Negli ultimi due decenni, il cancro alla gola ha mostrato un rapido aumento nei Paesi occidentali, tanto da essere considerato da alcuni esperti un’epidemia silenziosa. Ma cosa c’è dietro questo incremento? Il papillomavirus umano (HPV), trasmesso tramite rapporti sessuali, è stato riconosciuto come la causa principale. È ormai chiaro il legame tra il sesso orale e il maggiore rischio di sviluppare questa neoplasia
Cancro orofaringeo e HPV: un legame inaspettato
Il cancro orofaringeo è una forma di tumore che colpisce l’area della gola che include le tonsille e la parte posteriore della lingua. La sua incidenza è aumentata notevolmente, in particolare in Europa e negli Stati Uniti.
Oggi si sa che la principale causa di questo tipo di tumore è l’infezione da HPV, Il papillomavirus umano trasmissibile sessualmente, noto per essere la causa primaria del cancro cervicale nelle donne. Tuttavia, il legame con il cancro orofaringeo ha recentemente ricevuto maggiore attenzione a causa dell’aumento dei casi.
La trasmissione dell’HPV avviene principalmente attraverso il contatto sessuale, incluso il sesso orale. Gli studi hanno dimostrato che il rischio di sviluppare un cancro orofaringeo aumenta significativamente con il numero di partner sessuali. Le persone che hanno avuto sei o più partner di sesso orale durante la vita hanno un rischio otto volte superiore di sviluppare questo tipo di tumore rispetto a coloro che non lo praticano.
Sesso orale e comportamenti sessuali: un cambio di paradigma
A svelare il nesso, uno studio condotto nel Regno Unito su quasi mille adulti sottoposti a tonsillectomia per ragioni non legate al cancro. Il sondaggio ha rivelato che l’80% degli adulti ha praticato almeno una volta nella vitali sesso orale.
Paradossalmente, alcune ricerche suggeriscono che, nel tentativo di evitare rapporti penetranti, molti giovani scelgono d questa pratica come alternativa. Questo comportamento, sebbene riduca il rischio di gravidanze indesiderate e di altre malattie sessualmente trasmissibili, aumenta il rischio di contrarre l’HPV nella bocca, e quindi di sviluppare un cancro orofaringeo.
Perché alcuni si ammalano e altri no?
Nonostante la prevalenza dell’HPV, solo una piccola percentuale di coloro che vengono infettati sviluppa effettivamente un cancro. Questo solleva una domanda fondamentale.
Perché alcuni individui riescono a eliminare l’infezione mentre altri no? La risposta potrebbe risiedere in una debolezza specifica del sistema immunitario. Si ritiene che la maggior parte delle persone infette dall’HPV riesca a debellare il virus spontaneamente grazie alla risposta immunitaria. Tuttavia, in alcuni casi, l’infezione persiste e il virus si integra nel DNA delle cellule ospiti, dando origine a mutazioni che possono portare alla formazione di tumori maligni.
L’integrazione dell’HPV nel DNA cellulare è un processo che può richiedere anni o addirittura decenni, durante i quali il virus si replica e muta all’interno dell’organismo. Questo rende particolarmente difficile identificare e trattare precocemente le persone a rischio, poiché i sintomi del cancro orofaringeo spesso si manifestano solo quando la malattia è in uno stadio avanzato. Che fare? Uno dei progressi più significativi nella lotta contro il cancro correlato all’HPV è l’introduzione della vaccinazione.
La vaccinazione: una soluzione preventiva?
Il programma di immunizzazione contro il papillomavirus umano (HPV) è stato inizialmente concepito per contrastare il cancro cervicale nelle donne. Tuttavia, le recenti scoperte hanno evidenziato la sua efficacia anche nel prevenire infezioni orali causate dal virus, responsabili di un crescente numero di casi di tumore orofaringeo. Questo ha portato a un ampliamento degli interventi preventivi, coinvolgendo fasce più ampie della popolazione.
In Paesi come il Regno Unito e l’Australia, dove oltre l’85% delle ragazze ha ricevuto la protezione immunitaria completa, si è sviluppato un effetto di “immunità di gregge”. Questa dinamica ha ridotto significativamente la circolazione del virus, garantendo indirettamente una salvaguardia anche ai ragazzi non trattati. Al contrario, in nazioni come gli Stati Uniti, dove solo il 54,3% degli adolescenti ha completato il ciclo preventivo nel 2020, il rischio di infezioni orali da HPV rimane elevato, aumentando l’esposizione al tumore.
Per ridurre tali disparità, molti governi hanno deciso di estendere l’immunoprofilassi anche ai ragazzi, adottando un approccio paritario e inclusivo. Questa strategia mira a fornire protezione universale e a ridurre ulteriormente la diffusione del virus nella popolazione. Tuttavia, persistono ostacoli significativi.
Sfide future
La riluttanza verso le cure preventive, acuita durante la pandemia di COVID-19, ha rallentato la diffusione di questa importante misura di contrasto all’HPV. Inoltre, il trattamento non ha effetto su chi è già stato esposto al virus, lasciando gli adulti non immunizzati, in particolare coloro che non hanno ricevuto protezione in giovane età, vulnerabili al contagio e alle sue conseguenze.
Per affrontare questa “emergenza silente”, è cruciale investire nell’informazione. Sensibilizzare le persone sui pericoli legati al papillomavirus e sui benefici della prevenzione è essenziale per promuovere una maggiore adesione ai programmi di protezione. Sebbene il cancro orofaringeo sia una patologia grave, può essere largamente evitato attraverso strategie mirate e una consapevolezza diffusa.
Un’azione coordinata tra governi, istituzioni sanitarie e società civile è fondamentale per migliorare la protezione globale e garantire un futuro più sicuro e sano. Solo con un impegno collettivo si potrà contrastare efficacemente la diffusione dell’HPV e le sue conseguenze, offrendo alle generazioni future strumenti concreti per prevenire malattie evitabili.
Fonti
Mehanna, H., et al. (2023). The Role of HPV in Oropharyngeal Cancer: Epidemiology and Prevention.
The Guardian. Vaccination Rates and Public Health Challenges