All’ospedale Bambino Gesù di Roma, per la prima volta in Italia, è stata eseguita una nuova tecnica per la riparazione dell’esofago. L’innovazione consiste nell’utilizzo di magneti per curare l’atresia esofagea nei neonati.
Con questa tecnica, chiamata magneto-anastomosi – spiega il professor Pietro Bagolan, direttore del Dipartimento medico-chirurgico del feto-neonato-lattante dell’OBG – “oltre a evitare lo stress e le possibili conseguenze (dolore postoperstorio, ferita chirurgica pur se minima ecc.) di un intervento chirurgico classico o mininvasivo toracoscopico, i bambini hanno anche un decorso molto più semplice e spesso anche molto più rapido prima di poter finalmente mangiare naturalmente per bocca. Inoltre, non si creano cicatrici, neppure interne, legate all’accesso chirurgico classico. Questo rende più semplici ed agili eventuali futuri interventi per l’assoluto rispetto della anatomia del torace e del mediastino, la delicata regione anatomica in cui è alloggiato l’esofago“.
L’atresia esofagea è una rara malformazione congenita che impedisce nei neonati la normale alimentazione per bocca, perché manca un pezzo di esofago. La frequenza di questa malattia varia da un massimo di 1 su 2500 a un minimo di 1 su 4000 nati vivi. Ci si può accorgere di questa malformazione già in gravidanza, attraverso l’ecografia morfologica. La terapia è un intervento chirurgico, che nella quasi totalità dei casi è risolutivo.
La magneto-anastomosi per la riparazione dell’esofago
Quando vi è una diagnosi di atresia esofagea, il chirurgo interviene per riparare l’incompleta formazione dell’organo. All’ospedale Bambino Gesù si è praticata una magneto-anastomosi per la riparazione dell’esofago, una tecnica innovativa per curare l’atresia esofagea nei neonati.
“Grazie all’azione di due magneti, posizionati alle estremità dei monconi esofagei – ha spiegato la struttura sanitaria in una nota – è possibile ristabilire la continuità dell’esofago senza ricorrere a interventi chirurgici”. Si tratta di una tecnica non invasiva e più rapida rispetto all’intervento classico: un’ora circa contro le 2-4 ore. Tale tecnica però può essere applicata alla variante meno comune dell’atresia esofagea: quella senza fistola tracheo-esofagea. Una volta attratti, i due magneti (mezzo centimetro di diametro) faranno sì che la pressione eroda le pareti dell’esofago aprendo il passaggio tra moncone superiore e inferiore. Ci vuole circa una settimana di tempo perché i due monconi si saldino fra loro; poi i magneti potranno essere rimossi. Il bambino potrà essere alimentato per bocca e sottoposto ad alcune sedute per la dilatazione dell’esofago, per permettere in futuro il passaggio di cibi di consistenza maggiore del latte.
Uno studio per confrontare le tecniche chirurgiche
I primi cinque casi trattati presso l’ospedale della Santa Sede, tutti sotto i 4 mesi d’età, sono stati pubblicati sul Journal of Pediatric Surgery. In letteratura in tutto ci sono solo 25 casi descritti.
“Troppo pochi ancora per capire se alcuni rischi post-intervento – come ad esempio la stenosi, cioè il pericolo di restringimento dell’esofago – siano maggiori o minori rispetto alla tecnica chirurgica tradizionale né eventualmente il perché“. Ecco quindi che partirà uno studio multicentrico internazionale per valutare il decorso dei pazienti. Durerà circa due anni e coinvolgerà sei centri a livello mondiale tra cui, per l’Italia, proprio il Bambino Gesù.