Abuso di psicofarmaci: l’esperto risponde alle vostre domande

Intervista al dottor Giuseppe Miti, psichiatra e psicoterapeuta

La salute mentale è un tema che riguarda tantissime persone e tra i giovani rappresenta una vera emergenza. Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità 1 persona su 8 convive con un problema che va da ansia e depressione fino alle forme più gravi di disturbi della personalità o psicosi.  Tra le terapie per curare il disagio mentale ci sono anche gli psicofarmaci, prescritti in particolari situazioni di gravità delle condizioni mentali oppure per aumentare l’efficacia della psicoterapia. 
Però, a volte, ci si ritrova in situazioni particolarmente stressanti e problematiche e si comincia ad abusare di queste sostanze. Lentamente si cade in una dipendenza da cui è difficile uscire e spesso il soggetto non riesce neanche ad ammettere a se stesso che sta abusando di farmaci che, presi in questo modo, possono divenire letali.
Non solo, molti giovani usano psicofarmaci in modo inappropriato, per stordirsi, finendo così in un vortice che porta non solo dipendenza ma anche gravi pericoli per sé stessi e per gli altri.
C’è poi chi invece segue le cure prescritte dallo specialista ma, al momento del bisogno, ricorre comunque all’uso di farmaci non seguendo le dosi concordate.
Parleremo dell’abuso di farmaci con il Dottor Giuseppe Miti, psichiatra e psicoterapeuta di orientamento cognitivo- evoluzionista. Tra le sue pubblicazioni: “I disturbi dissociativi della coscienza” per Carocci editore (2013), La coppia in lite (con L. Tombolini, Franco Angeli, Milano 1998), “Personalità multiple” (Carocci, 1992). Recentemente ha pubblicato il romanzo “Dopo il massacro” (Porto Seguro, 2021), in collaborazione con Stefano Pisani e Marco Sparvoli, un thriller sulla storia criminale di Roma degli ultimi quarant’anni, basato su eventi realmente accaduti.

1)Dottore un abuso di antidepressivi può comportare stati maniacali?

“L’abuso di antidepressivi attualmente in commercio, sia di prima che di seconda generazione, è un evento piuttosto raro a causa degli effetti collaterali che dosaggi sovra-terapeutici possono indurre, superiori agli effetti psicostimolanti. Semmai potremmo parlare di misuso, cioè, utilizzo non appropriato di antidepressivi, per esempio in pazienti già diagnosticati come affetti da disturbo bipolare o con familiarità per questo disturbo. In questi casi, o anche in casi non prevedibili, l’uso di antidepressivi può indurre uno stato maniacale, slatentizzando quello che a tutti gli effetti diventa diagnosticabile come un disturbo bipolare che necessiterà a questo punto di terapie stabilizzanti più appropriate”.

2) Come si capisce se una persona ha abusato di antidepressivi?

“Se per errore nella posologia assunta, o per intenzionalità, il paziente assuma un dosaggio troppo elevato di farmaci antidepressivi, gli effetti collaterali che insorgono, a volte anche pericolosi per la salute del soggetto, rendono piuttosto facile allo specialista scoprire l’inesattezza del dosaggio assunto del farmaco”.

3) Cosa comporta, invece, un abuso di ansiolitici?

“Gli ansiolitici, in particolare le benzodiazepine, sono i farmaci a più alto tasso di abuso, essendo diventati anche cosiddetti “farmaci da strada”, nel senso che vengono spacciati come altre note sostanze da abuso. Essendo farmaci che possono creare i famosi effetti di dipendenza, tolleranza e assuefazione in conseguenza di assunzione cronica, il craving, cioè il bisogno compulsivo di reperire la sostanza diventa la base per una ricerca sfrenata di dosi sempre più alte con il rischio di arrivare a comportamenti violenti e illegali sempre maggiori. L’assunzione di elevati dosaggi di ansiolitici benzodiazepinici in acuto può indurre invece quadri di sonnolenza, confusione mentale, svenimenti, difficoltà respiratorie fino alla letargia da intossicazione per cui spesso i soggetti vengono portati in Pronto Soccorso dove per fortuna esistono degli antagonisti delle benzodiazepine che, se somministrati in tempo possono rapidamente risolvere la sintomatologia”.

4)Esistono farmaci che possono recare gravi danni all’organismo? Se sì quali?

“Il termine farmaco deriva dal greco dove ha sia il significato di medicina contro una malattia, sia quello di veleno. In inglese è stato conservato lo stesso significato attribuito al termine drug, che significa appunto sia medicina che droga. Questo vuol dire che ogni medicina che assumiamo può avere degli effetti collaterali e indurre quelle che chiamiamo reazione avverse. Ogni specialista dovrebbe sempre fare attenzione sia alle altre patologie di cui il paziente è affetto che potrebbero peggiorare per gli effetti farmacologici del farmaco aggiunto, sia per le possibili interazioni con gli altri farmaci assunti”.

5) Ci sono delle analisi per misurare i livelli di serotonina e dopamina in modo da capire se una persona è depressa?

“Non è possibile misurare il livello di serotonina nel cervello, anche se il dosaggio di serotonina nel sangue sembra sia più basso del normale nei soggetti depressi. Tuttavia, questo esame, essendo solo indicativo e non sicuramente diagnostico, non viene quasi mai effettuato, lasciando alla competenza del medico porre una diagnosi di depressione basandosi sui criteri diagnostici psicopatologici”.

6) Prima di diagnosticare una patologia psichiatrica (psicosi, disturbo borderline, disturbo bipolare ecc.…) bisognerebbe sottoporre il paziente a dei test specifici?

“In genere uno psichiatra dotato di sufficiente competenza è in grado di porre una diagnosi di certezza in base al colloquio clinico, basandosi come dicevo prima sui criteri psicopatologici. Nel dubbio può fare riferimento ai criteri indicati nel famoso Manuale internazionale, il DSM 5, o se ha ancora dei dubbi sottoporre il paziente a dei test specifici e validati per ogni patologia, come ad esempio la SCID, suggerita proprio dal DSM per aiutare il clinico nella diagnosi”.

7)La psicoterapia può curare patologie psichiatriche importanti senza l’ausilio di psicofarmaci? Se si quali patologie?


“È ormai di dominio culturale comune che la strategia migliore in tutte le patologie psichiatriche, dalle più lievi a quelle più gravi, è associare la farmacoterapia alla psicoterapia, soprattutto se i due specialisti condividono lo stesso modello teorico e possono confrontarsi tra di loro. Molto raramente, e lasciando sempre la porta aperta ad interventi farmacologici quando necessario, si può trattare un paziente in condizioni di stabilità solo con la psicoterapia, evitando se possibile pazienti affetti da schizofrenia produttiva, disturbo bipolare o depressione grave in fase acuta”.

Autore: Ilaria Cicconi