Il Long Covid è quella condizione che, con uno o più disturbi, si manifesta anche nelle settimane successive alla negativizzazione dal virus Sars-Cov-2 che causa il Covid. Tra questi sintomi persistenti, anche per molte settimane dopo la guarigione, c’è anche la cosiddetta “fatigue“, ossia una stanchezza cronica e in alcuni casi invalidante. Una persona infettata su tre ne è colpita.
Gli studiosi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, hanno scoperto il meccanismo d’azione che porta a questa condizione. La causa consiste in un deficit dell’amminoacido arginina. Lo studio dell’Università Cattolica Campus di Roma, che sarà pubblicato sulla rivista International Journal of Molecular Sciences ha evidenziato un’associazione tra la stanchezza cronica del Long Covid ed una alterazione nel metabolismo dell’arginina. Ora bisognerà capire se un approccio terapeutico volto a ripristinare livelli ottimali di questo amminoacido, possa aiutare i pazienti a recuperare le forze.
Stanchezza post Covid, come l’hanno curata i ricercatori?
Lo studio del Policlinico Gemelli ha coinvolto 57 persone, di cui 46 adulti con Long Covid a distanza di otto mesi dalla diagnosi; 11 invece le persone prive di precedenti infezioni da Sars-Cov-2, abbinate per sesso e per età.
I pazienti affetti da Long Covid sono stati suddivisi in due gruppi da 23 persone. Il primo ha ricevuto la somministrazione di un mix di arginina (1,6 grammi) e vitamina C liposomiale (500 mg); quest’ultima non è altro che un particolare complesso studiato per migliorare la biodisponibilità della vitamina C (aumenta la capacità dell’organismo umano di assorbire e/o trattenere la vitamina C). Il secondo gruppo ha invece ricevuto un placebo.
Lo studio ha avuto una durata di 28 giorni ed ha mostrato che la somministrazione del mix delle due sostanze, ha riportato il metabolismo dell’arginina a livelli normali e simili a quelli del gruppo di controllo. Le analisi sono state eseguite prima e dopo le somministrazioni, al termine dei 28 giorni. Questo metodo ha permesso di contrastare in modo efficace la fatigue.
A cosa serve combattere la fatigue? Oltre a restituire un senso di benessere e normalità alle persone, serve a prevenire lo sviluppo di malattie cardiovascolari. La stanchezza cronica è infatti associata a disfunzioni immunitarie e vascolari.
Long Covid, quali sono i sintomi che durano settimane
I sintomi del Long Covid possono essere diversi. In base a quanto riporta l’Istituto superiore di Sanità (ISS), oltre alla fatigue (fatica persistente), si possono verificare:
- debolezza muscolare;
- dolori diffusi;
- peggioramento dello stato di salute percepito;;
- modifiche dell’olfatto, del gusto e dell’udito
- dispnea;
- tosse persistente;
- ridotta capacità di espansione della gabbia toracica;
- senso di oppressione;
- dolore al petto;
- tachicardia e palpitazioni anche con sforzi minimi;
- aritmie;
- variazione pressorie.
Secondo una stima dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nel mondo sono circa 65 milioni che soffrono di Long Covid; di queste 17 milioni sono in Europa.
Le “Good Practice Statements” degli esperti
Gli esperti dell’ISS, riuniti ad un tavolo di lavoro sul Long Covid, hanno elaborato una serie di domande e risposte utili ai medici e ai centri di riferimento sparsi sul territorio italiano per la cura ambulatoriale dei sintomi post Covid.
Si tratta di “Good Practice Statements” che rappresentano delle linee guida con le buone pratiche da adottare per effettuare valutazioni e dare assistenza ai pazienti. Secondo queste le good practises, a ricevere una valutazione sul Long Covid dovrebbero essere tutti coloro che – adulti o bambini – per causa dell’infezione sono stati ricoverati in ospedale e che presentano segni o sintomi (persistenti o nuovi) non
attribuibili ad altre patologie. Con una particolare attenzione a chi ha già fragilità croniche, perché più a rischio (i bambini fragili o con cronicità complesse dovrebbero essere valutati nel post Covid anche senza ospedalizzazione).
La valutazione dovrebbe arrivare a distanza di 4-6 settimane dalla dimissione; a farla dovrebbe essere il medico di medicina generale (MMG) o il pediatra di libera scelta (PLS), basandosi su accertamenti ed analisi ematochimiche. “I segni o sintomi da considerare dovrebbero essere quelli a maggiore prevalenza nella sindrome Long Covid dell’adulto, ma nella popolazione pediatrica non dovrebbero essere trascurati sintomi più rari o atipici” – sottolinea l’ISS.