non è stata dimostrata una carenza di dopamina nelle sinapsi dei bambini con diagnosi di ADHD, appare probabile che l’ipotesi, mai verificata, della natura dell’ADHD sia nata da deduzioni sul meccanismo d’azione degli stimolanti come per gli altri disturbi psichici come depressione, psicosi ecc. (Gilman e Goodman).

Ed è necessario sottolineare che le ultime ricerche scientifiche dimostrano, che lo squilibrio chimico viene indotto dall’uso degli psicofarmaci, come ampiamente spiegato da Robert Whitaker nel libro “Indagine su un’epidemia”.

L’OMS in merito ai rischi recati dai farmaci

Inoltre, i farmaci per ADHD sono classificati dall’OMS come stupefacenti ad alto rischio di assuefazione e di abuso, nella medesima tabella di cocaina, amfetamina, oppiacei e barbiturici, mentre sono classificati dall’AIFA (Agenzia italiana del farmaco) come psicofarmaci per bambini e ragazzi dai 6 ai 18 anni.

L’ADHD è un disturbo difficile da diagnosticare anche a causa della comorbilità con altri disturbi. Lo psichiatra americano Peter Breggin, nello studio sugli effetti degli psicofarmaci, ha pubblicato libri e articoli in cui fornisce prove che molti dei disturbi sopraelencati e attribuiti alla “comorbidità” con l’ADHD, in realtà, sarebbero anche gli effetti collaterali degli stimolanti e di altri psicofarmaci usati per controllare gli effetti collaterali degli stimolanti stessi.

È necessario, per diagnosticare la patologia, osservare i sintomi che devono presentarsi per un certo periodo di tempo. Nel DSM-V i sintomi dell’ADHD di disattenzione e/o iperattività- impulsività devono manifestarsi prima dei 12 anni di età, a differenza del precedente manuale DSM-IV in cui i sintomi dovevano presentarsi prima dei 7 anni. Devono causare menomazione nel funzionamento sociale del soggetto, scolastico o lavorativo.

Disturbo da Deficit di attenzione e Iperattività-impulsività

Si distinguono:

  • il Disturbo da Deficit di attenzione e Iperattività-impulsività Manifestazione Combinata, in cui il criterio di iperattività e impulsività sono entrambi soddisfatti negli ultimi sei mesi;
  • disattenzione predominante, in cui si manifesta il criterio di disattenzione nel periodo stabilito ma quello di iperattività-impulsività non è soddisfatto negli ultimi sei mesi
  • iperattività-impulsività predominanti, se il criterio di iperattività-impulsività è soddisfatto e il criterio di disattenzione non è soddisfatto negli ultimi sei mesi.

È inoltre specificata la distinzione tra remissione parziale (quando i criteri precedentemente soddisfatti negli ultimi sei mesi e i sintomi comportano solo compromissioni minori del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo), quello di entità lieve, moderata o grave (quando sono presenti sintomi oltre a quelli richiesti per porre la diagnosi e se tali sintomi causano una marcata compromissione del funzionamento sociale, scolastico e lavorativo).

ADHD: quali sono i principali sintomi?

I sintomi già dalla fine del ‘700 furono descritti da Melchior Adam Weikar, medico e filosofo tedesco, nel suo libro Der Philosophische Arzt. Dopo di lui, Sir Alexander Crichton, nel libro “An inquiry into the nature and origin of meal derangement”, scritto nel 1798, parlò di “irrequietezza mentale”. Ma fu George Still, nel 1902, a descrivere il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI).

Mentre nel primo manuale diagnostico dei disturbi mentali si utilizzava la terminologia DSM-I come acronimo di disfunzione celebrale minima. Successivamente, si passò da reazione ipercinetica nell’infanzia (DSM-II) fino ad arrivare alla terminologia, tuttora usata, DDA per disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività.

Negli ultimi manuali la terminologia si divide in tre sottotipi di ADHD: tipo inattento, tipo iperattivo/impulsivo e tipo combinato.
La diffusione del disturbo da Deficit di attenzione/iperattività varia in tutto il mondo in maniera considerevole, sicuramente a causa dei cambiamenti ambientali e comportamentali ma anche per i diversi criteri di diagnosi usati in vari Stati.

ADHD: diffusione e criteri di incidenza

È più comune nei ragazzi che nelle ragazze (3 su 5). L’incidenza di ADHD nei bambini negli Stati Uniti (US) è circa 3-7%. La diffusione varia anche secondo le caratteristiche genetiche e l’origine etnica della persona (i bambini messicani sembrano essere meno a rischio). Uno studio che ha paragonato dal 1998 al 2009 i bambini affetti da ADHD ha trovato che circostanze ambientali influiscono sul peggioramento o miglioramento della patologia. Inoltre, la prevalenza di ADHD in bambini con i redditi della famiglia sotto il livello di povertà è aumentata a 10-11%.

L’incidenza di ADHD nel Regno Unito (UK) è meno di 1%, una percentuale molto più bassa rispetto a quella degli Stati Uniti. Questo, probabilmente, è dovuto a fattori ambientali e all’eterogeneità. Inoltre, i diversi criteri diagnostici tra i due Stati influenzano notevolmente le tariffe epidemiologiche.

Anche se l’incidenza dell’ADHD varia in tutto il mondo, la percentuale è più alta in Sudamerica, America settentrionale e in Africa. Mentre è meno diffuso in Medio Oriente, Asia, Australia ed Europa.

Quali sono le cause del disturbo da Deficit di attenzione/iperattività?

L’ereditarietà gioca un ruolo determinante in questo disturbo. Infatti alcuni ritengono che l’ADHD abbia origine genetica. Nel 77% dei casi la malattia può essere ereditaria o legata a morfologia celebrale ma può anche dipendere da fattori prenatali, perinatali o traumatici. Ma questo non è tutto.

Gli studiosi hanno ipotizzato che, oltre la componente genetica, la possibilità di sviluppare il disturbo da deficit di attenzione potrebbe dipendere da fattori ambientali, come l’esposizione durante la gravidanza e nel corso dei primissimi anni di vita ad alcol e fumo. Per esempio la nicotina potrebbe causare l’ipossia, cioè la carenza di ossigeno nel feto. Ma anche complicanze durante il parto, la prematurità, infezioni e la malattie infettive (come la varicella), contratte in gravidanza dalla madre, alla nascita o nei primi anni di vita potrebbero determinare lo sviluppo della patologia.
Fondamentale, per gestire la patologia nei pazienti gravi, è la cura farmacologica.

Novità anche sui farmaci per il trattamento della ADHD

I farmaci ADHD sono il Metilfenidato (Ritalin), molecola dotata di attività psicostimolante, e nootropa che riduce i comportamenti impulsivi e migliora la concentrazione e l’attenzione. Tuttavia, il farmaco ADHD Metilfenidato ha numerosi effetti collaterali e relazioni avverse riscontrate nei pazienti. L’Aifa annuncia la imminente registrazione del discusso farmaco.

La sua applicazione sarà monitorata sul campo, attraverso il Registro nazionale dei trattamenti per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Insieme al Ritalin sarà data l’autorizzazione anche a un altro farmaco, l’atomoxetina. Contestualmente partirà il Registro nazionale dei trattamenti farmacologici e non per l’ADHD.

Il metilfenidato è una variante dell’amfetamina. Stimola il sistema nervoso centrale. Figura nel registro delle sostanze stupefacenti e psicotrope sia nella tabella I, tra le sostanze stupefacenti ad alto potenziale di abuso, sia nella tabella II, tra le sostanze che hanno attività farmacologica e sono usate in terapia.

L’approvazione del farmaco in Italia

Per quanto riguarda farmaci per ADHD in Italia, il farmaco si registra nel 1958 e fu ritirato poi nel 1989 su decisione autonoma della casa produttrice. Nel 2001 la Commissione unica del farmaco ne ha deliberato la sua reintroduzione, a condizione che avvenga in centri specializzati in collaborazione con le Regioni e nell’ambito di un piano terapeutico più vasto. Non avendo avuto il via libera alla commercializzazione (richiesto a partire dal 2004 dalla multinazionale farmaceutica Novartis), il farmaco si può reperire solo su importazione dall’estero.

Per rispondere alle esigenze dei bambini affetti da Deficit di Attenzione e Iperattività è stata presa la decisione di immettere nel mercato nazionale tale molecola. Stefano Vella, dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità), ha spiegato che l’inserimento del farmaco sarà assistito, per prevenire un uso improprio e abuso di tale molecola, come è accaduto negli Stati Uniti.

Altri, come Luca Pomella dell’ISS, sostengono che non sono state prese necessarie precauzioni per informare genitori e parenti sulla pericolosità riguardante gli abusi del farmaco.
Il dibattito rimane tuttora aperto, con pareri contrastanti. Il farmaco non può essere utilizzato nel trattamento degli adulti affetti da ADHD e nei bambini con meno di sei anni d’età. Un altro farmaco utilizzato per ADHD è l’atomoxetina (Strattera). Impiegato nei pazienti al di sopra dei sei anni e negli adulti. È un inibitore del reuptake della nodrenalina, capace di migliorare l’attenzione e ridurre l’iperattività.

Tuttavia l’esatto meccanismo con cui ciò avviene non è ancora del tutto chiaro. Il Modafil (Provigil) è un farmaco ad azione nootropa impiegato nel trattamento della narcolessia. Si utilizza per trattare il disturbo di Iperattività. Ad ogni modo il suo impiego non è stato ufficialmente approvato. Si prescrive a discrezione del medico curante.

Mazindolo: i risultati degli studi

Un nuovo farmaco non stimolante per il trattamento della sindrome da deficit di attenzione e iperattività è il Mazindolo. Questo, noto per la sua attività contro la narcolessia, si testa su pazienti affetti da ADHD. Lo studio, condotto su 85 soggetti tra i 18 e 65 anni cui era stata diagnosticata la sindrome, dopo la somministrazione del farmaco hanno mostrato una riduzione del 50% dei sintomi già dopo due settimane.

Daryl Efron del Murdoch Childrens Research Institute di Melbourne sostiene che il Mazindolo potrebbe essere una soluzione innovativa per coloro che non rispondono ai trattamenti già in commercio. Gregory Mattingly, uno dei ricercatori, sostiene che il Mazindolo, dato che non ha lo stesso effetto sui livelli di dopamina che hanno gli altri stimolanti, è soggetto a minor restrizione alle norme e meno a rischio di abusi.

Tuttavia, anche se il farmaco sembra essere più sicuro rispetto a quelli in commercio, ha migliorato alcuni sintomi. Non ha effetti sulla qualità del sonno né ha ridotto la sonnolenza diurna.
Purtroppo, molte persone che soffrono di ADHD hanno difficoltà anche ad addormentarsi. Il sonno non è continuo. Quindi soffrono di sonnolenza durante il giorno.

ADHD: problemi anche nel relazionarsi col prossimo

I soggetti affetti da ADHD patologia hanno problemi relazionali sia tra familiari sia tra coetanei.
La sofferenza e la rabbia, presenti in questi bambini, creano isolamento. Una solitudine dell’anima, incompresa, inascoltata e troppo spesso giudicata. I bambini affetti dal disturbo ADHD sono spesso allontanati dai coetanei ed emarginati a causa della loro aggressività e della percezione distorta della realtà. Percezione che per loro è la realtà, costruita per difendersi dal mondo esterno.

Spesso, i genitori di bambini affetti da ADHD sviluppano problemi di dipendenza da droga. Assumono farmaci dei loro figli, perché non riescono a gestire questo tipo di comportamenti.
I bambini sono quindi affidati a specialisti. L’unico approccio terapeutico che ha mostrato risultati è di tipo cognitivo comportamentale.

La terapia si pone come obiettivo quello della gestione dell’impulsività attraverso tecniche di autocontrollo e trovare alternative a comportamenti di ira, rinforzando quelli positivi. Inoltre, è necessaria collaborazione con la famiglia e la scuola. Attraverso la parent education si forniscono ai genitori le informazioni necessarie per gestire e capire la patologia. Nel parent training viene insegnato ai familiari a dare chiare istruzioni al bambino attraverso la fermezza e rinforzando i comportamenti positivi.

A quanto possiamo discernere, l’unico scopo dell’esistenza umana è di accendere una luce nell’oscurità del mero essere”.  Carl Gustav Jung

Difficoltà per la diagnosi della patologia

Il disturbo ADHD è spesso difficile da diagnosticare. Per questo motivo è necessario che i genitori e gli educatori osservino attentamente il bambino. In questo delicato momento di crescita è importante che il piccolo non si senta solo, respinto dagli altri e diverso.

È necessario che il soggetto possa intraprendere un percorso di cura ADHD, di accettazione, di amore e di regole comportamentali affinché questi bambini, che si affacciano alla vita, nel buio dell’isolamento psichico e sociale in cui si trovano, possano intravedere una luce di speranza. Lo stesso vale per i terapeuti che dovrebbero abbracciare e contenere questa sofferenza per trasferire amore, accettazione e fiducia al paziente, in modo da ottenere, con gradualità ma anche con pazienza, risultati.

Deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e Covid-19

Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è il disturbo più comune tra i bambini e gli adolescenti in Irlanda. “ADHD and Covid-19: current roadblocks and future opportunities” prende in considerazione l’impatto della pandemia di Covid-19 sulla fornitura di servizi di salute mentale per i giovani con ADHD. Si riferisce anche alle difficoltà che sono state vissute in ADMiRE, un servizio specializzato nell’ADHD a Dublino, dallo scoppio del Covid-19 in Irlanda. Vengono discusse le linee guida attuali e le modalità alternative per garantire un’adeguata fornitura di servizi.

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Ilaria Cicconi

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