Risponderà alle vostre domande il dottor Mauro Leonardis, chirurgo plastico
In questi anni, conoscendo molte donne in ambiti diversi, mi sono ritrovata a parlare di salute e di tematiche molto delicate. Tra i vari argomenti c’è stato anche la chirurgia plastica perché alcune, dopo essersi sottoposte ad un intervento, sono insoddisfatte. Altre, invece, hanno paura per le controindicazioni oppure conoscono molto poco su questo tema. Purtroppo, ancora oggi, questo è un argomento che suscita “scalpore” perché una donna che decide di correggere un inestetismo, agli occhi di alcune persone può sembrare insicura o superficiale e si tende ad essere molto giudicanti. Personalmente credo che non bisognerebbe mai giudicare ma capire perché un uomo (sì anche loro ricorrono alla chirurgia e me lo hanno raccontato!) o una donna scelga di fare un intervento (doloroso o meno è sempre un’operazione) per stare meglio con il proprio corpo.
Chi abusa della chirurgia, invece, potrebbe nascondere profonde insicurezze o vissuti che non conosciamo o seguire una serie di stereotipi che vede ragazze sedicenni tutte uguali, alcune sembrano già delle donne di venticinque anni. In molti ambiti il progresso invece di aiutare ha reso tutto più complesso soprattutto per gli adolescenti che, essendo in fase di scoperta e cambiamento, potrebbero fare delle scelte e pentirsene in futuro. Quindi, no agli abusi ma si a correggere un difetto o un qualcosa che crea disagio senza ostinarsi perché un “volersi migliorare naturalmente” non è patologico. È patologico l’eccesso da entrambi i lati: chi fa guerra alla chirurgia (forse per paura o per gelosia) e chi ne abusa.
Ho raccolto le vostre domande e le ho sottoposte al dottor Mauro Leonardis laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università “La Sapienza” di Roma e specializzato in chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva e presso la Cattedra di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva della Università Pontificia Cattolica del Rio Grande do Sul (Brasile), diretta dal prof. Pedro Dijacir E. Martins.
Dottore perché prima si utilizzavano protesi rotonde mentre oggi molti chirurghi prediligono quelle a goccia?
“Le protesi a goccia nascono per interventi ricostruttivi. Hanno questa forma perché, se la paziente ha avuto un tumore e si è costretti a rimuovere tutta la ghiandola e c’è bisogno di un qualcosa che abbia la forma del seno. Questo è il motivo per cui sono nate le protesi a goccia. Poi, alla fine degli anni Novanta, inizio degli anni 2000, una nota azienda americana ha lanciato questo tipo di protesi sul mercato dell’estetica. E da lì i medici specializzati in chirurgia plastica hanno incominciato ad utilizzare anche questo tipo di protesi.
Se il seno ha già una conformazione a goccia non c’è un motivo logico per andare a mettere all’interno qualcosa che abbia la stessa forma.
Non solo, le protesi a goccia hanno tutta una serie di problematiche: innanzitutto, i bordi sono più palpabili perché il gel all’interno è più rigido per mantenere la forma anche quando viene “schiacciato dai tessuti”.
C’è poi il problema della rotazione (le protesi ruotano normalmente su sé stesse girando come le lancette dell’orologio in senso orario o antiorario). Se invece si capovolgono, cosa diversa dalla rotazione, c’è probabilmente un problema di tasca nei tessuti, che è troppo larga rispetto al volume della protesi.
Quindi la rotazione con la protesi rotonda non crea problemi mentre con quella a goccia il seno può cambiare anche forma e simmetria.
Fondamentalmente, non mi sono mai piaciute le protesi a goccia per uso estetico.
Per un periodo i colleghi le hanno utilizzate molto anche come novità a livello commerciale. Nel corso degli ultimi anni, però, c’è stato un ritorno alle protesi rotonde. Il prodotto è stato provato ma quando, poi, ci si accorge che non è la cosa migliore si ritorna ad utilizzare il precedente.
Spesso le donne prima di sottoporsi a questo tipo di intervento scelgono una protesi a goccia perché hanno paura dell’effetto “a palla” e quindi poco naturale.
Non è così perché l’effetto “a palla” spesso dipende da un errore di valutazione:
esistono infatti dei profili e delle proiezioni diverse per ogni volume di protesi disponibile, ad esempio le protesi a basso profilo hanno la base più larga e sono meno proiettate. Un errore che spesso alcuni medici fanno è quello di mettere una protesi con la base più larga perché la paziente desidererebbe un seno più ampio o più unito al centro, ma la protesi va adattata al seno e non viceversa perché, se questa non è ben distesa all’interno della tasca protesica, assume una forma ovale producendo l’effetto “a palla”. Un altro motivo è una paziente con una prima misura che desidera avere quinta con effetto naturale ma non potrà mai averla perché i tessuti risulteranno molto “stirati” e la protesi molto compressa. Il risultato risulterebbe molto innaturale. Dipende molto dalla situazione di partenza”.
Se invece viene messa una protesi a goccia di quel volume?
“Anche la protesi a goccia di volume grande quando il tessuto è molto teso viene schiacciata. Assume una forma rotonda sotto i tessuti con problemi analoghi a quelli spiegati precedentemente”.
Cos’è la mastopessi e perché molte donne si lamentano dopo aver effettuato questo intervento di avere un seno “svuotato”?
“La mastopessi può essere fatta con e senza impianti mammari. Sta al medico e al paziente deciderlo.
Fondamentalmente l’intervento di mastopessi consiste nel rimontare il seno con il proprio tessuto.
Quando il seno diventa ptosico, ossia cala, c’è una perdita di equilibrio tra contenuto e contenente (la pelle diventa in eccesso rispetto alla ghiandola mammaria). Quindi, semplicemente, bisogna rimuovere il contenente ossia l’eccesso di pelle in modo tale che il contenuto ossia la ghiandola mammaria stia in equilibrio con esso. Ecco perché la mastopessi prevede una serie di incisioni sul seno più o meno lunghe o complesse a seconda di quanto il seno è sceso.
È logico che esistono varie forme di cedimento del seno, della pelle ma anche della ghiandola. In questo ultimo caso bisogna necessariamente rimontare la ghiandola per avere un buon effetto estetico finale.
Bisogna individuare qual è la problematica, che varia da persona a persona e, su quella base, decidere. È logico che, se ho una paziente con tanta pelle, una ghiandola scesa, nonostante possa rimuovere quella pelle in eccesso ed ho poca ghiandola e non riesco a rimontarla allora in quel caso mi aiuterò con una protesi. Per cui farei una mastopessi con protesi.
Generalmente viene sempre programmato prima. A me non piace mai fare delle variazioni non programmate, in sala operatoria a parte casi rari o di emergenza”.
La manovra di Pitanguy
“Esistono anche dei parametri abbastanza matematici.
Se la posizione dell’areola è fino ad un centimetro più bassa rispetto al punto A di Pitanguy (per individuarlo si posiziona l’indice sotto la piega mammaria e la sua proiezione deve corrispondere al centro dell’areola in un seno senza ptosi). La utilizziamo per sapere se l’areola e il capezzolo son ben posizionati.
Rispetto a quel punto, se l’areola è più bassa fino ad un centimetro, possiamo correggerlo semplicemente mettendo una protesi. Se scende oltre un centimetro dobbiamo necessariamente cominciare a pensare ad una mastopessi.
Se vogliamo esiste un metodo più semplice per i neofiti. Generalmente il capezzolo deve stare in corrispondenza al punto intermedio del braccio (se noi dividiamo il braccio in un punto intermedio tra la spalla e il gomito e tracciamo una linea orizzontale questa dovrebbe corrispondere alla corretta posizione della areola)”.
Per quanto riguarda invece gli interventi al seno necessari (in seguito per esempio ad un tumore) si possono utilizzare anche le protesi rotonde?
“Ci sono dei casi in cui la protesi rotonda è più indicata anche dopo avere espiantato un tumore, dovrà decidere il chirurgo sulla base dello svuotamento che è stato fatto.
La buona riuscita degli interventi di chirurgia plastica spesso dipende anche dall’esperienza del chirurgo e da quello che la paziente desidera.
Questa non è una chirurgia estetica ma ricostruttiva perché va a ripristinare una parte anatomica dove c’è stato un problema: un tumore, una malattia”.
Le protesi scoppiano?
“Le protesi dei glutei sono differenti da quelle del seno. Quelle del seno sono più morbide. Il discorso delle protesi che scoppiano in aereo nasce dalle protesi a soluzione salina, che hanno una valvola che serve per riempirle. Si utilizzavano negli Stati Uniti perché, all’epoca, erano vietate quelle in silicone mentre qui in Europa già si utilizzavano. Quelle a soluzione salina in alcuni casi vengono tutt’oggi utilizzate nella ricostruzione. Ci sono stati casi in cui questa valvola ha cominciato a perdere liquido forse a causa della pressione atmosferica aumentata durate i viaggi in aereo, generando perdite di volume della protesi, non proprio esplosioni, ma non stiamo parlando delle protesi di silicone, che vengono utilizzate oggi in ambito estetico. Anche quelle per i glutei sottoposte a maggiori sollecitazioni non hanno problemi, vengono messe sotto il muscolo. Quest’ultimo è un Intervento poco praticato in Italia e comunque complicato nel post-operatorio perché la paziente non può sedersi nei primi dieci giorni”.
Per quanto riguarda la grandezza e le proporzioni?
“Un seno con protesi viene bene esteticamente se si parte da una buona base che varia da persona a persona. Nei glutei in alternativa si può impiantare il proprio grasso preso da altre zone del corpo ma bisogna avere la possibilità di prelevare uno o due Kg di grasso per poter poi re-impiantare per lo meno 300/ 400 grammi di grasso pulito per ogni gluteo e non tutte le pazienti hanno tali quantità da aspirare”.
Nel prossimo articolo continueremo a parlare di chirurgia plastica (lifting, blefaroplastica, filler, liposuzione, botulino ecc..) con il dott. Leonardis.