Gli italiani dicono sì alla donazione di organi. Sono però soltanto il 55,3% coloro che hanno espresso la propria volontà in questo senso.
Cos’è che frena la popolazione? Se lo sono chiesto i ricercatori dell’Università di Padova, che hanno lavorato a uno studio per scoprirlo. La risposta che emerge è sorprendente, perché a fronte di un atteggiamento positivo, le persone non riescono a superare le loro paure e alla fine non si esprimono formalmente a favore della donazione post mortem, il che equivale a dire no, oppure a demandare la decisione ai familiari per quando sarà il momento.
I motivi: false credenze, poca fiducia, integrità del corpo
“Ci siamo chiesti cosa succede tra il dire e il fare” – ha spiegato Sabrina Cipolletta, professoressa del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, e autrice della ricerca promossa dal Centro Nazionale Trapianti.
“La ricerca ha permesso di individuare le maggiori resistenze alla donazione. Sono le false credenze, il desiderio di mantenere l’integrità del corpo anche dopo la morte, alcune credenze religiose e la sfiducia nella scienza e nel sistema sanitario. Al contrario, tra i facilitatori dell’espressione di volontà sono stati trovati l’esperienza diretta o la conoscenza di persone che hanno ricevuto un trapianto o che hanno donato i propri organi, la fiducia nella scienza e nel sistema sanitario e la scelta di donare per un bene comune, quindi per il benessere della comunità“.
“Life beyond life: Perceptions of post-mortem organ donation and consent to donate – A focus group study in Italy“, è il titolo della ricerca, pubblicata sul British Journal of Health Psychology.
Ottomila pazienti in attesa di donazione
“A dispetto di un atteggiamento generalmente positivo rispetto alla donazione di organi post-mortem il numero delle espressioni di volontà è ancora troppo basso” – afferma Cipolletta. Soltanto il 55,3% degli italiani, mentre ci sono 8.022 pazienti in attesa di trapianto. I dati sono quelli del Sistema Informativo Trapianti (l’ultimo aggiornamento è del 2022).
Insomma gli italiani hanno una buona visione del trapianto, ma alla prova dei fatti dice sì poco più della metà. Come rimediare?
Secondo Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti, “sono necessarie per questo misure in due direzioni. Da un lato rendere più semplice la manifestazione di volontà in vita, attraverso l’utilizzo di strumenti che oggi la tecnologia mette a disposizione; ma anche accompagnare questa scelta con una più diffusa informazione sull’utilità dei trapianti e sul valore della scelta donativa“.