Come affrontare un lutto e superarlo
La morte è un dolore che lacera l’animo. La perdita di una persona cara lascia un vuoto incolmabile. Non è il tempo che cura ma la consapevolezza di vivere nonostante l’assenza e il ricordo, seppur doloroso, non sarà altro che un soffio di vita che per un attimo riporterà alla mente i momenti, che siano eterei o laceranti. Ci sono ” morti” che non vanno dimenticate. C’è il bisogno di avere giustizia se la perdita è causata da fattori lavorativi. Ma l’amore, quello vero, in tutte le sue forme, che sia genitoriale o affettivo è un soffio di vita ed è necessario guardare in faccia la morte per poterla superare. E la morte non è solo fisica. C’è anche la morte nella vita. Affrontarla è guardare in faccia il dolore senza che il ricordo sia una sofferenza perpetua ma un momento di crescita.
In cosa consiste l’elaborazione del lutto
L’elaborazione del lutto è il processo di riorganizzazione dell’esperienza vissuta da parte dell’individuo che ha subito la perdita. È necessario ricostruire, in maniera graduale, la “storia dell’evento” della morte, rivedere il rapporto e la rappresentazione mentale della persona deceduta per poi cercare di riprendere in mano la propria vita e “riorganizzarla” senza l’Altro.
Ma quanto tempo è necessario per superare un lutto?
Il tempo di elaborazione in seguito alla perdita dipende da persona a persona, dal tipo di lutto e dalla relazione che si aveva con il defunto. Tuttavia, sulla base di alcuni studi il tempo necessario per completare il percorso di elaborazione del lutto va dai 6 ai 24 mesi. Ci persone che non riescono a superare un lutto.
Quando parliamo di lutto ci riferiamo solo alla morte?
Il lutto è la perdita. La mancanza e il vuoto affettivo di una persona cara ma non solo la morte fisica ma anche la morte nella vita. Questo, ad esempio, può riguardare la fine di una storia importante (non vedere e non sentire più quella persona è come se fosse “morta” in vita), la perdita di una animale che ricopriva un posto importante, l’abbandono di una persona (come quello di un padre in un bambino) che può portare alla sfiducia nell’adulto negli altri e nei rapporti. Ci sono tanti tipi di lutto e ogni persona ha una sensibilità diversa.
Il lutto “complicato”
È una diversa forma di dolore che si impadronisce della mente di una persona a tal punto che questa, in seguito al lutto, si sente bloccata (Neimeyer 2011, 2012). Nel lutto complicato la persona non abbandona mai completamente il dolore per la perdita anzi, questo domina la sua vita piuttosto che stare in secondo piano. I fattori che rendono l’elaborazione del lutto “complicato” possono essere molteplici: la natura del rapporto con la persona morta, le circostanze della morte e le cose che sono accadute in seguito. Alcune persone hanno una particolare sensibilità e non riescono ad avere la forza per andare avanti. Nonostante sappiano che il loro amato è morto non lo accettano e rievocano attraverso foto, ricordi, pensieri immagini la loro vita che, senza l’Altro sembra vuota. Priva di significato. Lui era “tutto”. Invece di concentrarsi sull’andare avanti rimangono “intrappolate” in un lutto devastante quanto etereo perché il dolore della mancanza è troppo forte. Ma, se c’è la volontà e la forza un lutto complicato si può superare. Queste persone, inconsciamente, non vogliono andare avanti. Cercano la morte nella vita.
Freud: “Lutto e melanconia”
Il primo a parlare di lutto fu Freud nel 1915 in “Lutto e melanconia”. Secondo il padre della psicoanalisi il lutto non è suscitato solo dall’assenza ma dal senso che l’esistenza che questa persona dava al mondo. Riteneva che le reazioni al lutto potessero essere di tre tipi: maniacale, melanconica e depressiva.
Nella reazione maniacale si nega la perdita, si vorrebbe dimenticare e sostituire la persona morta con un’altra. Questo perché, per quell’individuo, elaborare il “lutto”, l’esperienza del vuoto e dell’assenza dell’oggetto perduto è inammissibile.
L’afflizione melanconica, che è il rovescio di quella maniacale, perché mentre il maniacale cerca in tutti i modi di dimenticare rapidamente, il melanconico non riesce a farlo, anzi, la persona perduta continua ad essere incessantemente presente.
Si sente l’impossibilità di separarsi dall’oggetto perduto.
E infine quella depressiva che, come dice il termine stesso, porta il soggetto ad uno stato di depressione in seguito alla perdita.
Come elaborare il lutto secondo il saggio freudiano
Il “lavoro del lutto” come lo definisce Freud necessita di tempo. Non ci può essere una veloce sostituzione dell’oggetto perduto altrimenti sarebbe una reazione maniacale. È necessario riconoscere l’irreversibilità della perdita e ripercorrere, anche se in modo doloroso, il lutto. La storia e il nostro rapporto con l’oggetto perduto, la mancanza, ciò che ci ha dato e ciò che dobbiamo “seppellire”. Un lavoro che implica il ricordo non la dimenticanza. E, quindi, successivamente liberarsi di un peso. Questo non vuol dire rimuoverlo ma ricordare il dolore e continuare a vivere. Come possiamo andare avanti? Possiamo “dimenticare” perché abbiamo incorporato e ricordato il morto, lo portiamo dentro di noi. Almeno in parte. Questo è l’unico modo per dimenticare. Ricordare per lasciarlo andare.
La teoria dell’attaccamento
Secondo Bowlby sono quattro le fasi che caratterizzano la teoria dell’attaccamento:
1) lo “stordimento “ovvero la non comprensione dell’accaduto
2) lo struggimento stati di dolore e allarme tipico dello stress della perdita
3) la disorganizzazione deriva dalla consapevolezza che purtroppo non si riavrà indietro la perdona perduta
4) la riorganizzazione cioè l’accettazione della perdita e la ripresa nel “riorganizzare” la propria vita
Più avanti Elisabeth Kuber Ross 1969 ha descritto un modello per capire le dinamiche psicologiche a cinque fasi:
1) rifiuto e negazione
2) rabbia
3) patteggiamento
4) depressione
5) accettazione
La perdita, il lutto e il dolore
Il lutto è una costante nella vita di tutti noi. Nella letteratura, nell’arte, possiamo trovare l’espressione del lutto in tutte le sue forme e il modo geniale in cui l’artista “sublima” il proprio dolore incentrandolo sull’arte (la scrittura, la pittura, la musica, la danza).
Possiamo, ad esempio, ricordare il famoso poeta italiano Eugenio Montale che scrisse, in seguito alla morte dell’amata moglie, la bellissima poesia in cui parla della perdita, del ricordo del percorso di vita intrapreso con questa donna. Infine, della vista della donna ormai cieca. Una donna che “vedeva” più di lui. La luce negli occhi di una donna cieca. La vista di un mondo con gli occhi dell’Altro.
EUGENIO MONTALE, Satura 1962-70
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
La mia dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.