Femminicidio: il nuovo progetto per aiutare gli orfani

Orfani dei femminicidi. Il progetto per abbracciare quei bambini che hanno perso i loro cari in maniera atroce. Perché ogni giorno ci sono sempre più vittime e come potersi difendere

È stato presentato a Bologna il progetto “Orphan of Feminicide Invisible Victim” promosso dalla cooperativa Iside attraverso la partecipazione al bando “A braccia aperte”, dell’impresa sociale “Con i Bambini”.

Un’iniziativa che pone ancor di più l’accento su un grave problema a livello mondiale: il femminicidio. Purtroppo, secondo i dati raccolti da Eures sulle Regioni che sono interessate al progetto 159 bambini minorenni sono rimasti orfani in seguito a 97 casi di femminicidi. E questi dati riguardano i femminicidi avvenuti dal 2009 al 2021. Sono dati nazionali ma non tutte le regioni hanno aderito. Il progetto coinvolge 18 partner (tra cui “Case delle donne”, aziende sanitarie, università e associazioni) distribuiti in sei Regioni (Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Trentino Alto-Adige, Veneto e Campania) e riceverà un contributo di circa 100mila euro.

Un progetto importante che prevede un sostegno psicologico

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I bambini che hanno perso la madre in questo modo purtroppo hanno subito un trauma profondo e indelebile. Sono ferite che rimarranno per sempre. Un ragazzo che assiste a questo tipo di violenza all’interno del nucleo familiare può soffrire di disturbi emotivi e del comportamento. Questo è innegabile ma, con la forza e il sostegno di persone competenti, si possono “superare” anche traumi di questo tipo. Cioè si può vivere una vita normale non arginando il caso ma avendo consapevolezza e facendosi aiutare da esperti. Il progetto, infatti, prevede oltre a una mappatura più approfondita del fenomeno, anche un percorso di supporto psicologico e reinserimento sociale e educativo. Questo per gli orfani dai 0 ai 22 anni, oltre all’aiuto materiale per le famiglie affidatarie.

La violenza sulle donne e il femminicidio: i segnali da non sottovalutare

Donne uccise, stuprate, torturate. Com’è possibile che un numero così alto di ragazze siano uccise proprio dai loro compagni?

La violenza è un atto di terrore e di sottomissione. Si cela dietro uno sguardo, piccoli comportamenti aggressivi e manipolatori, tendenze narcisistiche che, spesso, purtroppo, non vengono notate.

I campanelli d’allarme sono tanti e vengono sottovalutati. L’errore più comune delle donne che finiscono per essere uccise è proprio quello di pensare di poter cambiare l’altro o di andare avanti. E il carnefice lo sa. Gioca su questo. La donna diventa oggetto di possesso e non più strumento d’amore alla pari ma di un amore malato, dominante e soffocante. Bisogna denunciare subito.

Lo sguardo della violenza suscita paura nelle vittime. E questo è senz’altro l’errore più grave. La paura è ciò di cui il carnefice, che sia un sadico, geloso, ossessivo o psicotico si nutre.

“Mi guardò con gli occhi arrabbiati e io lo fissai. Mi puntava il coltello. Voleva uccidermi- dichiara una donna che ha subito violenza “. “Con tutta la forza che avevo dentro cercai, in quel momento, di non avere paura perché sapevo che se avesse percepito questo, mi avrebbe accoltellata. “Non ho paura di te”risponde la donna. “Non è con la violenza che puoi dimostrarmi di essere uomo ma con la testa. È facile dominare con il corpo. Peccato che non hai altro modo che le mani. Questo non vuol dire essere un uomo”. Il compagno si voltò e uscì di casa- conclude.

Se la donna si fosse comportata diversamente probabilmente sarebbe stata una delle tante vittime di femminicidio. Invece il coraggio l’ha salvata. L’amore per sé stessa e per i suoi sogni, l’allontanarsi da un uomo ossessivo e malato. È difficile ma, come, scriveva Erich Fromm, se non si ama se stessi non si può amare gli altri. Purtroppo, però. A volte il coraggio non basta. Bisogna allontanarsi subito. Sono troppe le donne uccise per rabbia, gelosia, possesso o vendetta.

Femminicidio: come uscire dal vortice della dipendenza da un uomo violento

Non è semplice poiché i rapporti che creiamo e le persone da cui si è attratti sono sempre persone che in qualche modo ci ricordano qualcosa della nostra infanzia. Quindi cambiare sé stessi e amarsi è il primo passo per allontanarsi da un rapporto malato.

Molti uomini e donne rimangono legati a persone che in realtà li hanno maltrattati

Forse si sono sentiti trattati male da bambini, una madre o un padre poco amorevole e che chiedeva troppo. Hanno subito violenze fisiche e psicologiche da coloro che dovevano proteggerli e giustificavano i comportamenti malati del partner perché ” giustificavano” quelli del genitore.

Oppure hanno dovuto “salvare” il genitore problematico che li ha sovraccaricati finendo così attratti da persone da salvare o, al contrario, allontanando la persona che ricorda quel genitore”. E, purtroppo, si arriva al femminicidio.

Ne parliamo con il dottor Francesco Minelli psicoterapeuta specializzato in psicoterapia psicodinamica

A livello fisico, quando un bambino subisce una grave violenza psicologica, può lasciare danni permanenti?

«Si. Chiaramente qui ci ricolleghiamo al concetto di trauma. Se la violenza è molto forte può causare disturbi psicosomatici, ansia e altre problematiche perché il corpo è in uno stato di allerta.

Il trauma emotivo se non gestito non solo può causare patologie psichiche ma anche dipendenze come quella da sostanze stupefacenti. Per questo molte donne non riescono a lasciare un partner abusante: c’è stata una fase in cui è stato diverso, più bello, affettivo e comprensivo e quindi c’è sempre la speranza di farlo tornare a quello di un tempo».

Si parla molto di femminicidio e violenza psicologica sulle donne. Molte vengono uccise dal compagno. Ci sono situazioni in cui, queste donne, nonostante i segnali di violenza, soffrono e diventano dipendenti giustificando il partner aggressivo, una sorta di manipolatore psicologico, che le fa sentire in colpa e si mettono in una posizione “giustificante”. Per la famiglia ad esempio. Si pensa di meritare di essere trattata così.

«Alcune dinamiche si creano a causa del passato e dell’infanzia, quindi, in età adulta, la donna oggetto di manipolazione e violenza, tende ad incolparsi, è fragile e diventa “strumento” del partner. Cerca l’affetto ma rimettendo in atto dinamiche che ha imparato nella famiglia d’origine (più o meno consapevolmente) e ricreando cicli. Questi cicli la portano a “soffrire” in modi a lei familiari pur di evitare la sofferenza dell’abbandono e dell’isolamento».

Queste persone, uomo o donna, che applicano questo tipo di violenza sul partner sono, a loro volta, vittime di violenza? Hanno bisogno di controllo?

«Spesso (ma non si può sempre generalizzare) colui che commette violenza ha alle spalle una storia di maltrattamenti, violenze e abusi. Questo porta ad accumulare emozioni dolorose e intense tra le quali la rabbia.

Dominare l’altro può essere un tentativo di superare il senso di impotenza che si è vissuto da bambini, quando non si avevano gli strumenti per difendersi. Quando ci viene fatto del male la rabbia può accumularsi, così come il senso di impotenza e di sopraffazione e così da adulti molti individui trovano un “capro espiatorio” per vendicarsi e sfogare tutto ciò che hanno dovuto vivere durante l’infanzia. Ciò non li giustifica, ovviamente, ma può permettere di comprendere più a fondo come la violenza può trasferirsi di generazione in generazione».

Il femminicidio: aumentano le vittime i dati in Italia e nel mondo

Nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3.
In Italia secondo i dati del Report del Servizio analisi criminale della Direzione Centrale Polizia Criminale (aggiornato al 6 marzo 2022) nel 2021 sono stati 119 gli omicidi con vittime di sesso femminile, a fronte dei 117 dello stesso periodo del 2020. Quindi i femminicidi aumentano e le donne uccise in ambito familiare nel 2021 sono state 103 rispetto alle 101 del 2020. Riguardo il movente, nel primo semestre 2021 il 44% delle donne è stata uccisa per “lite/futili motivi”.

Secondo il Rapporto Istat 2019 sulle donne vittime di omicidi, delle 111 donne uccise nel 2019, l’88,3% è stata uccisa da una persona conosciuta. In particolare, il 49,5% dei casi dal partner attuale e l’11,7%, dal partner precedente.

L’amore è libertà

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“Nessuno può farti sentire infelice se tu non glielo consenti”. Franklin Delano Roosvelt

Mentre, invece, l’amore è libertà. E scegliersi ogni giorno. Amarsi e rispettarsi proprio perché avere vicino quell’uomo o quella donna sono un valore aggiunto alla vita di una persona. Bisogna prima star bene con sé stessi e sentirsi completi. Nessuno può completare o riempire i vuoti dell’altro. Bisogna avere il coraggio di guardarsi dentro anche se a volte può essere doloroso, ma è necessario per la propria crescita personale, per amarsi e rispettare sé stessi.

E se si ha bisogno di aiuto non ci si deve vergognare. Ammettere di avere un problema è il primo passo per il cambiamento. È vero, cambiare comporta sofferenza ma è l’unico modo per essere felici. Solo stando bene con sé stessi, anche in solitudine, si può stare bene con gli altri.

È una scelta. Non un’imposizione della società che spesso vuole la donna madre perfetta, casalinga, moglie e lavoratrice perfetta. Nessuno lo è. Ed è proprio l’imperfezione che ci rende unici. Sociali. Diversi. Avere il coraggio di fare un passo indietro e dire ho sbagliato oppure ho bisogno di aiuto non solo è sintomo di intelligenza ma anche di forza e maturità.

Bisogna sempre porsi delle domande. E la vita se vissuta con consapevolezza e con uno sguardo diverso può renderci migliori. Saper affrontare e superare una violenza e rinascere. È questa la vera vittoria. La strada che porta alla felicità. E ci saranno sempre ostacoli e persone che proveranno a turbare il nostro equilibrio ma “nessuno può farci del male se non glielo consentiamo”.

Autore: Ilaria Cicconi