Come monitorare le persone affette da patologie psichiatriche durante il Covid
Ce ne parlerà il professor Andrea De Bartolomeis direttore del dell’Unità Operativa Complessa di Psichiatria e Psicologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli
La pandemia ha cambiato radicalmente la nostra esistenza, le abitudini di vita, il modo di relazionarci con gli altri e ha portato notevoli conseguenze di carattere economico. Ma, come afferma il professor Andrea De Bartolomeis, direttore del dell’Unità Operativa Complessa di Psichiatria e Psicologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli, il Covid ha avuto un impatto notevole sulle persone affette da patologie psichiatriche. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le malattie mentali rappresentano circa un quarto del totale di anni vissuti con disabilità per tutta la popolazione mondiale (Mental and World Health Organization 2020).
Come indica l’Istituto Superiore di Sanità a livello globale, circa 300 milioni di persone sono affette da depressione. Le donne sono più colpite rispetto agli uomini. Sono affette da disturbo bipolare circa 60 milioni di persone, 23 milioni da schizofrenia a livello globale mentre la demenza conta 50 milioni di vittime
In particolare, l’OMS sottolinea che, nel mondo, il 10-20% di bambini e adolescenti soffre di disturbi mentali e che le condizioni neuropsichiatriche sono la principale causa di disabilità nei giovani. La metà di tutte le malattie mentali inizia all’età di 14 anni, dicono gli esperti, e tre quarti comincia entro i 25 anni. Se non trattate queste condizioni possono influenzare pesantemente lo sviluppo dei giovani e la possibilità di vivere vite soddisfacenti e produttive da adulti.
La pandemia ha esacerbato le ansie, le paure e, di conseguenza, ci sono state gravi ripercussioni sulla salute mentale sia di carattere diretto sia indiretto.
I contraccolpi sulla salute mentale di carattere diretto e indiretto
Come afferma il professore le conseguenze di carattere indiretto sono legate alle restrizioni, al timore del contagio, alle difficoltà della vita quotidiana durante la pandemia. Quelle, invece, di carattere diretto sono gli effetti di tipo neurobiologico del virus sul sistema nervoso centrale.
Purtroppo, ancora non sappiamo quali saranno le conseguenze, a lungo termine, sulla salute mentale ma è necessario prendere in considerazione i nuovi strumenti e le nuove tecnologie per seguire questa fascia di persone.
Professore la pandemia ha causato una vera e propria depressione in soggetti che prima conducevano una vita più o meno “normale”?
«Certamente ci sono state delle esacerbazioni di condizioni preesistenti. Però, paradossalmente, c’è anche da osservare che esistono studi clinici che dimostrano come molti pazienti hanno sorprendentemente resistito alle conseguenze delle restrizioni legate alla libertà individuale. Hanno superato molte paure (come quella di essere contagiati), reagito di fronte alle difficoltà della vita quotidiana che non sono solo quelle di non poter condividere con gli altri la propria esistenza ma anche, per esempio, le problematiche che un paziente con patologie psichiatriche ha esperito nel quotidiano. Come fare acquisti di prima necessità, recarsi in farmacia per approvvigionarsi delle medicine e modificare le modalità di continuità dell’interazione con i sanitari, non solo nell’ambito della salute mentale. Molti pazienti psichiatrici sono affetti sovente da patologie internistiche in comorbilità che richiedono altrettanto monitoraggio specifico e continuativo».
Dato che la pandemia ha amplificato le ansie, le paure e, di conseguenza, i disturbi mentali è necessario un maggiore sostegno anche dal punto di vista economico
«Credo che la salute mentale debba essere maggiormente sostenuta economicamente soprattutto in questo periodo storico. Gli operatori della salute mentale svolgono attività estremamente complesse con personale spesso ridotto. È importante che ci sia un rafforzamento nelle modalità di cura territoriali e che i reparti psichiatrici siano interconnessi con le strutture territoriali perché in un reale scambio. Inoltre, è essenziale che ci sia maggiore attenzione per il ricovero in situazioni più complesse che richiedono risorse specifiche, un’osservazione più adeguata e una scelta di interventi terapeutici farmacologici e non farmacologici dopo la fase di prima acuzie».
Diagnostica e terapie alla luce di ciò che è accaduto durante la pandemia da Covid
«Anche sulla base dell’esperienza del Covid- prosegue il professor De Bartolomeis– un’importante sfida per i prossimi anni sarà quella di potenziare e adattare in maniera mirata alla salute mentale le norme di visita e valutazione a distanza con modalità telematiche. Per quanto queste possano presentare difficoltà in termini di appropriatezza per alcune condizioni psichiatriche, in alcuni casi possono essere facilmente utilizzate soprattutto laddove è necessario colmare anche distanze geografiche. Ci sarà la possibilità di monitorare a distanza aspetti del comportamento che possono aiutare gli psichiatri a intervenire in maniera mirata e precoce. Per esempio, un paziente può manifestare alcuni cambiamenti come un improvviso peggioramento di un quadro psicotico o un’esacerbazione di disturbo depressivo. Questo può essere intercettato in maniera mirata con tutte le modalità di riservatezza che il caso clinico richiede anche attraverso delle applicazioni da telefoni smartphone. Questa è un’importante frontiera verso la quale noi dobbiamo affacciarci senza pregiudizio, ovviamente con la cautela necessaria».
Lei crede che questo tipo di intervento sia correlato al fatto che non sappiamo ancora quanto tempo durerà questa pandemia? Oppure pensa che l’ausilio di queste tecnologie a distanza possa essere utile anche successivamente?
«Dobbiamo valorizzare l’uso di questi metodi anche in epoca post-Covid. Anzi, avendoci la pandemia forzato ad utilizzare metodologie a distanza è emerso in maniera determinante una nuova modalità di monitorare i pazienti. Infatti, se ben rifinite e sufficientemente testate sul campo le nuove metodiche e le tecnologie più recenti possono essere una risorsa cui dobbiamo affidarci insieme all’operatività diagnostica e terapeutica in presenza che hanno a loro volta, e in situazioni specifiche, caratteristiche insostituibili».
Ilaria Cicconi