La plastica, onnipresente nelle nostre vite, rappresenta un materiale fondamentale per la sua praticità e versatilità, ma anche una minaccia crescente per la salute umana e ambientale. Inizialmente, l’attenzione si era concentrata sugli effetti della plastica sugli ecosistemi, rivelando che le microplastiche sono diffuse in tutto il pianeta, dai ghiacci dell’Antartide alle profondità oceaniche. Oggi, le ricerche evidenziano che i danni di queste particelle non si limitano inquinamento ambientale, ma si accumulano nel corpo umano, con implicazioni potenzialmente gravi per la salute.
Le microplastiche sono minuscole particelle di plastica inferiori a 5 millimetri. Sono ormai rintracciabili in tutti i fluidi biologici, dal sangue al latte materno, fino alla placenta. Questo dato senza precedenti è stato associato a patologie che vanno dalle malattie cardiovascolari ai disturbi endocrini, fino a malformazioni neonatali e cancro. Derivano dalla frammentazione di oggetti più grandi o sono create intenzionalmente, come nei cosmetici e nei prodotti industriali. In questo caso si parla di microplastiche primarie, nel primo di microplastiche secondarie.
La loro capacità di trasportare sostanze tossiche, come pesticidi e composti chimici, aggrava il rischio sanitario. Un esempio lampante è rappresentato dagli studi pubblicati sull’Environmental Research, che hanno dimostrato che il 90% dei campioni alimentari analizzati conteneva microplastiche.
Cosa sono le microplastiche e come si formano
Come già accennato, le microplastiche si formano principalmente in due modi: attraverso processi di degrado fisico e chimico, che frammentano oggetti di plastica più grandi, o come particelle prodotte intenzionalmente, come le microsfere usate nei cosmetici. La loro persistenza nell’ambiente è una delle principali ragioni della loro pericolosità. Respingendo la degradazione biologica, si accumulano nei mari, nei suoli e persino nell’aria che respiriamo. Le correnti oceaniche e i venti contribuiscono a diffonderle in ogni angolo del pianeta, con un impatto che si riflette tanto sugli ecosistemi quanto sulla salute umana.
Quando queste particelle vengono ingerite o inalate, possono attraversare le barriere biologiche e accumularsi in organi vitali. Uno studio condotto all’Università di Catania ha rivelato che queste particelle possono trasportare pesticidi e altri agenti tossici, aumentando il loro potenziale dannoso. Inoltre, le microplastiche fungono da “vettori” per batteri resistenti agli antibiotici, aggravando ulteriormente i rischi sanitari.
Danni alla salute dell’esposizione alla plastica
L’esposizione alla plastica è correlata a una vasta gamma di malattie, molte delle quali estremamente gravi.
La lista delle patologie associate all’esposizione alla plastica è vasta. Tra queste, spiccano le malattie cardiovascolari. Le microplastiche presenti nel flusso sanguigno possono favorire l’accumulo di placca aterosclerotica, aumentando il rischio di eventi cardiovascolari gravi. Lo studio condotto in Italia ha evidenziato una chiara associazione tra queste particelle e l’insorgenza di infarti e ictus.
Un altro aspetto preoccupante riguarda i disturbi endocrini. Gli interferenti endocrini, come i bisfenoli e gli ftalati, sono in grado di alterare il sistema ormonale, causando problemi riproduttivi e metabolici. Questo è particolarmente evidente nelle donne in gravidanza, dove l’esposizione a queste sostanze può influire negativamente sullo sviluppo del feto.
Sul fronte oncologico, i dati sono altrettanto allarmanti. Il cloruro di vinile, utilizzato nella produzione del PVC, è stato collegato a tumori del fegato, mentre gli IPA presenti nei fumi della plastica bruciata sono noti cancerogeni. I PFAS sono associati a tumori del rene e dei testicoli.
Esposizione alla plastica e malattie cardiovascolari
Uno studio condotto in Italia e pubblicato sul New England Journal of Medicine ha evidenziato la presenza di microplastiche all’interno delle placche aterosclerotiche nelle arterie carotidee di pazienti sottoposti a endoarteriectomia.
I ricercatori, guidati dal cardiologo Giuseppe Paolisso, hanno analizzato il materiale rimosso durante l’intervento chirurgico, trovando particelle di plastica in molti dei casi esaminati. Polietilene e cloruro di polivinile sono stati identificati come le plastiche più frequenti, suggerendo una correlazione tra l’accumulo di microplastiche nei vasi sanguigni e un aumento del rischio di ictus, infarto e morte prematura.
Lo studio ha coinvolto oltre 300 pazienti, seguiti per un periodo di due o tre anni. I risultati hanno mostrato che coloro che avevano microplastiche nelle placche arteriose avevano una probabilità quattro volte superiore di subire eventi cardiovascolari gravi rispetto a chi non presentava queste particelle.
Legame tra plastica e malattie endocrine
Non meno preoccupanti sono i disturbi endocrini causati dagli interferenti endocrini presenti nella plastica. Il bisfenolo A (BPA), un composto ampiamente utilizzato nella produzione di contenitori rigidi, è in grado di mimare gli ormoni naturali, interferendo con il sistema endocrino. Le conseguenze includono infertilità, aborti spontanei, diabete e obesità. Un rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente ha stimato che il BPA è presente nel 92% degli europei, dimostrando quanto sia difficile evitare l’esposizione. Qui una ricerca sul BPA e gli effetti sulla salute umana.
Gli ftalati, impiegati per rendere la plastica flessibile, sono altrettanto nocivi, con effetti sulla qualità dello sperma e sulla salute riproduttiva.
Legame tra plastica e cancro: qual è?
Il legame tra plastica e cancro è oggi altrettanto documentato. Sostanze come il cloruro di vinile e i PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche) sono state classificate come cancerogene o potenzialmente cancerogene dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro. Le ricerche mostrano che queste sostanze sono correlate a tumori del rene e dei testicoli, oltre a disordini metabolici e malattie alla tiroide.
Il cloruro di vinile, utilizzato nella produzione del PVC, è stato collegato a tumori del fegato, mentre gli IPA presenti nei fumi della plastica bruciata sono noti cancerogeni.
L’esposizione alla plastica e la salute neonatale
L’impatto della plastica si estende anche ai neonati e ai bambini. La scoperta di microplastiche nella placenta ha sollevato serie preoccupazioni per lo sviluppo fetale. Gli interferenti endocrini possono alterare il normale sviluppo neurologico e fisico, aumentando il rischio di nascite pretermine, basso peso alla nascita e problemi cognitivi. L’esposizione in utero a sostanze come il BPA e gli ftalati è stata associata a disturbi del comportamento e deficit cognitivi nei bambini.
Studi e ricerche recenti su salute e plastica
Le evidenze scientifiche continuano ad accumularsi, rafforzando il legame tra plastica e salute. Uno studio condotto negli Stati Uniti, pubblicato sulla rivista della Società Americana di Endocrinologia, ha stimato che le malattie legate agli interferenti endocrini della plastica hanno comportato un costo di circa 250 miliardi di dollari nel 2018, equivalente all’1,22% del PIL americano. Un altro studio europeo ha evidenziato come i PFAS, presenti in molti prodotti di plastica, siano responsabili di numerosi disturbi metabolici e cardiovascolari.
L’uso del PVC, considerato una delle plastiche più pericolose, è stato associato a effetti dannosi sia durante la produzione che nel suo smaltimento. Nonostante le misure normative, la presenza di additivi tossici come gli ftalati e i ritardanti di fiamma continua a rappresentare un problema significativo.
Ridurre l’esposizione alla plastica: come?
Affrontare i rischi della plastica richiede interventi a livello individuale e normativo. Una delle prime azioni raccomandate è evitare l’uso di contenitori in plastica per alimenti e acqua, optando per materiali più sicuri come il vetro. La plastica non dovrebbe mai essere riscaldata nel microonde, poiché questo processo aumenta il rilascio di sostanze tossiche. Anche scegliere prodotti sfusi, preferendo imballaggi in carta o materiali biodegradabili, può ridurre l’esposizione.
Sul fronte normativo, l’Unione Europea ha introdotto regolamenti per limitare l’uso di sostanze pericolose come i PFAS e il BPA. Tuttavia, le politiche di riduzione dell’uso della plastica e di promozione del riciclo devono essere rafforzate, affrontando anche il problema delle sostanze tossiche che persistono nei materiali riciclati.