Intervista alla dottoressa Maria Serena Barreca, psicologa, psicoterapeuta, didatta e Supervisore in Analisi Transazionale T.S.T.A.-P, docente presso il Centro di Psicologia Dinamica (CPD) di Padova, docente e Supervisore presso La SIFP di Roma
Lo stalker è un fenomeno sempre più diffuso e, purtroppo, spesso sottovalutato. Nonostante sia ormai condannato a livello giudiziario, spesso la vittima non denuncia perché anch’essa complice di un modo di fare malato. Questo, come ci spiegherà la dottoressa Maria Serena Barreca, psicoterapeuta, avviene nelle coppie in cui uno dei due inizia ad avere questo tipo di atteggiamento. Esistono vari tipi di stalker ma oggi ci soffermeremo sul più diffuso, il tipo affettivo, per capire quali sono i campanelli d’allarme e cosa si nasconde dietro questo comportamento persecutorio. Ci metteremo dalla parte “dell’altro” in modo da comprendere quali vissuti e mancanze possono portare un soggetto a circuire una persona e cosa si può fare per prevenire e curare.
Dottoressa come si può capire se una persona sta iniziando ad adottare un comportamento da stalker e se è pericolosa?
«Io penso che ci sia un po’ di confusione in generale tra quelle che sono le violenze nelle pareti domestiche e l’aggressività da quello che è un comportamento di stalker.
Sono completamente aree diverse.
Professionalmente è importante sapere che lo stalker non è una diagnosi.
Si fa diagnosi di un comportamento di stalker.
Non è il comportamento che fa la diagnosi, ma il comportamento rivela un sintomo.
Dobbiamo innanzitutto capire che cos’è e cosa rivela questo atteggiamento dello stalker».
Esiste un unico tipo di comportamento da stalker?
«Ci sono cinque tipologie riconosciute. La tipologia di stalker risentito, del cercatore di intimità, del corteggiatore inadeguato, del rifiutato e del predatore che è il più pericoloso e può arrivare ad uccidere la vittima. Per quanto riguarda il comportamento di stalker non si può generalizzare. Oggi voglio focalizzarmi sul tipo di stalker affettivo, ovvero quello che cerca affetto e dove, in genere, la vittima cade proprio su questa ricerca dell’affettività. Questo perché nelle relazioni cerchiamo molto l’amore normalmente e umanamente. È importante descrivere chi è la persona che ha un comportamento di stalker dove, però, alla base c’è la ricerca di affettività. Quindi non di possedere ma di essere amato».
Il bisogno di affettività di questa persona potrebbe essere dovuto al fatto che non ha avuto, ad esempio, nell’infanzia affetto dai genitori? Come si manifesta a livello comportamentale nella relazione?
«Questo tipo di persona cerca un legame intimo che può essere anche di amicizia o di amore sessuale, romantico o anche di tipo materno o fraterno. In genere conduce una vita solitaria ed è alla ricerca, in questa sua solitudine, di questo tipo di legame».
Che tipo di comportamento presenta a livello visibile?
«In genere quando sceglie una reazione ha due comportamenti ambivalenti, non coerenti. Uno è quello di trattare la partner (ad esempio la donna) in modo molto attento, gentile. Il classico principe azzurro. E poi l’altro comportamento che si contraddice con quello precedente: la rimprovera all’improvviso definendola insensibile e crudele.
Nella relazione attraversa diverse fasi ed è importante conoscerle. Come la fase della seduzione. Queste persone sono molto intuitive perché sanno cogliere quello di cui la vittima ha bisogno. Le dà esattamente quello che le manca e che desidera. Di conseguenza la donna è molto presa perché finalmente ha trovato l’uomo delle sue fantasie che la comprende, la anticipa, indovina, la riempie emotivamente».
Per fare questo lo stalker, che sia donna o uomo, analizza il comportamento dell’altro
«Sì, esattamente dopo aver sedotto la donna, si adegua a quelle che sono le richieste della partner, comincia la fase dell’isolamento che è la seconda fase. Ci si accorge che gradualmente comincia a isolare la vittima da alcune relazioni significative. Dai parenti, dagli amici facendo in modo che diventi importante esclusivamente la loro relazione».
È un uomo che ha scelto di isolarsi oppure è isolato perché essendo un soggetto disturbato non riesce a trovare amici e ad avere legami sociali?
«Perché è una persona che non ha sviluppato delle relazioni sociali autentiche ma solo come uno strumento per arrivare al suo obiettivo. Cioè quello di avere una figura di accudimento che abbia le caratteristiche che nella sua mente gli servono per sentirsi rassicurato.
Per lo stalker questo aspetto sociale ha un obiettivo ben specifico: possedere la figura che ha scelto che si prenda cura della sua affettività vuota. Per cui dopo la seduzione, dopo aver conquistato la donna comincia, ad isolarla. E questa persona si ritrova così, a lungo andare, senza contatti con amici e parenti».
In che modo lo fa? In maniera violenta oppure in maniera più subdola facendo sentire in colpa la donna o l’uomo in questione?
«Questa seduzione non è tanto subdola perché chi sceglie questo tipo di persona è complice.
Quando c’è un comportamento di stalker quello che spesso non si fa, per un motivo sociale, è avere in terapia la vittima per fare in modo che prenda consapevolezza (perché tutto questo è inconsapevole per la vittima, ma anche per lo stalker che non è completamente consapevole). Cioè, non è una persona che lo fa appositamente. Per lui tutto questo rientra in una normalità di stare in relazione. Per cui quello che non si pensa è che la vittima possa essere una co- stalker».
La vittima accetta questi comportamenti perché, evidentemente, ne ha bisogno?
«Sì, perché si agganciano psicologicamente un po’ come la moglie di un alcolista. È una complice dell’alcolismo tant’è che lo protegge. Ad esempio, ci sono persone che sono state picchiate dal marito e lo giustificano perché sono psicologicamente complici, cioè l’uno non può fare a meno dell’altro.
Questo si poggia su un meccanismo che tecnicamente parlando si chiama “identificazione proiettiva”.
Per cui uno porta nell’altro quello che non riconosce in sé completandosi nell’altro. Sono relazioni che difficilmente si possono rompere tant’è che nessun amico, parente o vicino riesce a fare in modo di convincere la futura vittima a lasciare questa persona. Perché l’uno è un completamento dell’altro, tutto a livello inconsapevole.
Proprio in questa fase è facile isolare la vittima.
Questo, però, poi, porta ad un’altra fase in cui cominciano dei livelli di tensione. Perché le aspettative dell’uno o dell’altro non vengono soddisfatte con il passare del tempo.
E quindi comincia una fase di tensione che è la terza fase. Tutti e due si rendono conto che c’è un momento di tensione nella loro coppia, solo che non vedono qual è l’oggetto della tensione; quindi, si basano su quello che succede in tutte le coppie (non andiamo d’accordo) e si sottovaluta la situazione. Poi la fase dell’attacco.
A questo punto il comportamento dello stalker comincia ad essere più duro: alza la voce, minaccia, critica, comincia a mettersi in evidenza un comportamento aggressivo che non vuol dire rabbia. Perché dietro il comportamento aggressivo non c’è solo la rabbia, ma può esserci la disperazione, ad esempio.
Quando si rende conto che la vittima comincia a non essere quella che lui vorrebbe perché idealizzata e non realistica attacca per paura di perderla.
Ognuna di queste fasi è caratterizzata dal bisogno di possedere che non è gelosia. Questo tipo di stalker si comporta come un bambino piccolo che non è geloso della mamma ma la vuole possedere (è un oggetto che appartiene a me)».
Qual è il punto del blocco della fascia evolutiva di questa persona?
«Prima di risponderle a questa domanda, preferisco completare l’argomento delle fasi che si susseguono nella relazione.
Ognuna di queste fasi può essere riconosciuta dalla persona che adotta questo comportamento se viene fatta una psicoterapia conoscendo la parte psicologica che sta alla base di questo atteggiamento. Se invece non viene presa la consapevolezza le fasi vanno avanti.
Dopo l’attacco lo stalker si rende conto che l’altro comincia a volersi allontanare e inizia la fase delle scuse (porta fiori, regali, si scusa per il suo comportamento giustificandosi). è come avere un guinzaglio dei cagnolini a scatto, ti allontani, però se ti allontani troppo devo riprenderti.
Ammette che qualcosa non è stato adeguato da parte sua dicendo che è un periodo difficile per lui utilizzando scuse reali.
Poi c’è la fase della riconciliazione. Dopo essersi riappacificati ricomincia tutto da capo. È una circolarità che si ripropone, ovviamente l’escalation è sempre più alta e si può arrivare a degli attacchi anche fisici, all‘aggressività vera e propria».
Lo stalker che cerca l’affettività difficilmente arriva ad uccidere
«Più il tipo del predatore. Per lo stalker in cerca di affettività è più importante non perdere la persona su cui ha riversato la sua necessità di ricevere l’affetto».
Bisogna conoscere quello che sta alla base del comportamento per poter prevenire prima che lo stalker diventi aggressivo
«Per prevenzione noi clinici dobbiamo sapere che tipo di modello di attaccamento hanno avuto queste persone perché, se ripropongono questa modalità è perché qualcosa nella loro relazione più significativa è stato malfatto e quindi loro cercano di soddisfare quello che tanti anni prima non hanno avuto. E cercano di farlo in maniera infantile isolando la persona. Quando lo stalker si arrabbia e la vittima se ne va si pensa all’età del bambino nella prima fascia, non vuole che la madre se ne vada e lo lasci (perlomeno sotto i 7 anni), si arrabbia piange e cerca in tutti i modi di trattenerla.
Quindi è una modalità molto infantile di concepire la affettività non matura ed evoluta che anche a 30,40, 50 anni questo tipo di persona può continuare a ripristinare nella sua vita». Quindi il blocco evolutivo riguarda il periodo “simbiotico” non risolto».
Quale tipo di comportamento da parte della madre o della figura infantile di riferimento può provocare nell’adulto queste problematiche?
«Quando il bambino richiede qualcosa perché sa che ne ha bisogno e la figura di accudimento (FDA) si rifiuta di ascoltarlo. L’altro comportamento avviene quando è la figura di accudimento che ha bisogno di essere affettuosa con il bambino. È evidente che la risposta alla richiesta della madre da parte del bambino non è stata data subito.
Ad esempio, se io ho sete e non mi dai l’acqua adesso ma me la dai tra tre ore, quando non ho più sete non hai risposto alla mia richiesta. Quindi, non c’è la sintonizzazione tra il bambino e la figura di accudimento e magari la figura di accudimento diventa estremamente affettuosa quando il bambino non ne ha bisogno.
Quindi non è per il bambino che la figura di accudimento è presente ma è presente per sé stessa».
È necessario soddisfare subito i bisogni del bambino a quell’età perché non ci siano queste problematiche
«Bisogna vedere quanto la madre sta cercando di riempire qualcosa dentro di sé e utilizza il figlio per questo. Di conseguenza, quando diventa adulto, questo tipo di uomo, sceglie la partner con delle caratteristiche simili alle figure di accudimento che ha avuto. Non c’è la sintonizzazione. Perché tutte e due richiedono di essere attenti ai loro bisogni.
Quindi anche la vittima vuole che lui sia a sua disposizione. Ad esempio: “Ma non hai capito che io ho bisogno di questo? Tu invece non capisci che ancora stavo aspettando che tu facessi questo?” Ed è lì che i due “IO” vanno in competizione tra loro e subentra l’escalation della tensione perché nessuno dei due ha mai attraversato quella fascia evolutiva dove dopo l’IO c’è anche l’IO dell’altro. Poi c’è l’IO con TE e TU con ME. Non l’hanno superata non ci sono arrivati. Spesso sono bloccati sotto l’anno di vita. Dove è fondamentale il loro IO non l’IO dell’altro».
Quindi è un atteggiamento egoista
«Non è neanche egoismo perché qui dovrei distinguere quello che Freud chiamava il narcisismo primario da quello secondario, cioè, quando si è piccoli è giusto che il bambino sia completamente centrato sul proprio narcisismo.
Quindi l’altro deve cercare di soddisfare subito i suoi bisogni perché, anche a livello neurologico, l’attesa non può sopportarla; quindi, bisogna essere molto più a disposizione del bambino piccolo rispetto a sé stessi. Nella normalità di genitori dovremmo pensare a fare questo e favorire quel sano narcisismo dove l’IO è centrale.
Dopodiché il bambino, quando cresce, deve imparare che oltre il suo IO esiste l’IO dell’altro. Ha l’età di poter aspettare. A questo punto si arrabbia perché il senso di onnipotenza comincia a sgretolarsi (come non sono più il principe?Pensa il bambino).
Di quale età, approssimativamente, stiamo parlando?
Orientativamente avviene verso i 2 anni quando il bambino comincia avere il senso dell’altro (che esiste la mamma e che non è possibile avere sempre tutto subito) e si arrabbia tantissimo. È lo stesso comportamento dello stalker che si arrabbia molto quando la partner gli dice no. È il bambino che si arrabbia a cui sfugge quello che neanche sa perché non è mai stato soddisfatto da bambino.
Quindi vuole la compagna/ mamma a sua disposizione. È un amore immaturo, non è assenza di amore, come spesso si sente attraverso le trasmissioni. È un modo di amare infantile. Ma lo stesso la vittima.
L’egoismo invece non è il narcisismo, ma è quando io so che esiste anche il tuo “IO” ma non lo considero perché il mio è più importante e faccio sopraffazione su di te. Qui si sviluppa il narcisismo secondario quello patologico. Quindi stiamo parlando di quella fase evolutiva lì».
Come se ne accorge la persona?
«Perché non ha mai spazio per sé stessa perché l’altro continua a chiedere e a trovare dei buoni motivi. Quando gli fa presente il suo dice sempre sì, però tu non sei più tenera e sensibile come prima durante il periodo della seduzione. E quindi gli si propone davanti di nuovo la figura di accudimento che invece di essere attenta a lui è attenta sé stessa. Quindi non c’è la distinzione e la separazione tra la figura di accudimento originaria e quella che ha di fronte a sé stesso. Ed è inconsapevole tutto questo. Possiamo dire che il loro stile di attaccamento è ansioso e ambivalente. Vanno completamente in ansia e non riescono a gestirla, a contenerla come fanno i bambini. Vogliono subito la risposta non hanno un contenitore e il loro contenuto deve essere soddisfatto subito».
Cosa può fare lo psicoterapeuta?
«Ci dovrebbe essere un corso prima di fare un figlio perché, ad esempio, una madre che rimane incinta e dall’ecografia si accorge che magari il figlio è maschio e, invece, desiderava una femmina può avere un atteggiamento rifiutante e potrebbe crescere questo bambino come se fosse una femmina.
Quindi come si fa il corso di preparazione al matrimonio ci dovrebbe essere un corso di preparazione a diventare genitori.
Una donna che ha una relazione con uno stalker può accorgersi che diventa faticoso stare in relazione e farsi ascoltare. È necessario trovare un punto in comune e cominciare a fare un dialogo con uno psicologo per capire che tipo di uomo ha scelto e per quale motivo si è innamorata di quell’uomo.
Non dico che non è amore, ma è il tipo è innamoramento che le persone scelgono di avere.
Solo che un conto è che si arrabbia un bambino di 3 anni un altro è un uomo di 30 o di 50.
Un altro segnale importante dopo la fase di innamoramento dove tutto quanto sembra perfetto è vedere quanto dura. Se si continua a non vedere questi difetti o a pensare che la vittima li ha provocati. È importante che le persone capiscano quando cominciano ad avere delle relazioni non contemplate in un contesto realistico, c’è qualcosa che non sta funzionando e c’è un disagio. Però una non può fare a meno dell’altro e subisce quel che poi diventa un malessere per loro».
Il tipo di persona affetto da stalker è psicotica?
«O ha una struttura psicotica che sono quelli più gravi (predatori) oppure sono organizzazioni di personalità perché non hanno ancora raggiunto la struttura che sono quelli marginali narcisistico o borderline».
È difficile che uno stalker da solo si renda conto della propria patologia?
«Sì, perché non vede sé stesso ma si vede un pezzo in relazione all’altro. Hanno relazioni parziali anche con loro stesse si idealizzano.
E idealizzano l’altro all’inizio. Quindi se non l’altro non corrisponde a quello che desideravano si arrabbiano.
Il criterio più semplice da dare alle persone che leggono è di essere sensibili quando c’è una sorpresa che prima non si aspettavano di ricevere e, piuttosto che giustificarlo dicendo “è colpa mia” dovrebbero cominciare a parlarne con qualcuno.
Perché si può anche fare una terapia con la vittima e con l’altro per poter capire insieme. Non sto dicendo che è una coppia che non può esistere insieme. Certo se l’escalation va avanti non possono più stare insieme, ma all’inizio potrebbero crescere insieme. E trasformare l’amore infantile in un amore più maturo. Questo per dire che non sono a favore di scoppiare una coppia. Però bisogna vedere a quelle stadio evolutivo vengono presi».
È importante la prevenzione?
«Sì, perché se loro vengono sensibilizzarti prima qualcosa si può fare e questo vale, anche per gli adolescenti dopo i 16-17 anni 18 anni perché non sono più bambini e, se c’è bisogno, si può fare un lavoro preventivo».