Il tema dei rifiuti è un tema importante quando si parla di salute. La presenza di rifiuti pericolosi, le modalità di smaltimento dei rifiuti e la salvaguardia dell’ambiente sono legate a filo doppio infatti con la tutela della salute. La tutela della salute infatti non può prescindere dalla tutela dell’ambiente e dalla sua salubrità.
In questa guida scopriamo quali sono le diverse tipologie di rifiuto (solido urbano, speciali, pericolosi e tossici). Scopriamo qual è la definizione di rifiuto secondo la normativa vigente e le modalità più adatte a smaltirli per la salvaguardia della salute dei cittadini e dell’ambiente.
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Qual è la definizione di rifiuti?
Rifiuto è tutto ciò che buttiamo via perché non ne abbiamo più bisogno. Le Nazioni Unite, la Comunità Europea e la normativa italiana ne danno una definizione precisa.
Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) e in particolare secondo la Convenzione di Basel del 1989, art.2(1) “sono sostanze o oggetti che sono smaltiti o che sono destinati a essere smaltiti o devono essere smaltiti in base alle disposizioni della legislazione nazionale”.
L’Unione europea, con la Direttiva n.2008/98/Ce del 19 novembre 2008 (Gazzetta ufficiale europea L312 del 22 novembre 2008) li definisce come “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi”. Non sono considerati scarti i “sottoprodotti” o residui.
Definizione secondo la normativa italiana
L’art. 183 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (cosiddetto Testo unico ambientale), modificato dal decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa a questa problematica e che abroga alcune direttive”. (10G0235) (GU n. 288 del 10-12-2010 – Suppl. Ordinario n.269) dà la definizione di rifiuto nel contesto italiano:
“Qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi” dove disfarsi significa avviare un oggetto o sostanza ad operazioni di smaltimento di rifiuti o di recupero (rispettivamente allegati B e C alla parte quarta del D.Lgs. 152/2006).
Rifiuti urbani e speciali: le differenze
In base alla fonte della loro produzione e in base alla loro pericolosità i rifiuti vengono suddivisi in diverse categorie. Sul sito del Ministero dell’Ambiente potete visionare la classificazione completa. Innanzitutto vengono distinti in solidi urbani e speciali.
In base alle loro caratteristiche di pericolosità, possono essere classificati in pericolosi e non pericolosi. Quindi avremo i rifiuti solidi urbani pericolosi e quelli speciali pericolosi. Quelli pericolosi sono definiti come tali sin dall’origine, oppure quelli la cui pericolosità dipende dalla concentrazione delle sostanze pericolose al loro interno.
Rifiuti pericolosi definizione
I rifiuti pericolosi, come i rifiuti urbani pericolosi, sono a loro volta classificati in base alla loro classe di pericolo in:
- Esplosivi
- Comburenti
- Facilmente infiammabili
- Irritanti – nocivi
- Tossici (includono anche quelli di origine domestica come batterie o detersivi o derivanti dalle attività agricole, come i fertilizzanti)
- Cancerogeni
- Corrosivi
- Infetti
- Teratogeni
- Mutageni
- Che a contatto con l’acqua liberano gas tossici o molto tossici
- Sorgenti di sostanze pericolose
- Ecotossici
Rifiuti solidi urbani cosa sono?
I rifiuti solidi urbani quali sono? I rifiuti solidi urbani includono:
- quelli domestici, anche ingombranti provenienti dallo spazzamento delle strade;
- quelli di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche;
- quelli vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali.
Definizione rifiuti speciali: cosa sono?
Secondo la definizione del Ministero dell’Ambiente fanno parte dei rifiuti speciali:
- quelli da lavorazione industriale;
- quelli da attività commerciali;
- quelli derivanti dall’attività di recupero e smaltimento, i fanghi prodotti da trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;
- quelli derivanti da attività sanitarie;
- macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;
- veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.
I rifiuti speciali il più delle volte non derivano dai privati cittadini e dall’uso domestico. In Italia la produzione di rifiuti speciali aumenta costantemente. C’è da considerare però che quasi la metà di essi derivano dall’edilizia e includono calcinacci e simili che possono agevolmente essere inseriti in un progetto di riciclo e riuso.
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L’importanza della raccolta differenziata
La raccolta differenziata è il primo passo per il corretto riciclo dei rifiuti. Differenziare i rifiuti è un gesto che inizia con il consumatore che suddivide i rifiuti domestici in base al materiale che li compone e li conferisce nella giusta pattumiera. In questo modo le operazioni di smaltimento dei rifiuti solidi e quelle di riciclo saranno più agevoli, economiche e corrette.
Una volta conferiti in discarica si tratterà di smaltirli nel modo più corretto e di introdurli alle operazioni di riuso e riciclo.
Tutte le tipologie di trattamento dei rifiuti
In Italia i rifiuti solidi urbani vengono raccolti e gestiti dalla pubblica amministrazione sulla base di una tassa apposita (TARI). Lo smaltimento dei rifiuti speciali viene effettuato invece da un sistema di aziende private e prevalentemente attraverso il recupero di materia, ovvero il riciclo rifiuti urbani.
Il Italia la quota di rifiuti speciali condotta a riciclo si attestava nel 2016 al 65%. Oltre al riciclo altre moalità di smaltimento die rifiuti riguardano lo smaltimento in discarica, l’incenerimento e l’avvio al recupero di energia.
Trattamento dei rifiuti indifferenziati
I rifiuti raccolti indifferenziatamente possono essere trattati secondo 3 opzioni. Indipendentemente dalla strada prescelta produrranno inevitabilmente rifiuti in discarica.
- trattamenti a freddo, ovvero separazione e parziale recupero di materiali, biostabilizzazione e conferimento in discarica;
- trattamenti a caldo, ovvero incenerimento o a valle di separazione e produzione di CDR e conferimento in discarica;
- conferimento diretto in discariche (oggi molto usato, ma certamente da evitarsi).
Qual è il migliore tipo di trattamento?
L’EPA (Environmental Protection Agency) ha disegnato una piramide gerarchica di valutazione delle procedure di smaltimento dei rifiuti non pericolosi. Tale gerarchia è stata disegnata in modo da prediligere i trattamenti che producono meno scarto e che riutilizzano i materiali o ricicano i prodotti. Ovviamente non esiste un metodo che si di default il più adatto a tutti i tipi di rifiuti e, sulla base di una gerarchia come questa, è necessario scegliere di volta in volta il trattamento più adatto a seconda delle tante variabili in gioco. Il recupero di energia con i termovalorizzatori segue il riuso che a sua volta è seguito dall’ultima possibilità, la meno vantagiosa per la salute e l’ambiente: il deposito in discarica. Se le operazioni fossero svolte nel modo corretto il reposito in discarica dovrebbe riguardare, alal fine della gerarchia illustrata, solo pochi materiali di scarto che non sono riutilizzabili.
L’importanza della termovalorizzazione
La termovalorizzazione è una pratica che permette, attraverso un apposito inceneritore di riutilizzare e dare valore al calore prodotto dall’incenerimento. Il calore sviluppato durante la combustione infatti viene recuperato per produrre vapore. Questo a sua volta viene utilizzato per la produzione diretta di energia elettrica o come vettore di calore.
In Italia la norma prevede che tutti gli impianti prevedano il recupero del calore attraverso la termovalorizzazione. Tutti i termovalorizzatori, in accordo con la normativa vigente, sono dotati di apparecchiature per l’abbattimento degli NOx, dei microinquinanti, delle polveri, delle diossine e furani e dei gas serra.
In Italia sono attivi circa 60 termovalorizzatori contro i 140 della Francia e i 95 della Germania.
I rifiuti pericolosi e l’amianto
In Italia ci sono ancora tonnellate di manufatti contenenti amianto. La legge che ha messo al bando l’utilizzo dell’amianto nel nostro paese non ha infatti imposto la bonifica. Oltre alla rimozione dei materiali di amianto è possibile il confinamento e l’incapsulamento dei materiali contaminati. Queste due ultime soluzioni finiscono con il portare nel tempo alla necessità di rimozione dell’amianto e conferimento in discarica. Questo si traduce in un rischio di esposizione prolungato che riguarda non solo gli ambienti contaminati ma anche le operazioni stesse di bonifica. La rimozione e smaltimento dell’amianto in discarica è un’operazione piuttosto complessa e costosa. All’interno di questo quadro si inserisce lo smaltimento illegale dei rifiuti speciali attraverso interramento o altri metodi.
L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto offre consulenza rispetto al rischio amianto e di altri cancerogeni e in particolare si occupa di prevenzione primaria rispetto al rischio di esposizione.