Il ritardo diagnostico configura un tipico esempio di errore e colpa medica. Secondo quanto recita l’art. 1176 c.c., il professionista medico-sanitario ha l’obbligo di assistere il paziente con diligenza, prudenza e perizia. In caso contrario, si andrà a concretizzare un danno alla salute del paziente, che risulterà ostacolato nel processo di guarigione e miglioramento delle condizioni stesse.
Ritardo diagnostico: assistenza per risarcimento danni
L’associazione ONA, Osservatorio Nazionale Amianto, considera da sempre il diritto alla salute come il bene primario da tutelare. Per questo motivo, si offre assistenza a tutti coloro che hanno subito danni per colpa medica.
In caso di responsabilità, contrattuale od extracontrattuale, del professionista medico, l’ONA garantisce assistenza sia medica che legale, al fine di offrire la necessaria tutela giuridica a tutte le vittime di ritardo diagnostico ed omessa diagnosi medica, alias colpa medica. Questi possono richiedere il riconoscimento del risarcimento ritardo diagnosi o del risarcimento mancata terapia.
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L’errore medico: la condotta del professionista sanitario
Nell’arco dell’esercizio della propria professione, in un contesto di sanità pubblica e/o privata, non di rado può accadere che, il medico professionista sanitario, possa incappare in un errore medico. Condotta attiva e/o omissiva, fonte di responsabilità medica.
In effetti, se si dovesse accertare che il sanitario sia rimproverabile di non aver agito correttamente, si andrà a configurare la responsabilità medica per mancata o errata diagnosi.
Secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione (sent. Cass. n. 12968/2021), l’errore diagnostico si configura anche nel caso in cui il medico dovesse omettere di eseguire o disporre controlli o accertamenti doverosi. In alcuni casi di diagnosi errata risarcimento danni è previsto.
Orbene, il comportamento dei sanitari deve essere sempre mirato alla tutela del bene assoluto più prezioso per l’essere umano: la salute. La Legge Gelli contiene tutte le linee guida, tanto deontologiche quanto giuridiche, che attualmente indirizzano il professionista medico e disciplinano risarcimento danni per errata diagnosi e ritardo terapeutico.
Ritardo diagnostico e la giurisprudenza di legittimità
L’importanza fondamentale della Sent. n. 343/2016 della Suprema Corte di Cassazione, la si ricollega al caso di specie. Nello specifico, il ritardo diagnosi, fonte di responsabilità medica professionale in riferimento ad una patologia tumorale, è stato ritenuto ragione sufficiente a costituire legittimo titolo di risarcimento per perdita di chance.
A tal proposito, la Corte di Cassazione ha dichiarato e ribadito a gran voce il principio secondo il quale, il medico, nell’esercizio della professione sanitaria, deve obbligatoriamente e necessariamente attenersi alle linee guida pacificamente condivise.
Inoltre, dimostra essere senz’altro censurabile, sempre a parer della Suprema Corte, la negligenza e superficialità del sanitario che mette in pratica una condotta omissiva, non adempiendo così al suo dovere di assistenza medica.
Risarcimento danni da ritardo diagnostico
Stando a quanto sottolineato ed evidenziato dalla Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza suddetta, l’orientamento giurisprudenziale sembrerebbe correre su uno stesso binario. Viene riconosciuto un danno risarcibile anche nelle ipotesi di danno da omessa diagnosi e perdita di chance.
Specificatamente, qualora siano applicabili determinate cure palliative, il danno risarcibile coincide con la concreta perdita della possibilità sia di rallentare e ritardare il decorso della malattia, che di poter vivere con meno sofferenze la propria fine. Infatti, la qualità della vita risulta essere corollario principale di una dignitosa esistenza umana.
Quanto invece al danno per perdita di chances, la giurisprudenza è unanime nel sostenere la sostanziale differenza ontologica della domanda di risarcimento da perdita di chances, rispetto a quella per mancato raggiungimento del risultato sperato. Nella prima ipotesi, la relativa domanda dovrà essere proposta autonomamente e specificamente in limine litis, ergo, in un momento precedente e preliminare rispetto al processo.
Danno da perdita di chances: orientamento giurisprudenziale
La recente evoluzione giurisprudenziale ha aiutato moltissimo a far chiarezza attorno al concetto di danno da perdita di chance. Tale terminologia, per un lungo periodo, è stata spesso mal utilizzata, assumendo così anche un significato improprio nell’ambito della responsabilità medica.
Si osservi come, nella maggior parte dei casi, compito della Suprema Corte di Cassazione è stato proprio quello di dirimere controversie originate dal peggioramento delle condizioni cliniche del paziente, se non addirittura dal suo decesso. Controversie, queste, conseguenti ad una mancata e tempestiva diagnosi della patologia in corso.
Tra le patologie più comunemente oggetto di tali tragiche situazioni, rientrano senza dubbio le malattie oncologiche. Difatti, quest’ultime, se non adeguatamente e tempestivamente diagnosticate, possono condurre al peggiore degli esiti infausti: la morte.
Grazie all’ordinanza n. 7260/18, Cass. civ. sez. III, la Suprema Corte di Cassazione ha offerto una nuova, e più comprensibile, chiave di lettura. In effetti, si è chiarito che, il danno subito dal paziente per mancata o errata diagnosi medica, non rientra nell’alveo della perdita di chance. Perciò per errata diagnosi medica risarcimento non comprende i danni da perdita di chance.
Sostanzialmente, non si può parlare di possibilità (di guarigione o miglioramento delle sofferenze), quando il danno patito dal soggetto non possa sostanziarsi nella perdita di possibilità di un risultato migliore. In particolare, il danno subito è riconducibile alla limitazione e negazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione umana. Essenzialmente, non possiamo considerare chance, e quindi eventi ipotetici ed incerti, se la situazione, su cui la ritardata diagnosi ha inciso, risulti essere certa ed esistente.
La concreta conoscenza dell’attuale stato di salute, infatti, permette il pieno e autonomo sviluppo della personale capacità di autodeterminazione. Pertanto, è da tale consapevolezza che deriva la possibilità, per ogni individuo, di decidere se sottoporsi a determinati trattamenti, oppure convivere con la malattia.
Danno tanatologico: pregiudizio quantitativo e qualitativo
Per merito sempre della Suprema Corte, con sent. Corte di Cassazione Civile, Sez. III, Sent. n. 16993/2015, si è stabilito che, in tema di danno alla persona conseguente a responsabilità medica, l’omissione della diagnosi di un processo di patologia terminale comporta un duplice pregiudizio. Ebbene, parliamo di un danno a livello sia quantitativo, che qualitativo.
Si noti anche che, come precisato dalla giurisprudenza di legittimità, l’omissione del caso viene rapportata alla possibilità di effettuare solo interventi di tipo palliativo. Una superficialità del professionista medico, in tali processi morbosi terminali, cagiona un inaccettabile danno per il paziente.
In tal modo, e come ben si può immaginare, il soggetto affetto da patologia caratterizzata da inevitabile esito infausto, dovrà affrontare e sopportare tutte le conseguenze di tale processo morboso. In poche parole , si dovrà sopportare un dolore che, se fosse avvenuta la tempestiva esecuzione dell’intervento palliativo, si sarebbe potuto alleviare.
Dunque, una condotta tale da parte del professionista medico, caratterizzata dall’omissione della diagnosi, riguarda due tipologie di perdita di chance. Da una parte, quella di poter effettivamente sperare in un periodo di vita quantitativamente più lungo, dall’altra, la perdita di conservare una qualità della vita migliore e più degna.
La sofferenza patita dalla vittima di ritardo diagnostico configura il c.d. “danno tanatologico“. Si tratta di un danno, questo, che la vittima subisce per la consapevolezza che, a causa della processo morboso della patologia di cui si è affetti, si avvicina la propria morte. Criterio base, per la determinazione del danno subito, è l’intensità della sofferenza provata.
Risarcimento danni per mancata diagnosi
Il diritto alla salute è il bene più importante. Un’eventuale condotta omissiva del sanitario è, inevitabilmente, sinonimo di diritto al risarcimento del danno per chiunque ne sia stato vittima. Perciò si può richiedere per mancata diagnosi risarcimento.
In caso di danno tanatologico, la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha statuito in merito alla sua risarcibilità (sent. Corte Cass. Civile, Sez. III, sent. n° 28989/2019). La linea tracciata dalla Corte segue un preciso iter temporale. Infatti, ai fini del rilevamento del danno biologico, al quale si aggiunge anche il morale, bisogna valutare il lasso di tempo che il processo morboso ha impiegato per giungere poi al decesso.
In sostanza, si farà riferimento all’intensità della sofferenza patita in quell’arco temporale, considerevolmente lungo, che si è concluso con l’inevitabile morte del paziente.
Nel caso in cui si dovesse essere vittime di mancata diagnosi o ritardo diagnostico, l’Associazione ONA tutelerà i diritti nel rispetto della legge. Per tali motivi, si garantisce il servizio di assistenza medica e legale, con il quale supportare il paziente in caso di danno biologico e morale per il ritardo nella diagnosi e mancata terapia.
Scopri quali sono i tuoi diritti consultando lo sportello on-line ONA di assistenza medica e legale gratuita, ricevendo in tal modo tutte le informazioni necessarie e fondamentali per la tutela del bene giuridico più importante di tutti: la salute.
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