Il caso delle vittime da sangue infetto
Sangue infetto: se parliamo di diritti supremi dell’individuo, non ci si può esimere dal considerare quello alla salute come il più importante. Non soltanto quantità, bensì, qualità della vita: elementi inscindibili per una buona e degna esistenza umana.
In caso di danni biologici da sangue infetto ed emotrasfusione, si garantisce sempre e comunque sia l’indennizzo che il risarcimento. Il fondamento dell’azione legale lo si fa derivare dal quantitativo di omissioni messe in atto dal Ministero e dalle ASL. Difatti, entrambi dovrebbero vigilare accuratamente sul sangue, tanto nelle fasi di distribuzione e donazione, quanto in quelle di somministrazione. La prima, e storica, condanna di specie, si ebbe grazie al Tribunale Civile di Roma, con sentenza 17.11.1998.
L‘ONA, per merito del lavoro svolto costantemente dall’Avv. Ezio Bonanni, assicura il servizio di assistenza legale gratuita. Si vuole, così, assicurare una tutela tout court degli individui vittime di sangue infetto e malasanità.
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Il problema del sangue infetto: l’evoluzione normativa
Nonostante la circolare n. 50 del 28.03.1966, attraverso la quale il Ministero della Sanità vietava le donazioni di sangue a rischio infezione, e nel caso di specie di parlava di epatite virale, all’alba degli anni settanta del secolo scorso, l’Italia ha dovuto fare i conti con il delicato problema del sangue infetto. La circolare in questione, dispone la verifica periodica delle transaminasi, per giungere poi alla scoperta che, un’innalzamento di tali valori, fosse indice di un più elevato rischio di virus epatici.
Mentre, con la circolare n. 68 del 04.07.1978, la Direzione Generale del Servizio Farmaceutico, predispose la ricerca del virus con dosaggio radioimmunologico, al fine di individuare l’antigene Australia. Un test, questo, di seconda generazione dell’HBsAg, eseguito su qualsiasi donazione di sangue.
Per poter assistere al primo passo a livello normativo, si dovette attendere la Legge n. 531 del 1987. Questa, preceduta dalla circolare della Direzione Generale del Servizio Igiene Pubblica del 1985, impose a tutte le unità sanitarie locali di procedere obbligatoriamente alla determinazione quantitativa della presenza nel sangue del virus HIV.
Con Decreto ministeriale del 21 luglio 1990, il Ministro De Lorenzo decise di modificare la circolare datata al 01 ottobre 1989. Quest’ultima, limitava il test per l’epatite C alla sola alanina transaminasi. Nel 1990, con il pocanzi citato decreto ministeriale, si impose l’obbligo di effettuare tale ricerca dell’antigene di superficie dell’epatite B, HIV e della alanina transaminasi.
HBV, HCV e HIV: le patologie a trasmissione ematica
Nel corso del tempo troppo spesso si somministravano sangue e plasma non preventivamente testati. Difatti, numerosissimi furono i casi di epatiti virali (HBV e HCV) ed HIV nel corso dell’ultimo ventennio del secolo passato. Tra gli individui maggiormente colpiti da un simile evento infausto, troviamo i malati talassemici ed emofiliaci. Del resto, vi furono anche molti pazienti sottoposti a trasfusioni in virtù dei più svariati motivi, come un semplice intervento chirurgico.
Il numero di pazienti, emotrasfusi e/o curati con emoderivati, che si sono ammalati e spesso anche deceduti, risulta a dir poco impressionante. Una delle più drammatiche peculiarità di tali malattie da sangue infetto, risiede proprio nel dato fattuale che i relativi danni possono manifestarsi, sintomatologicamente, anche a distanza di molti anni.
Indennizzo per le vittime da sangue infetto: Legge 210/1992
Una delle normative più importanti in tale settore, risulta essere proprio la Legge sull’Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati.
Orbene, il c.1 dell’art. 1 della Legge in esame, stabilisce come qualsiasi individuo che abbia riportato lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato. Al secondo comma del medesimo articolo, si prescrive come tale indennizzo sia doverosamente spettante anche a tutti coloro che siano stati contagiati da infezioni da HIV a seguito di somministrazione di sangue e suoi derivati, come pure agli operatori sanitari rimasti permanentemente danneggiati nella loro integrità psico-fisica conseguentemente ad infezione contratta durante il proprio servizio di assistenza ospedaliera. Infine, il terzo comma, ricomprende nell’alveo dei beneficiari anche quei soggetti che presentino danni irreversibili causati da epatiti post-trasfusionali.
Quali sono i destinatari dell’indennizzo?
Per poter comprendere a pieno le dinamiche di indennità e risarcitorie, risulta doveroso fare una distinzione preliminare: occorre distinguere se il danneggiato sia ancora in vita, oppure, deceduto. Se la vittima risulta essere ancora in vita, l’indennizzo corrisponderà ad un assegno bimestrale vitalizio, di importo variabile in funzione della gravità dell’infermità. Contrariamente, nel caso in cui il beneficiario venga a mancare definitivamente, l’indennizzo potrà essere erogato anche agli eredi per quindici anni.
Difatti, oltre alle categorie già preliminarmente descritte, l’indennizzo previsto dalla Legge 210/1992 amplia e comprende in tale elencazione anche gli eredi della persona deceduta a seguito di contagio. Nel caso in cui tale soggetto abbia presentato domanda di indennizzo, ma sia morta prima di percepirlo, agli eredi spetterà di diritto la quota ereditaria delle rate di indennizzo maturate dalla presentazione della domanda sino al giorno della morte del danneggiato. Anche i parenti aventi diritto possono ricevere l’indennizzo qualora a causa della malattia trasmessa, e relativa infermità, sia derivata la morte del danneggiato. Se la vittima risulta essere un ragazzo minore d’età, l’indennizzo verrà erogato a favore di coloro che esercitavano sullo stesso la responsabilità genitoriale.
Naturalmente, tali diritti spettanti ad eredi e parenti aventi diritto, possono essere garantiti solo e soltanto a condizione che il decesso sia avvenuto per cause strettamente connesse all’infezione.
Aggiornamenti della Legge 210/1992
Il primo aggiornamento alle Legge n. 210 del 1992 venne operato dalla Legge n. 238 del 25 luglio 1997. La novella in questione, innanzitutto, dispose che l’indennizzo di cui al primo comma art. 1 L. n. 210/1992, consistente in un assegno, reversibile per quindici anni, debba essere determinato secondo i criteri tabellari della Legge n. 177 del 29 aprile 1976 (modificata a sua volta dalla Legge n. 111 del 2 maggio 1984). L’indennizzo di cui si parla, è cumulabile con ogni altro emolumento percepito a qualsiasi titolo, comprendendo anche la c.d. indennità integrativa speciale.
Indennizzo e risarcimento sangue infetto: il primo, espressione di solidarietà sociale, trova il proprio fondamento negli artt. 2 e 32 Cost. e non prevede alcuna dipendenza funzionale alle condizioni economiche del soggetto interessato-beneficiario. Il secondo, invece, lo possiamo far discendere direttamente dalla responsabilità civile, per dolo o colpa, ex art. 2043 c.c.
Per mezzo della medesima Legge del 1997, n. 238, venne aggiornato anche il comma 2 dell’art. 1 della L. n. 210/1992. Si dispose che, anche se già concesso l’indennizzo, questo fosse corrisposto, a domanda degli stessi soggetti ex c. 1 art. 1 L. n. 210/1992, con assegno una tantum. Un assegno erogato nella misura pari, per ciascun anno, al 30% dell’indennizzo dovuto a seconda del periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo.
Benefici per i soggetti danneggiati dal sangue infetto
Allo stesso modo, riferendoci sempre ai soggetti protagonisti della Legge del 1992 n. 210, venne disposta anche l’esenzione dalla spesa sanitaria e dal pagamento della quota fissa per ricetta. Naturalmente, tali esenzioni sono dirette limitatamente alle prestazioni sanitarie necessarie per la diagnosi e cura delle patologie oggetto della normativa principale, ergo, la L. n. 210/1992. Anche il coniuge contagiato da tali soggetti, così come i figli contagiati durante la gestazione, risultano beneficiari.
Tuttavia, per moltissimo tempo si è lottato per il problema relativo alla rivalutazione indennizzo sangue infetto. A tal proposito, decisivo è stato l’intervento della Suprema Corte di Cassazione ove, attraverso le sentenze n. 15894/2005 e n. 18109/2007, con le quali si affermò la necessaria rivalutazione dell’intero importo secondo il tasso annuale di inflazione programmata. Ciò nonostante, l’esecutività di tale sentenze venne ben presto annullata dalla Legge n. 122/2010. Intervenuta nel merito la Corte Costituzionale, con sentenza n. 293/2011, si dichiarò l’illegittimità costituzionale degli artt. 13 e 14 della Legge 122/2010, ripristinando il diritto alla totale rivalutazione del danno per trasfusione sulla base del tasso di inflazione programmato, calcolato sull’intero importo. Il calcolo di tale rivalutazione sull’intero importo, riguarda anche la quota d’indennità integrativa speciale.
Corte di Cassazione, Sez. Unite, sentenze 576-585 del 2008
Nell’anno 2008, la Suprema Corte di Cassazione intervenne con ben dieci sentenze. Obiettivo primario era quello di andare a specificare compiutamente tutte quelle controversie concernenti il risarcimento dei danni da emotrasfusione di sangue infetto.
Come precedentemente accennato, molte spesso la sintomatologia derivante da malattie conseguenziali a trasfusioni di sangue infetto, si presenta nel soggetto contagiato anche a distanza di decenni. È in tale constatazione che risiede la vera portata rivoluzionaria delle sentenze della Suprema Corte di Cassazione, a partire dall’enunciazione di alcuni principi fondamentali riguardanti sia la responsabilità (qualificata come aquiliana) che l’istituto giuridico della prescrizione.
Quest’ultimo venne fatto coincidere con un ben preciso momento: si è interpretata la locuzione legislativa “verificarsi del danno” ex art. 2947 c.c. nel senso che, tale danno, debba essere “oggettivamente percepibile e riconoscibile”. Vale a dire, in aggiunta alla manifestazione del danno, vi deve essere anche l’evidenza del nesso causale, cioè, la riconducibilità del danno biologico alla somministrazione del sangue infetto.
Il termine di prescrizione deve decorrere dalla data in cui il diritto può essere fatto valere, ex art. 2935 c.c.. Di conseguenza, grazie alle SSUU della Suprema Corte di Cassazione, venne precisato come solo con la piena consapevolezza del danno e nesso causale può farsi valere un diritto. Quindi, il termine inizierà a decorrere dal presentarsi della sintomatologia collegata alla somministrazione di sangue infetto.
Si è poi specificato che nel caso di contaminazione per HIV, il danneggiato possiede ben dieci anni di tempo per far valere il proprio diritto, decorrenti dal momento in cui si è venuti a conoscenza dell’infezione irreversibile. Per quanto riguarda la contaminazione per epatiti post trasfusionali la vittima ha tre anni dal momento in cui si è resa conto della malattia contratta.
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Riconoscimento dello status di vittima
Tutti coloro che hanno subito un danno da emotrasfusione, somministrazioni di emoderivati e vaccinazioni, dovranno attenersi ad un preciso iter. Come primo passo, ci si dovrà rivolgere ad un medico legale, e a tal proposito, l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA) prevede la possibilità per chiunque di rivolgersi alla stessa per ottenere un parere medico gratuito.
Così facendo, si rende possibile ottenere le dovute e necessarie certificazioni per poter procedere al deposito della domanda presso l’ASL competente. La documentazione da dover presentare dovrà essere completa di referto analisi e certificazioni che attestino la reale condizione di salute. Una volta ottenuta l’approvazione dell’ASL, quest’ultima trasferirà tutta la relativa documentazione alla Commissione Medico-Ospedaliera militare (CMO).
Il contagiato da sangue infetto, o emoderivati, verrà convocato dalla stessa CMO per una visita, volta ad attestare l’attualità della malattia. A tal fine, sarà necessario mostrare delle analisi il più possibili recenti.
Sarà così possibile accertare il nesso di causalità, ossia, quella riconducibilità della menomazione psico-fisica alle trasfusioni infette che coincide con il momento inziale per far valere il proprio diritto all’indennizzo e risarcimento.
Il procedimento di equa riparazione
L’equa riparazione ha ad oggetto una “unica soluzione“, subordinata all’accettazione in seguito alla procedura di transazione, con rinuncia a qualsiasi altra pretesa risarcitoria. Per trasfusione sangue infetto risarcimento danni, unitamente al diritto agli indennizzi, si lega a una responsabilità che è prima di tutto extra contrattuale e poi contrattuale. Infatti, le infezioni da sangue infetto rientrano comunque nell’errore medico.
Le somme previste per la transazione sangue infetto ammontano a € 100mila per i danneggiati da trasfusione con sangue infetto.
I requisiti (fissati nel decreto ministeriale del 28 aprile 2009, n. 132) sono:
- esistenza di un danno ascrivibile alle categorie di cui alla tabella A decreto del Presidente della Repubblica n. 834/81
- nesso causale tra danno e trasfusione con sangue infetto o la somministrazione di emoderivati infetti, la prova del quale è onere del danneggiato. (Cass. civ. Sez. III, n°28991/2019)
- formale rinuncia all’azione risarcitoria eventualmente intrapresa, alle procedure transattive e ad ogni pretesa risarcitoria nei confronti dello Stato, anche in sede Sovranazionale.
Il procedimento vede protagonista principale il Ministero, il quale invia alle vittime o agli eredi la lettera per ottenere l’accettazione dell’equa riparazione e la formale rinuncia all’azione risarcitoria intrapresa.
La responsabilità del Ministero della Salute
La Cassazione Civile, Sez. VI, Ord. n. 2232/2016, ex multis Cass. civ., Ord. III, sent. n. 18520/2018; Cass. civ., sez. III, 29 settembre 2017, n. 22832, ha preso una posizione ben precisa sulla responsabilità del Ministero della Salute per le infezioni da emotrasfusioni contratte prima del 1978. Intento della suprema Corte è stato quello di analizzare come le manifestazioni patogene delle infezioni da virus HBV, HIV e HCV riguardano un unico evento lesivo. Ciò si giustifica poiché, nonostante i mezzi di prevedibilità delle infezioni siano stati scoperti in data postuma, il Ministero risulta sempre e comunque responsabilità per omissione di controllo sulla raccolta e somministrazione di sangue a scopo medico. Il Ministero della salute risponderà a titolo di responsabilità extracontrattuale, ex art. 2043 c.c..
Risarcimento danni da sangue infetto
Prevedere e garantire, sia alla vittima primaria che ai suoi eredi, soltanto gli indennizzi, sarebbe insufficiente. Per tale motivo, esiste anche la garanzia del risarcimento del danno da sangue infetto. Tale diritto spetta, come sempre, sia alle vittime che ai loro eredi e parenti aventi diritto.
La domanda risarcitoria deve essere proposta alla struttura sanitaria nel termine prescrizionale di dieci anni, rispondendo a titolo di responsabilità contrattuale, ex artt. 1218 e 1228 c.c.. La responsabilità della struttura sanitaria deriva proprio dal rapporto contrattuale che ha con il paziente. Violazione delle obbligazioni e comportamento negligente e imprudente dei medici sono le ipotesi di inadempimento da parte della struttura sanitaria che ha concluso con il paziente un determinato contratto.
In tutte le altre ipotesi in cui non sussiste alcun vincolo contrattuale, i medici risponderanno sempre per responsabilità extracontrattuale, ex art. 2043 c.c..
Assistenza medica e legale gratuita vittime sangue infetto
Tutte le vittime di trasfusioni da sangue infetto ed emoderivati possono ottenere il risarcimento dei danni e l’indennizzo grazie all’ONA. Contatta l’avv. Ezio Bonanni attraverso la pagina dedicata ai servizi di assistenza dell’associazione.
Dott.ssa Arabella Baioni