Il traffico illegale di animali selvatici genera ogni anno un enorme indotto a livello mondiale. Oltre a mettere a rischio la biodiversità e a causare l’estinzione di specie mette anche a rischio la nostra salute. Quando si parla di ambiente è infatti molto difficile non parlare anche di salute. E con essa dei danni che il degrado ambientale provoca agli esseri umani. Il binomio salute ambiente è infatti un binomio inscindibile.
L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto e il suo Presidente, l’Avvocato Ezio Bonanni, consapevoli di questa inscindibilità promuovono la salvaguardia ambientale, perché senza di essa non può esistere tutela della salute. Si occupano di prevenzione rispetto al rischio di esposizione ad amianto e ad altri cancerogeni e di tutela medica e legale degli esposti.
Traffico di animali selvatici: cos’è?
Il traffico di animali selvatici è il commercio di animali selvatici in forma illegale. Si tratta dunque di un reato che viene di solito perpetrato dalle cosiddette ecomafie. Vere e proprie organizzazioni criminali che nel corso del tempo hanno creato una ampia rete per la cattura, il reperimento, il trasporto e la vendita di animali selvatici.
Il commercio include animali vivi, che vengono venduti come animali domestici o da collezione, e membra di animali selvatici. Queste ultime sono richieste per i loro presunti poteri curativi ed usate nella medicina tradizionale orientale. In altri casi vengono considerate parti fondamentali di amuleti, oppure vendute ai collezionisti. Corni, pelli, palchi e ossa possono essere acquistati come trofei. La bile degli orsi tibetani, le pinne di squalo, le scaglie di pangolino sono solo alcuni degli ingredienti della farmacopea popolare orientale che alimentano il traffico animali selvatici.
Traffico illegale di animali: quanto vale?
Il giro d’affari del commercio illegale di fauna, secondo un report del Sole 24 Ore su dati del 2017, vale oltre 23 miliardi di dollari. A questa cifra si aggiungono i 36 miliardi della pesca illegale, il disboscamento illegale (157 miliardi) e ovviamente il volume immenso del commercio di specie protette regolamentato dalla Convenzione internazionale CITES. Questo è stimato per la sola Unione Europea per oltre 100 miliardi di euro all’anno.
Quello del commercio illegale di animali è quindi un giro di denaro immenso, preceduto solo dal traffico di armi e droga. Gli animali selvatici vengono comprati a prezzi piuttosto bassi, ma il loro valore aumenta passando da un’acquirente all’altro della rete del traffico illegale.
La mortalità degli animali vivi è in effetti molto alta e si calcola che solo il 20% di essi sopravviva al viaggio. Di questi solo il 5% sopravvive ad un anno dalla cattura.
Traffico di animali e zoonosi
Sin dagli albori dell’evoluzione umana l’uomo è stato soggetto a malattie trasmesse dagli altri animali. Le civiltà di cacciatori-raccoglitori, divise in piccole tribù, non hanno avuto a che fare con grandi epidemie. Le grandi epidemie (di peste, di vaiolo ecc…) iniziano infatti ad affliggere la nostra specie a partire dalla rivoluzione agricola. Con l’ingrandirsi delle comunità, l’intensificarsi dei contatti tra comunità diverse e con l’allevamento degli animali le probabilità aumentano. Inizia così la storia delle zoonosi, ovvero delle malattie che si trasmettono dagli animali all’uomo.
Con la rivoluzione industriale il rischio di zoonosi e di epidemie aumenta ulteriormente. Si assottiglia infatti oltre misura lo spazio naturale (di foreste e natura selvaggia) che offre un cuscinetto che ammortizza il diffondersi delle malattie. Questo a causa della deforestazione e del degrado ambientale.
Oggi abbiamo sperimentato per la prima volta cosa significa l’evolversi di una pandemia, di una epidemia che coinvolge cioè l’intero globo. Quei cuscinetti di cui abbiamo parlato, infatti, non esistono quasi più e il traffico di animali selvatici, di proporzioni anch’esse globali, aumenta il rischio di zoonosi.
Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità sono oltre 200 le zoonosi conosciute. Tra queste ce ne sono alcune note, come la rabbia, la leptospirosi, l’antrace, la SARS, la MERS, la febbre gialla, l’AIDS e Ebola. Ma esiste un reale rischio per il futuro legato a nuove patologie “emergenti”.
Covid-19 e traffico illegale di animali selvatici
La pandemia da Covid-19 è l’esempio lampante di questa situazione. In seguito al fenomeno dello spillover il Coronavirus sarebbe passato dagli animali selvatici all’uomo, causando la pandemia che tutti abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
In molti paesi orientali esistono mercati dove è possibile procacciarsi direttamente animali selvatici senza seguire particolari norme igieniche, favorendo il cosiddetto spillover. Nel caso del Covid-19 non siamo certi di come la malattia si sia originata, ma sappiamo che ha raggiunto l’essere umano attraverso la mediazione di una o più specie selvatiche, che erano oggetto di traffici illeciti.
Nella enorme rete coinvolta in questo commercio gli animali selvatici vengono procacciati attraverso il bracconaccio e trasportati in tutto il mondo senza seguire alcuna alcuna norma igienica e restrizione governativa.
Il paradosso è che, in seguito alla pandemia da Covid-19, il bracconaggio è addirittura aumentato. Meno turismo internazionale e meno controlli hanno dato infatti il via libera alle azioni di bracconaggio e ad un maggiore reperimento delle materie prime.
Conseguenze del traffico di animali selvatici
Come abbiamo già visto, dunque, il traffico illegale di animali selvatici, può avere serie conseguenze sulla nostra salute. Può veicolare zoonosi di vecchie malattie conosciute e nuove e favorire epidemie e pandemie.
Molte specie corrono inoltre il rischio di estinzione a causa del prelievo forzato in natura. Ricordiamo il caso del rinoceronte bianco settentrionale estintosi proprio a causa del suo prezioso corno. Il rinoceronte bianco meridionale invece, sebbene minacciato, è in aumento negli ultimi anni.
Anche la perdita di biodiversità è connessa non solo a disastri ambientali ma anche a rischi per la salute. Gli ambienti con poca diversità sono infatti più fragili e meno resilienti. In caso di attacchi esterni (come malattie o incendi) rischiano di scomparire con gravi danni e sconvolgimenti alla catena alimentare e alla quantità e qualità della nostra alimentazione.
Rimedi e soluzioni
La sensibilizzazione dei cittadini al pericolo del commercio di animali selvatici per la salute umana, gioca un ruolo fondamentale. Un commercio lucrativo (solo per alcuni) ha finito con il diventare una fonte di preoccupazione per la salute dell’intera società. In questa fase così delicata del rapporto tra l’uomo e l’ambiente anche la sensibilizzazione nei confronti della perdita drammatica di biodiversità gioca un ruolo importante.
Sulla crescente attenzione su questi temi possono fare leva i governi a favore di norme più restrittive sul bracconaggio e sul traffico illecito.
Molti progetti di conservazione in Asia, Africa e America meridionale prevedono la creazione di squadre anti-bracconaggio per contenere il fenomeno della cattura e/o uccisione di fauna selvatica e della vendita nei mercati clandestini di animali o parti di essi.
Bracconaggio e traffico di animali selvatici in Italia
L’Italia non è esente da fenomeni di bracconaggio e cattura di fauna selvatica, con zone particolarmente calde come le Valli bresciane, le isole tirreniche o lo Stretto di Messina, zona particolarmente calda per l’avifauna a rischio.
Nel suo annuale rapporto sulle ecomafie, Legambiente ha individuato, dal 2009 al 2020, 35.500 illeciti in tema di bracconaggio e traffico di animali selvatici. Sono 2.960 ogni anno, ovvero quasi 250 al mese. Il numero più alto di illeciti accertati è stato riscontrato nel Lazio, Lombardia e Campania.
Legge a tutela della fauna selvatica in Italia
La legge n. 157/1992 tutela la fauna selvatica omeoterma (mammiferi e uccelli) e disciplina l’attività venatoria. Questa legge, approvata nel secolo scorso, risulta ormai datata e non più rispondente alle urgenze connesse con la crisi della biodiversità. Infatti tutela solo un misero 1,1% di tutte le specie animali presenti stabilmente o temporaneamente nel nostro territorio (643 specie tutelate contro un numero di 57.460 specie e sottospecie di animali selvatici in Italia). Regolamenta l’attività venatoria ma non altre attività umane, come agricoltura, forestazione e viabilità.
Legambiente ha sottolineato la necessità di modificare questa legge, inserendo anche i delitti per gli illeciti contro gli animali selvatici nel codice penale, regolamentando la coesistenza con le tante attività umane che quotidianamente hanno relazione con la fauna selvatica. Prevedendo inoltre adeguati strumenti e risorse affinché ciò si realizzi, compreso il rafforzamento del sistema sanitario veterinario per la prevenzione di zoonosi e patologie animali che possano avere pesanti ricadute sociali.
Antonino Morabito, Responsabile nazionale Cites, Fauna e Benessere animale di Legambiente, conclude: “Le molteplici esigenze di tipo sanitario che hanno travolto la società in questi ultimi anni rendono ancor più urgente tale intervento”.