In questa guida parliamo di Colangiocarcinoma, un tumore molto grave che colpisce i dotti biliari e che può essere causato dall’esposizione nociva all’amianto.
In questa guida scopriamo tutto sul colangiocarcinoma: cos’è, come si forma, cause e fattori di rischio, esami per la diagnosi e trattamento e cura.
Facciamo anche il punto sulle possibilità di indennizzo e risarcimento quando il colangiocarcinoma è una malattia professionale causata dall’esposizione dannosa sul posto di lavoro. Tutte le vittime di esposizioni dannose all’amianto e ad altri cancerogeni hanno infatti diritto al riconoscimento di malattia professionale o causa di servizio (a seconda dell’impiego) e agli indennizzi e benefici previdenziali connessi. Sussiste inoltre il diritto al risarcimento integrale dei danni subiti (morale, esistenziali e biologici, scorporati dell’indennizzo).
Il Dipartimento Responsabilità Medica collabora con l’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto nella lotta alle esposizioni nocive e offre assistenza legale alle vittime di esposizione nonché di errore medico e malasanità.
Se hai contratto un colangiocarcinoma di natura professionale puoi compilare il form che trovi al termine di questa pagina e ottenere l’assistenza legale gratuita.
Indice dei contenuti
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Colangiocarcinoma: cos’è e cosa colpisce
Il colangiocarcinoma è una neoplasia che coinvolge i condotti biliari, quei piccoli canali che conducono la bile dal fegato alla colecisti e all’intestino tenue. La bile, un liquido prodotto dal fegato, svolge un ruolo cruciale nella digestione e nell’assorbimento dei grassi.
Anche in stadi avanzati, il colangiocarcinoma spesso non presenta sintomi evidenti, rendendo la diagnosi una sfida complessa e tendenzialmente ritardata.
Questa forma di cancro colpisce prevalentemente individui con un’età superiore ai 50 anni, con una maggiore incidenza negli uomini tra i 50 e i 70 anni, ma può manifestarsi a qualsiasi età.
Tipologie di colangiocarcinoma: una classificazione
A seconda dell’area di diffusione del tumore, possiamo distingure in:
- colangiocarcinoma periferico, all’interno del fegato;
- colangiocarcinoma extraepatico, all’esterno del fegato.
Nelle fasi più avanzate, il tumore arriva a diffondersi attraverso il sangue o per contiguità, in altri organi e tessuti, causando la formazione di neoplasie maligne in nuove aree come i polmoni, il cervello e le ossa.
A seconda del tratto colpito, si distinguono diverse forme di colangiocarcinoma, tra cui l’intraepatico che coinvolge il fegato (10% dei casi), l’ilare (o perilare) che riguarda i dotti biliari subito al di fuori del fegato (50% dei casi) e il distale (o extraepatico) che interessa i dotti biliari più prossimi all’intestino tenue (40% dei casi).
Sintomi del colangiocarcinoma nel dettaglio
I sintomi del colangiocarcinoma sono generalmente non specifici e includono febbre, dolore addominale, affaticamento rapido, perdita di peso e sudorazioni notturne.
Sfortunatamente, al manifestarsi di tali sintomi, il tumore solitamente è già in fase avanzata. I sintomi sono dovuti infatti all’ostruzione da parte del tumore del sistema biliare con il tipico quadro di colestasi. Esso è caratterizzato da ittero, prurito, urine scure e feci chiare (colore argilla) nei tumori extraepatici.
Contrariamente, i colangiocarcinomi intraepatici spesso sono asintomatici o presentano sintomi aspecifici, anche in presenza di dimensioni considerevoli. I segni, quando si verificano, sono legati all’invasione del fegato da parte del tumore o all’effetto massa, rilevabile all’addome, e/o all’ascite (accumulo di liquido nell’addome).
Procedure diagnostiche per il Colangiocarcinoma: quali sono?
Nei pazienti con sintomi, la diagnosi non invasiva viene effettuata per conferma attraverso esami del sangue che valutano la funzionalità del fegato e della cistifellea, inclusi bilirubina, albumina, enzimi epatici e marcatori tumorali.
Gli esami di imaging, come ecografia, tomografia computerizzata (TAC) e risonanza magnetica (colangio-RM), contribuiscono a identificare eventuali anomalie.
La biopsia, che preleva un campione di tessuto dalle vie biliari, è successivamente inviata per l’esame istologico.
L’approccio endoscopico e radiologico si uniscono nella colangio-pancreatografia endoscopica retrograda (ERCP) per valutare gli ostacoli al deflusso di bile e succhi pancreatici nell’intestino.
La colangiografia percutanea transepatica (PTC) utilizza una radiografia con mezzo di contrasto per visualizzare le vie biliari.
In caso di conferma del colangiocarcinoma, una tomografia a emissione di positroni (PET) può essere richiesta per caratterizzare lo stadio della malattia.
Qui di seguito l’elenco di tutti gli esami per la diagnosi:
- tomografia computerizzata;
- risonanza magnetica dell’addome;
- ecografia addominale;
- colangiopancreatografia endoscopica retrograda, nota come colangiopancreatografia o ERCP;
- colangiografia transepatica percutanea.
Trattamento del Colangiocarcinoma: approccio multimodale
Le prospettive di vita nei casi di colangiocarcinoma variano notevolmente. A causa della diagnosi spesso tardiva, la sopravvivenza a cinque anni dal rilevamento è limitata, con tassi di circa il 9% per il tumore intraepatico e il 10% per quello extraepatico.
Questi dati riflettono la media tra situazioni ottimali, come la diagnosi precoce in situ, e scenari peggiori, come la presenza di metastasi. Le statistiche riportate sono fornite dall’American Cancer Society.
Il trattamento del colangiocarcinoma causato da esposizione ad amianto si basa su un approccio multimodale, che solitamente comprende la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia.
La scelta delle terapie dipende da vari fattori, inclusi le dimensioni e il tipo di tumore, la presenza di metastasi e le condizioni generali di salute del paziente.
Nel caso di diagnosi precoce, l’opzione chirurgica prevede la rimozione completa del tumore insieme ai dotti biliari coinvolti, ai linfonodi e alle porzioni di organo circostanti. Questa procedura è associata ai tassi di sopravvivenza a cinque anni più elevati.
In altri scenari, l’intervento chirurgico può essere utilizzato per alleviare i sintomi. La decisione di sottoporre il paziente a chemioterapia viene valutata in base alla relazione specifica tra il colangiocarcinoma e la chemioterapia.
La chemioterapia può essere adiuvante o neoadiuvante, mirando a eliminare le cellule tumorali residue dopo l’intervento o a ridurre la massa tumorale prima dell’intervento chirurgico.
La radioterapia, sebbene raramente impiegata, può essere considerata in alcune situazioni specifiche nella gestione del colangiocarcinoma.
L’applicazione di uno stenting biliare prevede l’inserimento di una piccola protesi tubulare che, supportando la parete dei dotti biliari a livello di un restringimento, permette di eliminarlo e di prevenirne la riformazione.
La rimozione chirurgica del colangiocarcinoma nel dettaglio
La rimozione chirurgica può essere praticata solo nel caso in cui il tumore sia di dimensioni ridotte e abbia intaccato in modo lieve le zone limitrofe.
L’operazione può riguardare nello specifico:
- asportazione del dotto biliare, che prevede la riconnessione dei monconi risultanti, in modo da ricostituire la continuità delle vie biliari;
- asportazione del dotto biliare che ospita il tumore e della porzione di fegato in cui il tumore si è diffuso;
- procedura di Whipple: cioè l’asportazione dei dotti biliari, il tratto di duodeno connesso allo stomaco e ai dotti biliari, la porzione di stomaco unita, il pancreas, la cistifellea e i linfonodi regionali in prossimità di questi organi.
Trattamenti innovativi: colangiocarcinoma e immunoterapia
L’immunoterapia sfrutta il sistema immunitario e il vuole che svolge nella crescita tumorale.
Gli studi hanno evidenziato che la chemioterapia standard (cisplatino e gemcitabina) si combina efficacemente all’immunoterapia nel trattamento della patologia biliare: dopo l’associazione con il PD-L1 inibitore Durvalumab (TOPAZ-1) si passa a quella con il PD-1 inibitore pembrolizumab (KEYNOTE-966)
Il 18 gennaio 2023 Durvalumab di AstraZeneca è stato approvato nell’Unione Europea (EU) per il trattamento di prima linea dei pazienti adulti con carcinoma delle vie biliari (BTC) non resecabile o metastatico in combinazione con chemioterapia (gemcitabina più cisplatino).
L’approvazione si basa sui risultati di sopravvivenza aggiornati dello studio TOPAZ-1 che mostrano come la combinazione con durvalumab abbia ridotto il rischio di morte del 24% rispetto alla sola chemioterapia.
Colangiocarcinoma intraepatico e immunoterapia
Attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate per analizzare singolarmente le cellule presenti nel tumore, uno studio recente ha svelato alcuni meccanismi interni al colangiocarcinoma intraepatico aprendo nuove vie all’immunoterapia.
Lo sudio ha svolto una caratterizzazione dell’infiltrato tumorale in campioni di fegato provenienti da 25 pazienti sottoposti a intervento di resezione epatica. Questi sono stati confrontati con tessuti di controllo prelevati da zone sane del fegato.
I risultati hanno evidenziato un’inibizione della risposta immunitaria, con particolare riferimento alle cellule del sistema immunitario, come le cellule CD4-T-regolatorie.
Queste cellule, solitamente coinvolte nel controllo di risposte infiammatorie eccessive, vengono reclutate dal tumore, impedendo così una reazione immune efficace.
In aggiunta, il microambiente tumorale agisce su queste cellule, rendendole iperattive. Soggette a stimolazioni costanti per rispondere all’infiammazione, le cellule CD4+ generano uno “stato di tolleranza” che il tumore sfrutta per inibire la risposta antitumorale del sistema immunitario.
Ulteriormente, la ricerca ha individuato che questa iperattività è regolata da una specifica proteina, MEOX1, la quale è associata a una prognosi sfavorevole e a una maggiore mortalità nei pazienti in cui è espressa a livelli elevati. MEOX1 riveste un ruolo cruciale, controllando l’espressione di numerosi geni implicati nel mantenimento dell’identità cellulare all’interno dei tumori.
Visto il ruolo delle cellule T nella soppressione della risposta immunitaria, quindi, oltre all’immunoterapia e chemioterapia, si può contare anche su una inibizione delle cellule CD4 T regolatorie.
Cause e fattori di rischio per questo tumore
Non si conoscono le cause nello specifico del colangiocarcinoma, ma i fattori di rischio possono essere diversi. Ciò è confermato nello studio “Cholangiocarcinoma: Epidemiology And Risk Factors” di Khan, Tavolari e Brandi.
Elenchiamo i principali fattori di rischio qui di seguito:
- colangite sclerosante primitiva (circa il 30% dei casi);
- pregresse malattie epatobiliari;
- malattie fibropolicistiche del fegato e delle vie biliari (es. disturbi congeniti);
- calcoli nella cistifellea;
- colecistite (infiammazione della cistifellea causata spesso da calcoli);
- malattie epatiche croniche;
- malattie genetiche, come: sindrome di Lynch; sindrome da predisposizione ai tumori correlata a BAP1; fibrosi cistica; papillomatosi biliare multipla;
- infezioni (es. Helicobacter pylori; HIV; clonorchiasi);
- diabete mellito;
- obesità;
- sindrome metabolica.
Non c’è invece un’acclarata associazione tra colangiocarcinoma e fumo e/o alcol.
Colangiocarcinoma: un tumore causato dall’esposizione all’amianto
In molti casi, l’insorgenza del colangiocarcinoma è associata all’ambiente lavorativo. Secondo quanto illustrato dall’oncologo e professore Giovanni Brandi in un convegno a Modena il 28 novembre 2015, focalizzato sull’asbesto presente nell’acqua potabile, nelle scuole, negli edifici pubblici e negli ambienti di vita e lavoro, esiste un collegamento diretto tra colangiocarcinoma ed esposizione all’amianto.
Nella monografia IARC (Organizzazione mondiale della Sanità) dedicata all’amianto si riconosce che esso è agente eziologico per il cancro di primaria importanza.
Nello studio “Asbestos: a hidden player behind the cholangiocarcinoma increase? Findings from a case-control analysis” si ipotizza una via infiammatoria cronica. L’esposizione all’amianto come fattore di rischio spiegherebbe anche il progressivo aumento dell’incidenza del colangiocarcinoma negli ultimi 30 anni.
Inoltre studi epidemiologici hanno fornito evidenze che l’amianto può essere coinvolto nello sviluppo di tumori gastrointestinali, compreso il colangiocarcinoma intraepatico. Approfondisci questo aspetto su “Asbestos and intrahepatic cholangiocarcinoma” di Brandi e Tavolari.
L’amianto è un potente cancerogeno. L’esposizione alle sue fibre sottili causa infiammazioni gravi che possono avviare il processo di cancerogenesi.
Malattie amianto correlate e riconoscimento della malattia professionale
Purtroppo l’INAIL ancora non riconosce il colangiocarcinoma tra le malattie professionali legate all’esposizione ad amianto. Perciò, se il lavoratore contrae il colangiocarcinoma in seguito ad esposizione a polveri e fibre di amianto, non ha diritto automaticamente all’erogazione delle prestazioni economiche.
Per questo motivo è importante rivolgersi all’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto e, grazie al lavoro del team di avvocati guidati dall’Avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’ONA, è possibile ottenere la salvaguardia dei propri diritti.
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